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martedì 31 marzo 2009

"Italia tra i paesi più a rischio" Clima, l'Europa corre ai ripari

Il documento dell'Unione europea: "Serve una strategia di adattamento". Agricoltura, industria alimentare e turismo i settori che soffriranno di più

di ALBERTO D'ARGENIO



Italia, Spagna e Grecia saranno le nazioni europee più colpite dai cambiamenti climatici. Soffriranno agricoltura, industria alimentare e turismo, tre pilastri economici dei paesi mediterranei. Ma ci saranno anche problemi di approvigionamento idrico ed energetico, di salute pubblica, di erosione delle coste e di tenuta delle infrastrutture. E' questo, in sintesi, il quadro da disaster movie che la Commissione Ue renderà pubblico mercoledì prossimo, a pochi giorni dalla convocazione di un vertice straordinario sul clima da parte del presidente Usa Barack Obama.

Appuntamento per preparare al meglio il summit di Copenaghen del prossimo autunno, quando il mondo intero sarà chiamato a mettere nero su bianco una strategia per bloccare l'innalzamento delle temperature (l'Europa lo ha già fatto).

Ma, bisogna rassegnarsi: per quanto riusciremo a mitigare l'effetto serra, i disagi arriveranno lo stesso (e meno faremo, più saranno). Ecco perché mercoledì l'Ue lancerà la strategia sull'"adattamento": da un lato bloccare gli sconvolgimenti climatici (Kyoto 2) e dall'altro prepararsi a convivere con quelli che inevitabilmente arriveranno.

Un piano che l'Italia, come i vicini del Mediterraneo, dovrà prendere molto sul serio, visto che da qui alla fine del secolo il nostro sarà uno dei Paesi più colpiti dalla rivoluzione del clima. Colpa di ondate di caldo, incendi, flessione del turismo, calo della produzione agro-alimentare e scarsità di acqua potabile. Anche la vita nell'Europa del Nord cambierà, ma con un mix di novità positive e negative. Il tutto costerà all'Ue oltre sei miliardi di euro all'anno fino al 2020, cifra che entro il 2060 potrebbe arrivare a 63.

"La portata dell'impatto varia da regione a regione. In Europa - scrive la Commissione Ue - quelle più colpite saranno la parte meridionale del continente e il bacino del Mediterraneo. A rischio anche Alpi, isole, aree costiere, urbane e pianure densamente popolate". Un identikit dell'Italia che, pur senza essere citata nel rapporto, viene indicata come a rischio nelle varie cartine che lo accompagnano, come quelle sulla flessione delle colture e delle riserve di acqua potabile.

E ad essere duramente colpito sarà anche il turismo, con la diminuzione di neve nelle zone alpine (non bisogna farsi ingannare da un singolo inverno nevoso) e l'aumento delle temperature nel bacino mediterraneo, con tanto di erosione delle coste, diminuzione del pesce, deterioramento della qualità dell'acqua, aumento esponenziale di meduse e alghe.

Soffrirà anche l'agricoltura, con perdita di fertilità e carestie. Rischiano le foreste, la pesca, l'acquacoltura e gli ecosistemi marini. In pericolo le coste e le infrastrutture, sempre più colpite da fenomeni meteo estremi e da inondazioni (la loro capacità di adattarsi al climate change potrebbe diventare un requisito nell'assegnazione degli appalti). Gli sconvolgimenti delle temperature avranno effetti anche sulla salute animale, vegetale e umana, con un aumento di malattie e infezioni specialmente per anziani, bambini e malati cronici. Andrà in crisi il sistema dell'energia (ci sarà una maggiore richiesta e, nel Sud Europa, una diminuzione di produzione idroelettrica). Per non parlare dell'immigrazione, che gli sconvolgimenti climatici faranno aumentare.

E' per tutti questi motivi che mercoledì Bruxelles lancerà un appello alla classe politica continentale: "E' fondamentale sviluppare politiche che permettano il massimo livello di adattamento visto che il mercato da solo non sarà in grado di farlo". E per farcela da oggi al 2012 si dovranno studiare al meglio gli effetti del cambiamento climatico, per poi passare all'azione dal 2013 integrando ogni aspetto delle politiche europee all'adattamento.

da repubblica.it

RAI TRE: A REPORT LE ULTIME NOTIZIE SU NUCLEARE E ASSE, IN GERMANIA. E DI NUOVO IL CASO CATANIA

GERMANIA: LA RADIOATTIVITA' FA PAURA E RISPUNTA IL NUCLEARE NELLA TERRA SISMICA A MONTALTO DI CASTRO

Del problema nucleare, con le ultime notizie da Asse, in Germania, se ne è parlato anche nell'ultima puntata di Report, su Rai Tre, puntata TV dedicata dalla conduttrice Milena Gabanelli al Nucleare e ad alcuni sviluppi sul caso Catania.

Tornando al nucleare, in Italia, nei mesi scorsi, è rispuntato anche il folle progetto della Centrale Nucleare di Montalto di Castro, costruita durante la "Prima Repubblica" in zona sismica, ma fortunatamente mai entrata in funzione.

Intanto, sempre in tema di nucleare e radioattività, continua l'allarme in Germania.

Nelle miniere di Asse, piccolo rilievo della Bassa Sassonia, nel cuore di una montagna di sale, riposano da decenni rifiuti a media e bassa radioattività delle centrali nucleari tedesche.

Un luogo per seppellire 126.000 contenitori stipati al “sicuro” da molti pericoli.

Ma non da tutti.

All'impovviso 12 anni fa è accaduto l'imprevedibile: una piccola vena d'acqua ha cominciato a sgorgare all'estremità di uno dei tunnel della miniera che custodisce la “monnezza” nucleare a 550 metri sotto terra.

Solo lo scorso anno, però, la notizia è diventata di dominio pubblico, dopo essere stata più o meno segretamente custodita tra gestore del deposito, governo del land (Bassa Sassonia) e governo federale.

Pochi litri d'acqua, si parla di poco più di dieci metri cubi al giorno e l'intera Germania ha cominciato a tremare, perchè si tratta di una bomba ad orologeria.

Secondo le ultime notizie il tempo massimo di tenuta dei contenitori è 150 anni.

Quello minimo non è ancora chiaro.

Il fenomeno accaduto venne descritto con dovizia di particolari notizie da un giovane ingegnere che si occupò del problema a fine anni '70, quando il sito riceveva ancora i bidoni destinati allo stoccaggio temporaneo in attesa di una soluzione definitiva.

Era una critica scomoda per i lucrosi interessi in gioco.

La soluzione definitiva non c'è ancora ma ora l'emergenza è un altra, perchè nessuno sa come trattare i contenitori per paura di romperli.

Qualcuno li vorrebbe seppellire ancora meglio in una colata di calcestruzzo.

Una pazzia dopo l'altra, perchè si perderebbe qualunque possibilità di controllo.

