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domenica 14 marzo 2010

LE CENTRALI, UNA FOLLIA ENERGETICA


22 anni dopo il referendum torna il dilemma atomico. E a sinistra c'è chi sostiene il nucleare

1. La costruzione di una centrale nucleare richiede mediamente 10 anni, mentre il nostro paese avrebbe invece bisogno di iniziare da subito la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili di energia. Quindi le centrali entrerebbero comunque in funzione in ritardo rispetto agli scopi che si prefigge il governo.

2. L'Italia non ha più tutte le competenze nucleari degli anni ‘60 e ‘70 e dovrebbe rivolgersi all'estero per acquisire tecnologia e know how.

3. Le 4 centrali nucleari previste coprirebbero solo una parte minima del segmento della produzione elettrica, che tra l'altro è solo una frazione del consumo totale di energia per il nostro paese. La maggior parte dei consumi, infatti, è coperto dai combustibili fossili .

4. Per la realizzazione del nucleare lo Stato dovrebbe investire ingenti risorse finanziarie a scapito di un efficace programma di emergenza per il risparmio, l'efficienza dell'energia e le fonti rinnovabili, in linea con quanto previsto a livello europeo con le percentuali del 20%-20%-20% al 2020, con il rischio del superamento dei parametri di Kyoto e le relative sanzioni previste per i paesi che non raggiungono questi obiettivi.

5. Sulla sicurezza delle centrali non avremo garanzie sufficienti. C'è infatti una sicurezza intrinseca all'impianto che deriva dal tipo di tecnologia usata (in questo caso di importazione francese) sulla quale non possiamo intervenire, una sicurezza derivante dall'ubicazione dell'impianto stesso e una sicurezza di esercizio di cui non abbiamo più le competenze di alta specializzazione necessarie, che probabilmente dovremmo importare dall'estero.

6. C'è un inquinamento radioattivo durante il normale funzionamento della centrale, dovuto allo sversamento nelle acque circostanti. E poi ci sono gli stessi gas radioattivi contenenti Iodio 131, elemento noto per i suoi effetti cancerogeni sulla tiroide. Le radiazioni ionizzanti sono sempre mutagenetiche e non esiste una soglia minima garantita: i loro effetti sull'uomo (insorgenza di tumori, leucemie, ecc.) si possono avere anche a distanza di più di 20/30 anni.

7. Lo smaltimento delle scorie - sia durante l'esercizio della centrale nucleare (barre esaurite di combustibile radioattivo, strutture contaminate, ecc.) che successivamente nella fase di smantellamento dell'impianto, quanto è terminata la sua funzione - è un problema ancora irrisolto, che comporta inoltre costi altissimi per il loro stoccaggio in depositi radioattivi (la cui sicurezza è tutta da dimostrare) in attesa del loro smaltimento definitivo (se e quando si troverà la soluzione).

8. Ricordiamo, nello specifico, come memoria per tutti, che il plutonio prodotto dalle centrali può servire anche per la costruzione di bombe nucleari. In ogni caso questo plutonio deve essere smaltito ed è considerato uno degli elementi più radiotossici che si conosca al mondo, tanto che si calcola che 1 milionesimo di grammo, se inalato, è potenzialmente sufficiente a indurre cancro.

Massimo De Santi
Fisico nucleare da Terra

mercoledì 10 marzo 2010

MONTALTO DI CASTRO, GREENPEACE LANCIA IL SUO "URLO" ANTINUCLEARE


Blitz dell'associazione ambientalista ieri nella località laziale, principale candidata ad ospitare una delle prossime centrali. Striscioni sul tetto dell'impianto e concerto al largo del Tirreno a bordo della Rainbow Warrior