Per ora, dopo queste notizie, c'è solo da tremare.

da unonotizie.it

Nucleare, passa l'ordine del giorno contro l'installazione della centrale

Antonella Salvatore

È terminato con l'approvazione di un ordine del giorno del centrosinistra contrario al ricorso al nucleare a Termoli ed in Italia, il Consiglio comunale monotematico e straordinario svoltosi nella tarda serata di ieri l'altro sull'ipotesi di realizzazione in città di un impianto a propulsione nucleare. L'ordine del giorno presentato dalla minoranza nella mattinata di ieri l'altro che sottolineava la contrarietà al solo impianto in Molise è stato bocciato. Nel corso dell'assemblea civica sono stati registrati gli interventi del Sindaco Vincenzo Greco, di gran parte dei consiglieri di maggioranza e di alcuni esponenti della minoranza. «L'ipotesi di installare nel nostro territorio una centrale di questo tipo è da considerarsi scellerata per tanti motivi _ ha dichiarato Greco nel suo intervento _ Un territorio già fortemente compromesso da insediamenti industriali pesanti, che sta dando già tanto al Paese in termini di produzione di energia con la Centrale Turbogas e la Centrale Biomasse, riceverebbe con questo nuovo insediamento il colpo di grazia: un colpo mortale inferto a una città che sta cercando con fatica di difendere e sviluppare la sua naturale vocazione turistica, che sta portando avanti diversi progetti a tutela della salute e volti al rispetto dell'ambiente». «Assicuro fin da ora il mio impegno personale e di tutta l'Amministrazione Comunale - ha proseguito Greco - innanzitutto a verificare la fondatezza di tali notizie, e poi a mettere in atto tutto ciò che è in nostro potere per invertire questo pericoloso «ritorno al passato» e per difenderci da questi tentativi di considerare ancora una volta il nostro territorio «gregario» e «asservito» agli interessi industriali delle parti economicamente più forti della nazione». Polemiche ci sono state in consiglio per l'uscita dall'assemblea di numerosi consiglieri e dello stesso sindaco, che ha lasciato la riunione per altri impegni mentre la discussione era in corso. A.S.

mercoledì 25 marzo 2009

NUCLEARE: FORUM AMBIENTALISTA, PETIZIONE NAZIONALE PER DIRE 'NO'

(ASCA) - Roma, 25 mar - ''Il ritorno al nucleare e' un errore. Per questo lo contrasteremo attraverso una petizione popolare: dimostreremo al governo che i cittadini non lo vogliono. Cosi' come gia' successo col referendum del ''87''.

Con questi intenti Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, lancia una campagna nazionale (''Energia efficiente, efficace e sicura. No al nucleare, si' al sole'') per fermare quel cammino annunciato dall'esecutivo che portera' entro la fine del 2010 a costruire la prima centrale nucleare.

''Dal 28 marzo raccoglieremo le firme nelle piazze di tutta Italia e organizzeremo banchetti, dibattiti e convegni nazionali'', spiega Pesacane che poi annuncia anche una petizione on-line per contrastare un programma che ''ha come unico scopo quello di rispondere alle pressioni dei grandi gruppi energetici''.

''Inoltre - prosegue l'ambientalista - non e' stato risolto nessuno dei gravi problemi che accompagnano il riuso dell'atomo: le scorie della passata avventura nucleare sono ancora nei siti d'origine senza un'adeguata sicurezza; nel mondo nessun sito finora studiato e' in grado di garantire il confinamento sicuro per scorie che continuano ad emettere radioattivita' per diverse migliaia di anni e le centrali nucleari nel mondo forniscono appena il 6,5% dell'energia e l'uranio esistente garantirebbe quantita' minime del fabbisogno energetico''.

''Ma nella petizione - conclude Pesacane - diremo anche molti si'. Come quelli alla riduzione dei consumi e alla scelta delle fonti rinnovabili. Eolico e solare rappresentano infatti il vero futuro, mentre il governo (il provvedimento Milleproroghe docet) continua ad adottare politiche che portano sono al loro disincentivo. La piazza ci dara' ragione''.

da asca.it

Il problema del nucleare, il No dei Comuni

Analisi dei siti che sarebbero adatti per ospitare una centrale. C'è anche Fossano

Cuneo - Uno studio realizzato qualche mese addietro dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha individuato 27 siti sparsi sul territorio nazionale, potenzialmente adatti a ospitare le centrali nucleari che il Governo ha deciso di installare. Alle prime quattro da costruire nel prossimo decennio, dovrebbero seguirne altre, così come ha annunciato lo stesso Governo e il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola. Fra i 27 siti individuati, 12 dovrebbero ospitare le centrali più grandi e altri 15 le centrali di dimensioni più piccole. Fra i candidati, anche il territorio del Comune di Fossano: nei giorni scorsi, la stampa locale ha diffusamente riportato la notizia e il commento del Primo Cittadino Francesco Balocco (leggi articolo) che ha parlato di “Chiaro e irrevocabile no”. Nel corso di un' audizione in Commissioni riunite Attività Produttive di Camera e Senato, l'11 marzo scorso, il Ministro Scajola ha affermato che secondo il suo parere fra i candidati ad ospitare una centrale nucleare “ci sara' concorrenza non solo tra gli operatori privati ma anche tra i territori'' (Agenzia Irispress, 11 marzo). In seguito ad un' analisi sommaria delle testate giornalistiche di tutta Italia rintracciate sulla Rete, pare che le cose non stiano proprio così, almeno per il momento. L'aspetto forse più curioso è che le perplessità, se non addirittura i dinieghi, provengano in modo trasversale dai rappresentanti di tutti i partiti politici, di maggioranza e di opposizione. Ecco qualche esempio, fra i tanti titoli.“Provincia Campobasso approva odg contro installazione centrale nucleare” (Adnkronos, 18 marzo); GALLIPOLI . “Non lasciare soli il sindaco e la cittadinanza di Nardò nel confronto con il governo per contrastare il ventilato insediamento di una centrale nucleare sul suo territorio.” (Portadimare.it 14 marzo); “NUCLEARE: LOMBARDO, IN SICILIA SOLO SE E' SICURO E CON OK CITTADINI” (Asca, 13 marzo); “Nucleare in Sicilia? No grazie!” (Suddest.it, 12 marzo); “NUCLEARE: ROLLANDIN (VDA), DIFFICILE INSTALLAZIONE CENTRALI” (Ansa Valle d'Aosta, 11 marzo); “Il consigliere comunale di Alleanza Nazionale a Montalto di Castro, Fabiola Talenti, ribadisce la sua ferma contrarietà alla costruzione di una centrale nucleare a Montalto di Castro” (Ontuscia, il portale della Tuscia, 10 marzo); “Biella, no al nucleare. Nella seduta, la Giunta Provinciale, su proposta dell'assessore all’ambiente Davide Bazzini, ha approvato una delibera che esprime preoccupazione per il ritorno di una politica nucleare di vecchia generazione in Italia” (Agenfax, 9 marzo); “Zaccheo (An) sindaco di Latina: Nucleare? Sì, ma non qui...” (Greenreport, 5 marzo) ; “Nucleare, Dopo le aperture di Galan il rifiuto del Friuli” (Lavocedelnordest, 5 marzo); “Nucleare in Sicilia: il sindaco di Vittoria ribadisce il suo No” (Rtm news 4 marzo); “no a centrali nucleari in Calabria. E' quanto afferma il responsabile energia di Legambiente Franco Saragò che commenta una dichiarazione del vicepresidente del Consiglio Regionale” (Il giornale di Calabria, 5 marzo); “NUCLEARE: NO DEL CONSIGLIO REGIONALE MOLISE A CENTRALE A TERMOLI “ (Libero-news, 3 marzo); “nucleare, no della Regione Emilia Romagna: meglio le rinnovabili” (Sabatoseraonline, 2 marzo); “Burlando, la Liguria non è terra di centrali nucleari” (Cittàdellaspezia, 28 febbraio); “Centrale nucleare a Porto Tolle. Galan: si può fare, anzi no” (il Resto del Carlino, 27 febbraio); Sardegna. “Cappellacci: da noi nessuna centrale. Dovrebbero passare sul mio corpo prima di fare una cosa simile. Berlusconi manterrà le promesse fatte” (Corriere della Sera, 26 febbraio); “il rifiuto della Regione Basilicata al nucleare” (Notiziario Italiano, 27 febbraio); “il no del Sindaco all'impianto nucleare” (Il Tempo. Molise).
Ecco l'elenco di alcuni dei siti considerati fra i migliori candidati per ospitare le centrali, secondo il CNR: Fossano (Cuneo), Oristano, Scanzano Jonico (Matera),Latina, Garigliano (Caserta), Termoli (Campobasso), Mola (Bari), Monfalcone (Gorizia), Caorso (Piacenza), Scarlino (Grosseto), Chioggia (Venezia), Palma (Agrigento), Ravenna.

Lorenzo Pellegrini

da grandain.com

martedì 24 marzo 2009

La scommessa dell'energia "verde"

La potenza di energia "verde" installata è aumentata di 150 volte in 4 anni. Nel 2005, infatti, era di un solo megawatt la potenza installata, mentre oggi è di 150 MW. Un traguardo che contribuirà a raggiungere gli obiettivi di Kyoto, evitando l'emissione di 360 mila tonnellate di anidride carbonica.



Sole, vento, acqua. Lo sviluppo è verde. E il Lazio diventa ecosostenibile. Mentre sta cambianto il quadro di riferimento energetico nazionale, con la svolta verso il nucleare, nella regione le rinnovabili si stanno incrementando. Un lavoro duro, frutto dell'assessorato all'Ambiente della Regione che ha imboccato la via dell'innovazione. Filiberto Zaratti ha aumentato del 15000 per cento la capacità di produrre energia da fonti rinnovabili.

Nel 2005, infatti, era di un solo megawatt la potenza installata, mentre oggi è di 150 MW. Un traguardo che contribuirà a raggiungere gli obiettivi di Kyoto, evitando l'emissione di 360 mila tonnellate di anidride carbonica. Se il tasso di crescita resterà questo, Zaratti potrà raggiungere l'obiettivo dei 500 MW di rinnovabili autorizzate entro il 2010. Un percorso che in questi anni ha coinvolto centoquattordici Comuni, dodici comunità montane, dodici parchi e aree protette, cinquantamila studenti universitari e più di 2.500 classi elementari e medie. Insomma, il Lazio si veste di verde.

E non è un caso se i piani per il futuro prossimo andranno proprio in questa direzione. In occasione dell'esposizione «Ecopolis», dove verrà dato spazio a idee e realizzazioni riferite ai diversi ambiti critici che riguardano le aree urbane, la Regione presenterà i nuovi progetti. Sono tre i settori dove viene supportata la ricerca, per contribuire a una vita più «sostenibile» dei cittadini laziali. Il fotovoltaico organico: i nuovi pannelli a basso costo (per un investimento di sei milioni di euro). La mobilità sostenibile: consistente nell'utilizzo di veicoli elettrici, ecologici, ibridi (per un costo di un milione e mezzo di euro).

Infine nove milioni saranno stanziati per la ricerca nel campo dell'energia a idrogeno. Gli investimenti, è chiaro, daranno anche un nuovo impulso all'industria laziale e creeranno migliaia di posti di lavoro. Un po' come è stato per la Germania, che assecondando lo sviluppo delle rinnovabili, oltre ad aumentare l'efficienza energetica, ha dato vita a 250 mila posti di lavoro. La Regione si è impegnata anche sotto il profilo della formazione.

Ha infatti siglato accordi con tutte le università del Lazio, rendendo obbligatorio l'insegnamento delle rinnovabili in tutte le facoltà. Con l'ateneo di Tor Vergata è in atto una convenzione per la ricerca sull'efficienza energetica, finanziando anche La Sapienza per uno studio per il recupero sostenibile dell'ambiente degli ex quartieri abusivi. Cifra totale impegnata: 178 milioni. «EcoLazio». Sarebbe questo il termine da coniare. Anche perché pochi giorni fa è stato inaugurato il cantiere della centrale fotovoltaica più grande d'Italia, attiva a novembre, che produrra elettricità pulita. Nell'emisfero «verde» Zaratti punta molto anche sulla mobilità sostenibile. Ha attivato un bando per l'incentivazione dei mezzi elettrici, dalla bicicletta ai furgoni. Una visione fondamentale per una regione che deve «sopportare» un importante flusso di mezzi.

Non a caso, il 27 per cento dell'inquinamento nelle città del Lazio dipende dall'«ultimo miglio» del trasporto merci. Continua anche il progetto dei detersivi alla spina, che consente risparmi sia sul fronte energetico sia su quello della riduzione dei rifiuti. A fine anno i 28 punti vendita che hanno scelto questo business diventeranno quaranta. Incentivi a pioggia anche per la rottamazione delle caldaie per il riscaldamento, ormai vecchie e inefficienti: quelle nuove consentono rispermi sia energetici che sul fronte della bolletta. Nell'era dell'energia il Lazio vince la sua sfida e si rinnova grazie alle fonti alternative. Del resto, sul sentiero «verde» chi si ferma è perduto.

Fabio Perugia
da iltempo.ilsole24ore.com

Nucleare in Sicilia?

Mentre Silvio Berlusconi pronunciava il fatidico sì al collega Sarkozy, il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, approvava con entusiasmo l’unione tra i due sul nucleare e coglieva la balla al balzo palesando l’intenzione dell’isola di ospitare uno dei reattori nucleari.

Una decisione, entrata a far parte del Piano energetico ambientale siciliano approvato il 3 febbraio, a poche settimane dal vertice dei Ministri dell’Ambiente degli 8 paesi più industrializzati al mondo che si terrà proprio in Sicilia, a Siracusa dal 22 al 24 aprile. Naturalmente sono già partite le mobilitazioni. Paradossale che siano otto ministri a decidere le sorti del globo, di 6 miliardi di esseri umani, in materia di fonti alternative di energia, cambiamenti climatici, sicurezza energetica, economia e ambiente. Per di più, lasciando fuori tutte le altre nazioni (eccetto qualcuna, che potrà partecipare al summit) e le associazioni ambientali. Ancora più paradossali il luogo stabilito, Siracusa, dove da anni si denuncia lo scempio ambientale ai piedi del cosiddetto “triangolo della morte Augusta-Priolo-Melilli”, e chi l’ha scelto, il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, sul cui conto pendono accuse abbastanza gravi da parte dei comitati contro il G8 riguardo un possibile conflitto d’interesse. La famiglia Prestigiacomo lavorerebbe infatti a pieno regime, possedendo quote del capitale sociale di varie società (vedi Coemi, Ved, gruppo Sarplast), nel settore della plastica e delle trivellazioni petrolchimiche in Val di Noto e nel triangolo sopra citato. Il trinomio petrolio-ambiente-affari sembra di fatto non reggere.

Al danno perciò si è aggiunta la beffa. Una centrale nucleare nel ragusano o nell’agrigentino se il territorio ne condivide la scelta. E quindi un’invocazione di referendum, mentre già gli amministratori del luogo prendono posizione nella disputa. La polemica non si è fatta attendere, così se il presidente della provincia di Ragusa ha risposto con un secco no, il sindaco della medesima città si è detto molto favorevole. Chi l’avrà vinta, lo si scoprirà soltanto più in là col tempo.

Intanto Lombardo ha fortemente voluto alla conferenza di presentazione del Piano energetico ambientale siciliano l’economista, consigliere per l’Energia di Obama, Jeremy Rifkin, che tuttavia lo ha bacchettato sulla scelta del nucleare, definita una strada sbagliata, di “retroguardia”. In un paese che non possiede l’uranio, ma ha sole, vento e tante potenzialità può avvenire la “terza rivoluzione industriale”, un sistema distribuito in cui ognuno produce la propria energia rinnovabile e la scambia con altri mediante “reti intelligenti”, come in Spagna e Germania, che in questo modo hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro attraverso la nascita di nuove piccole e medie imprese. Nel frattempo, Lombardo boccia 139 impianti eolici in attesa di autorizzazione. Saranno anti-estetici come li definisce Sgarbi?

Marghera, una centrale bioelettrica produrrà energia dalle alghe

L'impianto, presentato dall'Autorità portuale, coprirebbe metà del fabbisogno del centro storico di Venezia

VENEZIA - Produrre energia dalle alghe: lo prevede il progetto di centrale bioelettrica basata sulla fotosintesi della Diatomea, un’alga autoctona della laguna di Venezia, presentato oggi dall’Autorità Portuale di Venezia. Secondo i sostenitori, potrebbe fornire 40 megawatt di energia a impatto zero, capaci di coprire metà del fabbisogno dell’intero centro storico di Venezia, che oggi consuma dagli 80 ai 100 megawatt.