Era il 1987 e l'Italia diceva no al nucleare tramite referendum. In conseguenza di quella scelta democratica, i lavori della centrale di Montalto di Castro vennero stoppati e l'impianto fu destinato alla produzione di energia termoelettrica.
Oggi, a causa delle scelte del nostro governo, la minaccia atomica si avvicina di nuovo a grandi passi sulla penisola e l'allerta si alza per siti strategici come Montalto. La località laziale, disponendo di una rete elettrica da 3.500 Mw e sorgendo vicino al mare, in una zona costiera a basso rischio sismico e idrogeologico, è la prima indiziata in cima alla lista "atomica" tenuta ancora segreta dai ministri competenti. Anche perché gli avvenuti sopralluoghi tecnici da parte dell'Edf (azienda francese che sta lavorando con l'Enel per la realizzazione delle nuove centrali) non sono segreti affatto.
E' di ieri, lo spettacolare blitz messo in piedi da Greenpeace per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'urgente questione, accantonata in maniera sospetta (per usare un eufemismo) dai politici italiani in questi concitati giorni pre-elettorali. Gli attivisti dell'associazione ambientalista hanno occupato il tetto della vecchia centrale nelle prime ore del mattino, esponendo un enorme striscione con la scritta "Emergenza nucleare" e un altro di 150 metri quadrati raffigurante l'emblema della campagna: il simbolo stilizzato del nucleare ricombinato per assomigliare al celebre quadro di Edvard Munch, L'urlo.
In seguito, verso le 13, sul Mar Tirreno, al largo della centrale, l'ammiraglia di Greenpeace, la Rainbow Warrior, è diventata il suggestivo scenario del concerto intitolato "Artisti contro il nucleare". Musicisti di diverso genere e provenienza (Adriano Bono & Torpedo Sound Machine, 99 Posse, Leo Pari, Piotta e Punkreas) hanno dato il loro sostegno, cantando il singolo "No al nucleare": esibizione trasmessa in diretta streaming sul sito internet dell'associazione che, sempre sul web, ha già raccolto, in meno diun mese, oltre 64mila firme contro la nuova era atomica.
Alla pagina apposita www.nuclearlifestyle.it (da cui si può anche scaricare gratuitamente l'mp3 del brano), si è aggiunto il numero verde 800.864.884 per permettere ai cittadini di lasciare ai candidati alle Regionali i propri messaggi antinucleari. «Tocca adesso ai politici in corsa per le elezioni Regionali prendere una posizione chiara contro l'atomo, altrimenti dopo le elezioni verranno imbavagliati e costretti ad accettare le decisioni del governo», sostiene Andrea Lepore, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace, sottolineando come la legge 99/2009 abbia escluso di fatto le Regioni da qualsiasi scelta sulla localizzazione dei siti: in tredici hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro questo sopruso. «Tornare al nucleare significa perdere oltre dieci anni per ritrovarsi con centrali obsolete e pericolose, sprecando l'opportunità di investire nelle vere soluzioni per il clima e per l'energia in Italia: rinnovabili ed efficienza energetica».

Diego Carmignani da Terra

martedì 9 marzo 2010

REATTORI EPR A RISCHIO CHERNOBYL. L'EDF FRANCESE LO SA E NON LO DICE


Mistero sulla mancata pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto che stabilisce i criteri sulla localizzazione degli impianti. Greenpeace rende noto un rapporto sulla sicurezza dei reattori d'Oltralpe in cui si evidenzia che abbassare la potenza al minimo rende possibile la stessa meccanica dell'incidente di Chernobyl. I Verdi: «Sui siti hanno già deciso»