Per realizzare la centrale (costo 190 milioni di euro), ha annunciato il presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Costa, verrà costituita eNave, società partecipata al 51% da Autorità Portuale e al 49% Enalg Srl. La centrale, che sfrutta il processo della fotosintesi, impiegherebbe 46 persone e necessita di uno spazio di 10 ettari per l’allevamento delle microalghe nei bioconvertitori e la trasformazione della biomassa in energia elettrica. Ideale, è stato detto, la collocazione nella zona industriale di Marghera. «Abbiamo accettato con entusiasmo la proposta di Enalg - ha dichiarato Costa - l’ambiente lagunare è ideale per questa nuova tecnologia in via di sperimentazione».



da corrieredelveneto.corriere.it


lunedì 23 marzo 2009

Nasce a Tor Vergata il solare senza silicio

Sperimentati i pannelli fotovoltaici di nuova generazione
E´ un materiale sempre più raro e costoso, finora indispensabile per produrre energia
Pannelli fotovoltaici semitrasparenti e colorati che captano la luce senza essere inclinati e persino nelle giornate coperte. Ma soprattutto privi del costoso silicio. Il progetto d´eccellenza (terzo al mondo dopo Germania e Giappone) porta una firma italiana, quella dell´università di Tor Vergata. Ora, grazie al contributo di regione Lazio e alcuni partner stranieri, si appresta ad entrare nella sua fase di industrializzazione. All´interno del Tecnopolo Tiburtino, area romana d´avanguardia per la sperimentazione e l´innovazione tecnologica, gli ingegneri e i ricercatori del Polo Solare Chose sono pronti a supervisionare la produzione di una prima linea di pannelli innovativi, in grado di fare a meno del silicio per convertire la luce e di sfruttare pigmenti organici, sintetizzati chimicamente o tratti da bacche, arance, bucce di melanzane. «La linea avrà inizialmente una produzione limitata a 10mila metri quadri l´anno - spiega Aldo Di Carlo, docente a Tor Vergata e responsabile del progetto - ad un costo contenuto perché sfrutta tecniche di stampa come la serigrafia, per cui potrà essere facilmente implementata dalle aziende». Il Polo Solare organico, nato due anni fa grazie ai 6 milioni di euro finanziati dalla Regione, a cui poi si sono aggiunti i fondi Erg Renew, Dyesol e Permasteelisa, potrà contare sugli spin-off universitari Dyers e Tiberlab, le società che svilupperanno il software di progettazione con un gruppo di ricercatori italiani e stranieri. «Questo polo d´eccellenza a livello mondiale darà un primo impulso al settore dell´industria delle rinnovabili nel Lazio - ha commentato l´assessore regionale all´ambiente Filippo Zaratti - un vero e proprio successo della ricerca applicata nella nostra regione». Il silicio incide per il 60% sul costo di un pannello. La sua eliminazione, possibile con i nuovi modelli ora in fase di produzione sperimentale, farà scendere i costi da 4 a un euro per watt. E altro risparmio arriverà dalle macchine per produrli: un milione di euro contro i 15 o anche i 100 richiesti dal fotovoltaico a film sottile.

da progettonuovaenergia.blogspot.com

Accordo Italia-Francia sul nucleare. I soldi ai francesi e i "bidoni" a noi.

Ha destato un certo stupore il nuovo accordo tra la Francia e l’Italia per la realizzazione di alcune nuove centrali nucleari in Italia con la tecnologia francese.

Si tratta di quattro centrali nucleari di terza generazione, che il nostro governo intende realizzare in Italia.

Gli argomenti di coloro che sono favorevoli alla realizzazione delle nuove centrali nucleari non tengono conto, in primo luogo, dell’esito del referendum, nel quale gli italiani hanno espresso, giustamente, la loro contrarietà alle centrali nucleari.

Oggi gli italiani che hanno dichiarato il loro no al nucleare vengono definiti fanatici ambientalisti e contrari al progresso, perché secondo l’attuale governo, il nucleare è sicuro, economico e consente di liberarsi dalla schiavitù del petrolio.

Gli argomenti per smentire queste affermazioni sono numerosi, soprattutto sui danni all’ambiente e sul problema delle scorie, ma in questa sede vorrei soffermarmi sulla tecnologia, che verrebbe utilizzata e sulla economicità di gestione.

Le centrali di terza generazione sono già oggi superate e sono caratterizzate dalla reazione, che viene sviluppata dalle barre di uranio, inserite ed affiancate all’interno del reattore.

Una volta avviata la reazione non è più possibile fermarla e pertanto la produzione di energia è costante sia di giorno che di notte; ne deriva che, in caso di riduzione dei consumi, una parte dell’energia deve essere dissipata nelle torri di raffreddamento.

E’ ovvio che l’energia prodotta col nucleare non può essere utilizzata, ad esempio, per l’autotrazione, che è uno dei settori in cui, in assenza di nuove tecnologie automobilistiche (motori elettrici), la dipendenza dal petrolio resterà immutata.

L’altro aspetto, che mi sembra determinante, è la riduzione della disponibilità di uranio, che già oggi sta facendo lievitarne il prezzo.

La progressiva mancanza di materia prima si farà sentire gravemente, secondo gli esperti, ancor prima dell’entrata in funzione delle centrali nucleari, che si vogliono costruire.

L’unica attuale certezza sono i soldi dei contribuenti, che verranno spesi per un progetto faraonico, pericoloso (anche per le nostre finanze) e non in grado di risolvere i nostri problemi energetici.

La strada da percorrere è quella del risparmio energetico da attuarsi con le migliori tecnologie ecocompatibili attualmente a disposizione (solare ed eolico).

Non dimentichiamo che la centrale nucleare più potente, che abbiamo a disposizione gratuitamente è il sole. E non ci sono nemmeno problemi di scorie da smaltire, né di tangenti da spartire…

di Roberto Topino
da agoramagazin.it


Sapete cosa chiedono al loro governo i giganti dell’energia francesi?

Chiedono di stroncare le fonti rinnovabili per proteggere il nucleare.

La motivazione è che se il governo dà la possibilità all’eolico di svilupparsi troppo, ciò potrebbe frenare lo sviluppo di nuovi impianti nucleari.

EDF, che con le sue 58 centrali nucleari è il maggiore colosso nucleare nel mondo chiede pertanto al gioverno di abbassare l’obiettivo del contributo totale di energie rinnovabili dal 35% al 20% nel 2020.

E’ comprensibile che le aziende produttrici di elettricità difendano i propri interessi commerciali.

Ma è altrettanto chiaro che 500 milioni di cittadini devono difendere i propri interessi e quelli dei loro figli.

L’energia nucleare è costosissima e può essere prodotta solo con massicce iniziezioni di denaro da parte delle casse pubbliche e cioè i soldi dei cittadini.

Una centrale nucleare costa costa come minimo 5 miliardi di euro. Mi chiedo con che coraggio, in questo peridodo di paurosa crisi dei crediti e recessione, si possa solo pensare di sprecare in maniera così irresponsabile 5 miliardi di euro.

Quanti pannelli solari potrebbero essere costruiti con questi soldi ?

Chi paga lo smantellamento delle centrali al termine della loro attività ? Il costo dello smantellamento è come minimo pari a quello della loro costruzione. Lo stato ovviamente, visto che nessuna azienda pensa bene di accollarsi queste spese.

Chi paga la gestione e lo stoccaggio provvisorio dei residui ad alta attività contenenti plutonio, elemento che conserva la sua pericolosità per decine di migliaia di anni? Lo stato ovviamente, visto che nessuna azienda pensa bene di accollarsi queste spese.

Le elezioni europee sono alle porte.

In base alle previsioni di costi che il nucleare comporterà oggi e in futuro (per centinaia di migliaia di anni) chiediamo a coloro che si candidano al Parlamento europeo di escludere nella maniera più assoluta il ricorso all’energia nucleare alle condizioni attuali.

La priorità dei cittadini europei è promuovere massicciamente e da subito l’eolico, il solare, la geotermia, le maree, il rispamio energetico e l’efficienza.

Tutti i candidati e i partiti che difenderanno le rinnovabili sono dalla parte dei cittadini.

Chi propone il nucleare difende unicamente l’interesse delle aziende elettriche a scapito di quello di 500 milioni di cittadini.

Tra l’altro ci si chiede con quali capitali Enel, indebitata per 52 miliardi di euro anche per le operazioni che ha fatto all’estero comperando centrali nucleari, voglia ora rilanciarsi in quest’impresa fallimentare.

Alle europee votate dunque solo i partiti che promuovono le fonti rinnovabili !
da italoeuropeo.it

venerdì 20 marzo 2009

LA NON-PROLIFERAZIONE NUCLEARE: INTERVISTA A SCOTT KEMP

di Luca Mazzucato

PRINCETON, NEW JERSEY. Il nucleare civile e militare è da sempre argomento scottante di politica internazionale. Eppure, pochissimi sono gli esperti che negli Stati Uniti se ne occupano con cognizione di causa, nonostante ogni politico abbia un'opinione in proposito e se ne parli ogni giorno in televisione: le centrifughe di Natanz e la corsa al nucleare in Medioriente, l'energia nucleare pulita e lo stoccaggio delle scorie letali, il disarmo delle superpotenze, l'accordo Berlusconi-Sarkozy per il nucleare italiano. Per districarsi tra le forze titaniche della propaganda e delle lobby, abbiamo chiesto una mano a Scott Kemp, ricercatore di Scienza e Sicurezza Globale dell'Università di Princeton. Astrofisico di formazione, Kemp lavora da anni al problema del controllo delle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio, portando in dote la sua conoscenza scientifica alla passione per la politica. “Stiamo entrando in un'epoca in cui l'arricchimento dell'uranio è ormai economico e alla portata di tutti: dobbiamo capire come affrontare questa sfida a livello globale.”

Di cosa si occupa nel suo lavoro di ricerca?
Il nostro dipartimento studia due fenomeni che riguardano la sicurezza globale. Il primo è la proliferazione nucleare: evitare che nuovi paesi si dotino di armi nucleari, sviluppandole indipendentemente oppure acquistandole da altri paesi. Il secondo è il controllo delle armi: ovvero la strada per arrivare a disarmare gli esistenti arsenali nucleari, in particolare l'enorme arsenale americano ed ex-sovietico. Nonostante la tecnologia nucleare sia un argomento di scottante attualità, sarà sorpreso dallo scoprire che solo una trentina di persone si occupano di questo problema nel mondo accademico. Alcuni sono recentemente stati assunti dall'Ufficio Scientifico della Casa Bianca, tra cui i fisici John Holdren e Steve Fetter, noti per la loro serietà ed il loro impegno nella non-proliferazione nucleare.

Da che punto di vista affrontate questi problemi?
Il nostro scopo è informare l'opinione pubblica e gli esperti del settore. Elaboriamo analisi che poi vengono rese pubbliche, per mettere a disposizione di tutti e dei think tanks in particolare delle notizie fattuali. In questo modo, il pubblico ottiene gli strumenti per prendere decisioni e fare pressioni. Un'esempio su tutti, la strategia dell'amministrazione Bush contro il programma nucleare iraniano: totalmente disinformata, slegata dai fatti, sviluppata ignorando il parere degli esperti in non-proliferazione.

Può riassumere l'approccio di Bush al nucleare iraniano?
All'inizio, l'amministrazione minacciò l'Iran per evitare che si dotasse di centrifughe e disincentivare il suo programma, con l'opzione successiva di negoziare in caso le centrifughe le avesse già. Premessa completamente erronea. È facilissimo dotarsi di centrifughe, infatti ce le avevano già, quindi le minacce hanno mancato il bersaglio, l'unica opzione dall'inizio era il negoziato. Purtroppo all'epoca in cui Bush elaborava la sua politica mediorientale, le informazioni non erano disponibili al pubblico, ma secretate nei documenti della CIA. Quindi per Bush è stato facile vendere la propria strategia preconfezionata, visto che nessuno aveva elementi precisi per opporsi. Ora, grazie anche al nostro lavoro, il programma iraniano è noto in dettaglio.

Come mai l'Iran, che galleggia sul petrolio, vuole a tutti i costi costruire delle centrali nucleari?
L'Iran possiede petrolio ma non possiede raffinerie. Deve esportare greggio e importare carburante. Questo è principalmente dovuto al fatto che, a causa dell'embargo imposto dagli Stati Uniti, l'Iran non può importare i componenti per costruire le raffinerie. Siccome ha bisogno di energia per assecondare la sua crescita economica, si trova in grande difficoltà. Ma i motivi principali per spingere il programma nucleare sono la politica interna e il prestigio regionale.

Quale approccio dovrebbero avere gli Stati Uniti nei confronti del programma nucleare iraniano?
L'Iran possiede la sola centrale di Busher e un unico impianto di arricchimento tramite centrifughe a Natanz. Tutto il pacchetto è stato venduto all'Iran dalla Russia. L'uranio arricchito prodotto nelle famigerate centrifughe in tutti questi anni è pari a circa un quarantesimo di quello che servirebbe per far andare la centrale di Busher: insomma una quantità minuscola. Una volta che questo quadro fattuale è di fronte a tutti, le conseguenze sono ovvie. Intanto, la persistenza del governo iraniano nel mantenere le centrifughe ha carattere esclusivamente politico e di prestigio, ma non economico. Dovrà dunque dipendere dall'estero per l'approvvigionamento di combustibile. Il motivo per cui la Russia vende il nucleare all'Iran è esclusivamente economico: vuole fare profitti. Facendo leva su questo fattore, gli Stati Uniti possono ottenere grossi risultati offrendo incentivi in cambio di cooperazione e mi sembra che ci si stia finalmente muovendo in questa direzione.

Bush ha dichiarato di voler vendere il nucleare a Egitto, Giordania e Arabia Saudita, l'Iran presto accenderà la prima centrale. Ha ancora senso la politica di ambiguità israeliana sul proprio arsenale?

È successo molte volte in passato che paesi occidentali offrissero tecnologia nucleare all'Egitto. È molto improbabile che abbia i soldi per comprarla. Si tratta esclusicamente di un problema di denaro: acquisire le infrastrutture per far andare una centrale nucleare richiede un investimento di almeno otto miliardi di dollari. Gli unici attori nell'area a possedere un tale capitale sono gli Emirati Arabi, ma con la crisi globale non è chiaro se dispongano ancora di tale somma. Detto questo, credo che Israele manterrà la sua politica di ambiguità anche in futuro. Visto che non è possibile fermare il programma nucleare civile iraniano, Israele dovrà semplicemente venire a patti con la nuova realtà mediorientale.

Anche se l'Iran riprenderà in mano in futuro il progetto nucleare militare, fermato nel 2003, è probabile che lo mantenga segreto e, una volta creato il proprio arsenale nucleare, porterà avanti una politica di ambiguità identica a quella israeliana. Se l'Iran dichiarasse di possedere la bomba, il giorno dopo le masse arabe scenderebbero in piazza per rivendicare il proprio diritto al nucleare. Questo porterebbe alla corsa agli armamenti in tutta la regione. La politica di ambiguità dunque è non-aggressiva. Il futuro ci riserva senz'altro una doppia ambiguità israeliana e iraniana. Ciò che mi rattrista in particolare è il fatto che la carta nucleare viene esibita da Ahmadinejad ad uso principalmente di politica interna, per stornare l'attenzione dell'opinione pubblica dai problemi economici che l'Iran si trova ad affrontare. Grazie a questo probabilmente il presidente iraniano verrà rieletto in giugno. Dall'altra parte, la minaccia iraniana è sfruttata dai politici israeliani per esclusivi motivi di consenso interno. Quando alcuni leader israeliani minacciano di attaccare i siti di Natanz, è ovvio che si rivolgono al pubblico israeliano, poiché dal punto di vista militare tale attacco è non porterebbe a niente, visto che l'impianto di Natanz è più che altro simbolico, il combustibile nucleare verrà importato dalla Russia.