Il nucleare italiano non ingrana. A un mese dalla firma di Napolitano del decreto sulla localizzazione delle nuove centrali, non c'è stata ancora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che lo farebbe entrare in vigore, come denunciano ieri i senatori Francesco Ferrante e Roberto Della Seta del Pd.
A gelare l'atomo casareccio sono naturalmente le elezioni regionali e la reazione a dir poco tiepida - in tempi di ricorso alle urne - dei candidati del centrodestra. Ma un'altra tegola sta precipitando sulle sorti del nucleare alla Scajola, nonostante solo ieri il ministro dell'Economia abbia tuonato dalla Francia - dove è in corso la conferenza dell'Ocse sul nucleare civile - che «il programma nucleare italiano procede nei tempi previsti » e che quindi i lavori per la prima centrale italiana saranno avviati entro il 2013.
Il network antinucleare francese Sortir du nucleaire, infatti, ha messo le mani su documenti dell'Edf che mostrano una crescente preoccupazione su alcune caratteristiche tecniche dei reattori Epr.
La tecnologia scelta dal governo italiano per costruire le quattro centrali avrebbe - secondo i documenti fatti filtrare - un difettuccio: a differenza di quanto giurato e spergiurato, può esplodere per una reazione interna al nucleo, con una meccanica simile a quella che si è prodotta nell'ormai lontano 1986 a Chernobyl. «Anche noi che abbiamo denunciato tutti i rischi del nucleare siamo sobbalzati sulla sedia», spiega il direttore di Greenpeace Pippo Onufrio. «Secondo i documenti resi noti, nelle centrali Epr ci sono delle modalità operative per alzare e abbassare la potenza dei reattori che possono portare a un'espulsione delle barre di controllo della reazione atomica e quindi a un incidente esplosivo all'interno del guscio. Non solo. Dalle comunicazioni interne della stessa Edf, si evince che in Finlandia, dove si sta realizzando dal 2005 la centrale di Olkiluoto, il governo e l'agenzia atomica non sono stati informati di questa possibilità dalla costruttrice Areva, la stessa che verrà a fare i reattori in casa nostra».
In buona sostanza, se si mettono al minimo i motori della macchina nucleare, si rischia un'esplosione, secondo quanto reso noto da una nota Edf sul Rapporto preliminare di sicurezza in cui si prevede la possibilità di provocare una «reazione di criticità », il meccanismo che ha messo in moto il disastro di Chernobyl. «Queste modalità operative sono state introdotte per abbassare i costi di gestione adattando la potenza del reattore alla richiesta della rete», spiega ancora Onufrio. Ma a preoccupare è anche la reticenza assurta a sistema.
Il presidente dei Verdi Angelo Bonelli ricorda che «Scajola ha chiuso in cassaforte l'elenco dei siti dove verranno realizzate le centrali nucleari. Il 19 novembre 2009 Enel e Edf, in un incontro romano, hanno chiuso la lista delle proposte. In base alla legge che reintroduce il nucleare in Italia, sarà l'Enel insieme a Edf a proporre al governo la localizzazione delle centrali nucleari in Italia».
E a quanto pare, a decidere se rischiare sulla pelle di tutti gli italiani.

Simonetta Lombardo da Terra

venerdì 5 marzo 2010

VOCI PER UN "NO AL NUCLEARE"

A volte si ottiene più con tre minuti di musica che con intere giornate di studio o voluminosi saggi. Devono averla pensata così Adriano Bono & Torpedo sound machine, i 99 posse, Piotta, i Punkreas e Leo Pari. Artisti che con le loro note hanno sempre fatto riflettere, posto l’accento molto spesso con ironia su ciò che non andava e che proseguono questa rotta lanciando “No al nucleare” un brano denuncia contro la politica energetica decisa dal governo. Un brano pensato in collaborazione con Greenpeace per la campagna Nuclear Lifestyle e che sarà ascoltabile e scaricabile gratuitamente dal 9 marzo sul sito dell’iniziativa (www.nuclearlifestyle. it). L’associazione ambientalista ha chiamato a raccolta tutte le voci contro l’atomo con un progetto che si delinea come un vero work in progress in attesa di raccogliere nuove adesioni. Su una base musicale scritta da Adriano Bono, frontman dei Radici nel cemento, si inseriscono le voci di tutti i partecipanti per un vero brano-manifesto da cantare, ballare ma, soprattutto, pensare ai pericoli che un ritorno all’energia nucleare può comportare sulle nostre vite a partire dai problemi creati dalle scorie fino alla sicurezza delle centrali e alla loro localizzazione sul territorio. «Mi auguro che sia solo il primo passo di una serie di innumerevoli iniziative artistiche, e che contribuiscano all’avvio di una grande mobilitazione di tutta la società civile, con gli artisti schierati in prima linea nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulla follia delle scelte energetiche del Governo» ha spiegato Adriano Bono.Sul sito lanciato da Greenpeace si può firmare l’appello contro la legge 99/2009 con la quale il governo sta provando a imporre la localizzazione delle centrali, schiacciando le competenze delle Regioni. Iniziativa già appoggiata da Bernardo Bertolucci, Ascanio Celestini, Andrea Camilleri e tantissimi altri. Si segnalano, inoltre, tutti i Candidati radioattivi con tanto di dichiarazioni ed estratti da articoli di giornali. Basta scegliere la nostra regione d’appartenenza e conoscere le intenzioni nucleari di ogni politico in corsa per la presidenza. In più c’è la “Nuclear hotline”, un numero verde dove poter lasciare un messaggio al nostro candidato radioattivo preferito. Gioca sull’ironia Greenpeace anche lanciando un Nuclear shop dove si possono acquistare, simbolicamente, finte pillole di Ioduro di potassio, caffè radioattivo e la bolletta che l’Enel ci presenterà a partire dal 2020, anno del ritorno dell’energia atomica in Italia. Sempre secondo le previsioni del governo. Ma tutto può cambiare.
Pierpaolo De Lauro da Terra