Veniamo al nucleare nei paesi occidentali. Esistono modi sicuri di stoccare le scorie nucleari? Come viene affrontato il problema negli Stati Uniti?
Intanto vorrei sfatare il mito delle centrali a “riprocessamento” di nuova generazione, che vantano di eliminare le scorie, trasformandole in nuovo combustibile sotto forma di plutonio. Non fanno altro che posticipare di alcuni anni il problema delle scorie al prezzo di produrre materiale direttamente utilizzabile a fini militari. In realtà c'è un modo sicuro di eliminare le scorie. È una tecnologià tedesca che utilizza dei cosiddetti “dry casks” (fusti asciutti): le scorie vengono rinchiuse in un contenitore, sospeso all'interno di un fusto che contiene gas inerte, a sua volta circondato da cemento o acciaio per bloccare le radiazioni. In questo modo si elimina il problema delle perdite causate ad esempio dall'umidità. Il governo americano sta cercando un sito per stoccare le scorie in modo perenne utilizzando questo metodo. Era stato individuato il sito geologico di Yucca Mountain, ma a causa dell'opposizione politica a livello locale, il progetto è stato abbandonato definitivamente. Attualmente la situazione è folle: ogni centrale tiene le proprie scorie all'interno di piscine nelle vicinanze dell'impianto. Non si sa che farne, in attesa di individuare un sito geologico. Peraltro nell'attesa questi depositi approssimativi sparsi qua e là sul territorio rappresentano un micidiale bersaglio terroristico: se il sito venisse colpito con un'arma convenzionale, disperderebbe le scorie nell'ambiente, provocando un'ecatombe.

Il premier italiano Berlusconi ha recentemente sottoscritto un accordo con i francesi per la costruzione di alcune centrali nucleari in Italia. Come giudica quest'idea?
La scelta di convertire il paese all'energia nucleare è un progetto a lungo termine. Prima di costruire le centrali bisogna pensare a due fattori. Primo, la rete elettrica nazionale deve essere sviluppata attorno a quest'idea: poche centrali ad altissima potenza determinano una rete che abbia nodi centrali che irradiano in tutta la periferia. Al contrario, impianti eolici o geotermici e piccole centrali determinano una rete leggera in grado di scambiare energia, piuttosto che canalizzarla lungo assi portanti. L'altro requisito importantissimo è l'identificazione di siti stoccaggio delle scorie nucleari che siano assolutamente sicuri dal punto di vista geologico: , devono poter contenere le scorie per migliaia di anni senza il rischio di perdite. Vedendo i problemi che avete a smaltire la spazzatura normale e il carattere sismico della penisola, quest'ultima mi sembra una seria sfida.

La scelta del nucleare è economicamente vantaggiosa?
Lasciando stare il terribile problema delle scorie, è chiaro che l'energia nucleare è completamente svantaggiosa. Costa da quattro a sei volte più del carbone, è persino più costosa dell'eolica. Richiede un enorme investimento iniziale di miliardi di dollari, che verrà ammortizzato solo in parte nel lunghissimo periodo, ovvero decine di anni. Inoltre, l'opinione pubblica è assolutamente contraria al nucleare. La verità è che se ne parla ancora soltanto perché il lavoro di lobby delle aziende produttrici è imponente e trasversale. Le faccio un esempio divertente. Mi trovavo recentemente ad un congresso sulla non-proliferazione: sono stato approcciato da una giovane donna estremamente avvenente. Solo dopo un'ora di conversazione, insospettito dalle sue domande insistenti, ho scoperto che si trattava di una lobbista dell'Areva [il colosso francese dell'energia nucleare, nda], che voleva in realtà convincermi della bontà delle proposte della sua azienda. La quantità di soldi e personale che le aziende investono per influenzare l'opinione pubblica è impressionante.

D'altra parte, c'è un caso in cui il nucleare a mio parere è l'unica soluzione ragionevole: la Cina. Se la Cina soddisfacesse il proprio fabbisogno energetico in rapida crescita costruendo centinaia di centrali a carbone, creerebbe una catastrofe ambientale. Non ha altra scelta che puntare sul nucleare, sicuramente migliore per quanto riguarda l'ambiente e il riscaldamento globale.

Ci sono speranze per riprendere il progetto di disarmo nucleare negli Stati Uniti?
La questione della deterrenza nucleare è ridicola, è ovvio a tutti che le armi nucleari sono le armi più costose ma anche più inutili che esistano: le uniche che non potranno mai essere usate! Mi segua per un momento: il paese mio vicino si sta dotando di armi nucleari; devo assolutamente dotarmene anch'io, perché se mi attaccasse, potrei rispondere adeguatamente... condannando il mio stesso paese all'olocausto nucleare! Fino a poco tempo fa, l'idea che gli Stati Uniti potessero liberarsi del proprio arsenale nucleare era appannaggio della sinistra estrema e degli ambientalisti. La questione del disarmo è fondamentale: se vogliamo bloccare la proliferazione in altre parti del mondo in modo credibile, dobbiamo per primi iniziare a disarmare il nostro paese.

La questione del disarmo è tornata alla ribalta due anni fa grazie ad un articolo apparso sul Wall Street Journal a firma di Kissinger ed altri tre vecchi saggi della politica americana. In breve, sostengono che mentre la deterrenza nucleare aveva una sua ragione d'essere durante la Guerra Fredda, ora l'esistenza stessa delle armi nucleari è sempre più rischiosa per via della situazione geopolitica asimmetrica e della crescente instabilità globale. Dunque, bisogna liberarsene al più presto, e gli Stati Uniti devono guidare la strada. Questo articolo fondamentale ha sdoganato la questione del disarmo, portandola all'ordine del giorno del dibattito politico. La speranza che entro quarant'anni il mondo sia finalmente libero dalla minaccia nucleare potrebbe non essere più un sogno.

da altrenotizie.org

Nuovo nucleare? Prima pensiamo ai vecchi rifiuti

E' inutile parlare di nuovo nucleare se prima non si smaltiscono le vecchie scorie. Così l'Anci, che riunisce tutti gli ex siti nucleari, compreso Caorso(PC) , chiede al Governo di fare chiarezza sul deposito nazionale per i rifiuti. Serve un luogo e tempi precisi, ha dichiarato l'Anci
Dismissione delle vecchie scorie nucleari prima di pensare alle nuove centrali. Questa, in sintesi, la richiesta al Governo da parte della Consulta dell'Anci. I sindaci dei comuni ex siti nucleari, fra i quali Caorso, chiedono a Palazzo Chigi di individuare il deposito nazionale per i rifiuti, prima di procedere con le centrali di nuova generazione.
Servono certezze sui tempi di realizzazione del deposito, hanno detto in Consulta i primi cittadini di Bosco Marengo, Trino Vercellese, Caorso, Roma, Latina, Sessa Aurunca, Rotondella, Ispra e Saluggia.

Non è escluso che l'Anci chieda urgentemente un incontro con il ministro per lo sviluppo economico Scajola: in questi giorni, il ddl sull'energia che reintrodurrebbe il nucleare, è già in discussione al Senato.

da radicalidisinistra.i

giovedì 19 marzo 2009

Le lobby del nucleare spaventate dallo sviluppo dell'eolico

Un mondo che fonda il soddisfacimento delle sue esigenze energetiche sulle fonti rinnovabili è un mondo in cui gli le grandi aziende del nucleare, che vivono tutte sull'assistenzialismo di Stato, sarebbero costrette a chiudere.

Cosi', pur di prevenire l'incubo di uno sviluppo "eccessivo" delle fonti rinnovabili, la francese Edf e la tedesca E.On, hanno iniziato a battersi, senza troppe cautele, contro i piani del governo britannico per lo sviluppo dell'energia eolica.

Se già era poco digeribile la stima svolta nel 2008 dal governo che, entro il 2020, il 30% dell'intera produzione energetica nazionale sarebbe stata garantita da energie rinnovabili (in primis eolico, ma anche solare, biocarburanti e biomassa),
l'ultimo studio del Dipartimento dell'energia è stato un autentico colpo al cuore (o meglio, al portafogli).

Secondo il Dipartimento dell'energia, grazie ai nuovi piani per lo sviluppo dell'eolico offshore, gli obiettivi inizialmente tracciati dal governo saranno abbondantemente superati. Entro il 2020, secondo il Dipartimento dell'energia, tutto il fabbisogno energetico delle famiglie britanniche sarà soddisfatto dall'eolico offshore. Con il contributo energetico delle altre fonti rinnovabili, al nucleare residuerebbe un ruolo limitato al completamento del bilanciamento dell'offerta nel solo settore industriale. Ed in prospettiva, con ulteriori investimenti nel settore delle rinnovabili, le centrali inglesi si ritroverebbero con l'essere fonti energetiche non solo costosissime, ma anche sostanzialmente superflue.

Le lobby del nucleare hanno preso molto sul serio i nuovi dati del Dipartimento dell'energia ed hanno denunciato il "pericolo" che i piani "eccessivi" del governo sul terreno della diffusione dell'eolico mettano a repentaglio la costruzione di "nuove centrali".

La E.on., temendo il peggio, ha deciso di entrare anche in alcuni progetti governativi sull'eolico che la stessa compagnia aveva giudicato, solo pochi mesi prima, come "irrealistici" e "troppo costosi".

da sostenibile.blogosfere.it

Nucleare: Solari (CGIL), Governo riduca prelievo su accise bollette

(ASCA) - Roma, 18 mar - ''Se veramente si vuole dare una risposta immediata alle famiglie e alle imprese una prima misura da prendere e' quella di ridurre il prelievo fiscale, diretto ed indiretto, a partire dalle accise sulle bollette''. E' quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari, in merito alle affermazioni di oggi del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola sul nucleare.

''Il ministro - aggiunge - insiste nell'affermare che l'Italia deve dotarsi del 25% di produzione d'energia elettrica da fonte nucleare per abbattere il costo del kwh''.

Per la realizzazione di quest'obbiettivo - fa sapere il dirigente sindacale - ''occorrono 8-10 centrali nucleari, con tempi di realizzazione di oltre 10-12 anni e quindi eventuali benefici, tutti da dimostrare, troppo lontani nel tempo''.

Per questo, afferma Solari, ''bisognerebbe partire dalla riduzione del prelievo fiscale a partire dalle accise sulle bollette perche' l'Italia non puo' continuare ad avere politiche energetiche improvvisate''.

''A quando - chiede il segretario confederali Cgil - la gia' annunciata conferenza sull'energia, appuntamento indispensabile per una seria programmazione? Quando intende realizzarla? O si preferisce fare solo propaganda?''.

Infine, sempre in merito alle affermazioni del ministro, ''che ci ricorda che dal primo di gennaio paghiamo oltre 4 milioni di euro al giorno per il mancato rispetto delle quote di emissione di CO2'', Solari conclude: ''vorremmo sapere cosa sta facendo il governo, per non far pesare sulle finanze pubbliche tali enormi cifre, nel campo del risparmio energetico o dello sviluppo delle fonti rinnovabili. A quanto ci risulta - conclude - molto poco e in maniera scoordinata''.


da asca.it

mercoledì 18 marzo 2009

Il veto scozzese

di Andrea Bertaglio

Ci sono molti motivi per amare la Scozia. La cordialità della sua popolazione, la bellezza dei suoi paesaggi, la forza delle sue tradizioni, la genuinità di tutto ciò che la rappresenta, il suo amore per l’indipendenza. Andare in Scozia è un’esperienza che consiglio a chiunque ami la natura, la bellezza e la semplicità. Il mio proposito, però, non è quello di una promozione turistica di questo fantastico paese, ma il fatto che, una volta di più, la bella Alba mi ha dato modo di amarla.
Quando in questo periodo si sente parlare di “veto”, può venire in mente la minaccia di farne uso che Silvio Berlusconi ha recentemente avanzato a Bruxelles, in modo da bloccare i tentativi del resto d’Europa di porre almeno una parvenza di rimedio alla grave questione delle emissioni di gas serra. Questa “ennesima ipocrisia” italiana, che non solo ci ha messo una volta di più in imbarazzo a livello internazionale, ma che ci fa soprattutto rischiare di perdere (anche) il treno delle energie rinnovabili e soprattutto dell’efficienza energetica, è diametralmente opposta al “veto” scozzese di questi ultimi giorni.
La Scozia, nonostante le pressioni in senso opposto del governo del Regno Unito di cui suo malgrado fa parte (basta sentire l’opinione della quasi totalità degli scozzesi che ritengono tutto ciò che è britannico, o meglio, ciò che è inglese, semplicemente brit-trash), ha ribadito il suo veto alla costruzione di centrali nucleari sul suo territorio. Le pressioni da Londra sono basate sul fatto che, secondo appunto il governo britannico, la scelta scozzese rischia di minare la politica energetica e la possibilità di far fronte al fabbisogno dell’intero Regno (1). Ossia quello che cercano di farci credere in Italia. Ma non è finita qui: col rifiuto di costruire nuove centrali nucleari, il Parlamento scozzese ha fatto anche presente di non avere intenzione di dare il via ad una serie di “grandi opere” che ne conseguivano. Il primo ministro Alex Salmond ha infatti affermato, riferendosi ad un piano energetico nazionale che sarà pronto entro il primo dicembre, che si è ormai vicini alla realizzazione di quella che da molto tempo è la loro visione, quella di una Scozia che possa essere la “capitale” europea dell’energia rinnovabile, massimizzandone i benefici sia a livello economico che ambientale. Il governo scozzese, inoltre, pensa che l’investimento per tale piano energetico rientrerà presto grazie alla ricchezza di risorse rinnovabili (vento e maree in particolare, ndr) ed al fatto che in questo modo verranno creati nuovi posti di lavoro, nuove figure professionali e verranno attirati investimenti (2). Gli stessi discorsi di Berlusconi e Prestigiacomo!
Che lascia ancora più perplessi è il fatto che, a differenza del Bel Paese, totalmente dipendente dall’estero per quanto riguarda le fonti di energia, nucleare inclusa, a meno che si decida a sua volta di puntare sulle rinnovabili e, Dio voglia, sull’efficienza energetica che a queste darebbe un senso, la Scozia (paese con poco più di cinque milioni di abitanti ed un estensione che è quasi un quarto di quella italiana) si ritrova ad avere, nei suoi mari, i più grandi giacimenti petroliferi dell’intera Unione Europea. Insomma, loro hanno petrolio più che a sufficienza per non avere nessuna forma di dipendenza dall’estero e puntano sulle rinnovabili per avviare una serie di nuove opportunità e per migliorare le condizioni ambientali (già buone, tra l’altro). Noi, invece, dopo decenni di dipendenza dal petrolio (straniero, ovviamente), vogliamo puntare il nostro futuro sui rischi nucleari e, ancora, sulla dipendenza dall’estero (questa volta per l’uranio). E sulle balle, visto che, oltre alla nostra dipendenza dall’estero, l’energia nucleare non ci farebbe pagare bollette meno salate, anzi. Come è possibile questo infinito non-senso italiano?
A proposito di bollette e tornando un attimo alle ipocrisie italiane, trattando la questione riguardante la decisione del governo Berlusconi dell’emendamento presentato a firma del Governo col quale si è eliminato di punto in bianco la scorsa estate l’obbligo di certificazione energetica degli edifici, il Commissario europeo sull’energia, Andris Piebalgs ha recentemente affermato: “Nel quadro della procedura d’infrazione già in corso per mancato rispetto della direttiva 2002/91/Ce sul rendimento energetico in edilizia, la Commissione europea chiederà alle autorità italiane di fornire informazioni sulla legge in questione e sulla sua compatibilità con la direttiva”. Visto che di informazioni plausibili da Roma (o da Arcore) non ne arriveranno, vuole dire che pagheremo altre sanzioni (oltre a quelle per i rifiuti in Campania, per Rete 4 e molte altre), o che ci conviene trasferirci in massa in Scozia?
Fonti:
(1): BBC News
(2): www.cnplus.co.uk