martedì 2 marzo 2010

LE GRANDI CIFRE DEL NUCLEARE

Sudafrica. La nazionale Dcd Dorbyl firma un accordo con la Westinghouse per la costruzione congiunta di nuovi reattori. L’esecutivo però avverte: ripartirà con il programma atomico solo quando avrà fondi sufficienti per 20 centrali
Non sarà ancora l’accordo miliardario che la Westinghouse aspetta da anni, ma il memorandum di intesa firmato il 24 febbraio tra la corporation nippo-statunitense e la sudafricana Dcd Dorbyl per la collaborazione nella costruzione di reattori nucleari segna sicuramente un punto a favore nella battaglia contro la francese Areva per l’appalto delle centrali nel Paese africano. Secondo l’accordo, la società sudafricana si occuperà del disegno, della produzione e dell’integrazione dei moduli per l’AP1000, il reattore ad acqua di terza generazione progettato dalla Westinghouse. Bob Pierce, direttore dei progetti internazionali di sviluppo della società di Pittsburgh, si è detto molto soddisfatto: «Il memorandum rappresenta un punto molto significativo verso la realizzazione di un progetto nucleare in Sudafrica», ha dichiarato nel comunicato stampa che annuncia l’accordo. Quasi sicuramente l’intesa raggiunta potrebbe essere propedeutica alla ripresa del programma nucleare, interrotto da Pretoria nel 2008 per mancanza di fondi. All’epoca, la francese Areva era quasi sicura di portare a casa il mega contratto per 12 centrali nucleari, che avrebbe garantito di superare il momento di difficoltà economica che la compartecipata statale d’Oltralpe stava attraversando. Nicolas Sarkozy si era personalmente speso, in colloqui privati con l’allora presidente Thabo Mbeki, per perorare la causa dell’Areva. Poi, la doccia fredda: «Non abbiamo soldi», aveva dichiarato il governo il 5 dicembre di due anni fa. Oggi la situazione è cambiata, e non solo perché l’economia sudafricana, pur rimanendo a rischio, sta uscendo dalla crisi finanziaria del 2007. Il fabbisogno energetico del Paese, assicurato per il 90 per cento dalle centrali a carbone, è cresciuto, al punto che la domanda sta per superare l’offerta: se vuole competere sul mercato continentale, Pretoria deve dotarsi di un’adeguata rete energetica. Il nucleare dunque? Non è detto: parlando a Durban il 22 febbraio il ministro dell’Energia Dipuo Peters ha precisato che «il Paese ha bisogno di nuova energia, e investirà le sue risorse nell’ammodernamento delle centrali a carbone, in quelle a gas, e nelle energie rinnovabili come l’eolico e il solare». In questo quadro l’energia atomica, precisa, «è una delle opzioni». Più entusiasta Nelisiwe Magubane, direttore del dipartimento nucleare del ministero, che già annuncia la “nuova svolta” del Paese. «Recupereremo il tempo perduto», dice orgoglioso. Finanze permettendo: l’esecutivo ha già sottolineato che non investirà denaro in una sola centrale, perché questo non consentirebbe di recuperare i costi rapidamente, ma che ripartirà con il suo programma solo quando sarà in grado di affidare una commessa più grande. «Almeno venti centrali», secondo Magubane. Westinghouse, insomma, deve ancora pazientare.

Paola Merenda da Terra