da informazionesenzafiltro.blogspot.com

No Nuke - Lester Brown

Il nucleare non passerà. La linea del Piave sarà la conoscenza dei cittadini. Infatti, chi conosce il nucleare, i suoi costi, i suoi effetti, gli enormi rischi, lo evita e manda a fanculo chi lo promuove. Il blog ha intervistato alcuni dei più importanti esperti di energia del mondo sul nucleare e sulle energie alternative. Le loro testimonianze saranno raccolte in un dvd dal titolo "No Nuke" disponibile in maggio.
Perchè lo psiconuke vuole il nucleare? Perchè lo vuole "presto" la Marcegaglia degli inceneritori? E' una questione di soldi, dei nostri soldi, delle notre tasse. L'industria del nucleare, in abbandono in tutto il mondo, ha bisogno di enormi investimenti, di aiuti permanenti da parte dello Stato. E' una grande torta che fa impallidire la tassa sulla bolletta dell'energia elettrica usata per gli inceneritori. Se il CIP6 ha succhiato miliardi dalle rinnovabili per darli agli industriali e ai petrolieri, il nucleare regalerà decine di miliardi di euro alla Confindustria e a messieur Sarkozy. L'industria nucleare francese ha bisogno di esportare le sue tecnologie per sopravvivere.
Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Lester Brown, da "No Nuke".
"La prima cosa che guardiamo all' Earth Policy Institute dove studiamo diverse forme di energia alternativa è il calcolo economico... La gente chiede: dovremmo convertirci al nucleare, o tornare al nucleare? Credo che negli Stati Uniti nessuno comperi più un reattore nucleare da 29 anni ormai... il costo delle tariffe elettriche di una centrale nucleare dovrebbe comprendere i costi per lo smaltimento delle scorie, il costo di un'assicurazione contro incidenti nucleari, il costo di costruzione e di smantellamento dell'impianto. Negli Stati Uniti abbiamo scoperto che il costo di smantellamento di una centrale è superore al costo di costruzione. Quando consideriamo la totalità dei costi, una centrale nucleare non esce nemmeno dalla scatola di montaggio: semplicemente non è competitiva... Negli Stati Uniti abbiamo 103 centrali nucleari, tutte vecchie di almeno trent'anni. Non esiste ancora una struttura di stoccaggio dei rifiuti permanente. Ma abbiamo investito 90 miliardi di dollari nello sviluppo di una struttura sotto lo Yucca, in Nevada... E' un investimento di un miliardo di dollari a centrale, è straordinariamente costoso... Quello che cercano di fare gli operatori è scaricare i costi sui governi e quindi sulle tasse dei contrbuenti. Perchè sanno che se dovessero inserire i costi nelle bollette dell'elettricità, i consumatori non lo accetterebbero..."

da beppegrillo.it

L'Italia e i costi imprevisti del nucleare

Solo due settimane fa analizzavo la "nuova" politica nuclearista del governo italiano, confrontando cifra per cifra la situazione di un paese come il nostro che decide nel 2009 di cominciare ad impiegare il nucleare ed un altro come la Spagna che non oltre il 2020 ne sarà totalmente privo.

Uno degli innumerevoli fattori a sfavore delle scelte nostrane consisteva nell'elevatissimo costo di costruzione di queste "modernissime" centrali: circa 4 miliardi di euro il costo di una singola centrale EPR da 1.6 GW. Uso l'imperfetto "consisteva" non a caso. Tra poco vedremo il perchè...

L'accordo tra EDF (ente energetico francese) ed ENEL prevede la costruzione di ben 4 centrali da dispiegare sul territorio italiano, per un costo complessivo, quindi, di circa 16 miliardi di euro, ovvero quanto l'Italia spende per l'importazione di energia elettrica dall'estero in più di 10 anni.
Tutto questo senza considerare i costi di manutenzione (decisamente maggiori rispetto alle tecnologie "pulite") e delle materie prime (il prezzo dell'uranio naturale è salito dai 37.5 dollari per libbra del gennaio 2006 ai 113 dollari per libbra dell'aprile 2007, un aumento del 300% in 15 mesi!).

In tutta questa faccenda, per nulla conclusa e difficilmente invertibile vista la tenacia e l'avventatezza con cui si è intrapreso questo percorso molto accidentato, si è infilata una recente notizia proveniente dall'estero, dalla Finlandia per l'esattezza, che dovrebbe far riflettere e non poco i nostri fervidi nuclearisti di governo, ma che invece è stata fatta passare sotto silenzio per l'ennesima volta.

L'isola di Olkiluoto, appartenente al comune di Eurajoki (meno di 6 mila abitanti), è celebre nello stato finlandese poiché in essa avverrà la costruzione della più discussa centrale nucleare degli ultimi anni: l'impianto EPR Olkiluoto 3.
Ci interessa questo impianto per un motivo particolare: la centrale è del tutto identica a quelle che popoleranno entro il 2020 il nostro paese.
Il costo preventivato per questa centrale consisteva inizialmente in 3,2 miliardi di euro, con un tempo di realizzazione di 3 anni. Doveva essere inaugurata questo stesso anno, il 2009. Eppure, in soli 3 anni di lavoro, sono stati accumulati già ben più di 3 anni di ritardo. La centrale non sarà pronta nemmeno per il 2012.

Non solo, il costo iniziale pari a 3,2 miliardi è salito "magicamente" di 1,7 miliardi di euro: 5 miliardi è la stima attuale del costo di una sola centrale secondo Areva, il costruttore francese responsabile della centrale assieme all'ente energetico nazionale finlandese TVO.
Infine, secondo quanto riporta la testata giornalistica finlandese Kauppalehti, i costi aggiuntivi che i cittadini dello stato scandinavo saranno costretti ad accollarsi sulle proprie bollette, oltre a quelli già preventivati, saranno pari ad oltre 3,5 miliardi di euro.

Tutto ciò, naturalmente, rappresenta tutto sommato una previsione fin troppo ottimistica, giacché i due "costruttori" stanno impiegando gran parte del loro tempo con sfide legali ad alta tensione, con richieste di risarcimento reciproche di oltre 2 miliardi di euro.

Per terminare, si aggiunga quanto riferito da Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, il quale riporta la notizia delle 2100 "non conformità" rilevate dall'Autorità di Sicurezza Nucleare Finlandese.

Ora prendete questa storia, ambientata nell'efficiente Finlandia, con la centrale nucleare identica alle 4 future centrali italiane, aggiungete il costruttore francese così come l'avremo noi in Italia, l'aumento dei costi, gli enormi ritardi, le cause di risarcimento e trasportate il tutto nella nostra penisola.
Cosa pensate ci dovremo aspettare?

da alessandrotauro.blogspot.com

L'Italia e la favola del nucleare

di Francesca Santolini

In questi giorni stiamo assistendo ad un’intensa azione del governo sull’opinione pubblica italiana per favorire il clima necessario alla realizzazione sul nostro territorio di centrali nucleari. Esempio lampante di questa campagna è la puntata di Porta a Porta di alcuni giorni fa, orchestrata abilmente dal diabolico conduttore: al Ministro Scajola, sorridente e rassicurante nell’esporre la convenienza di un cambiamento di rotta dell’Italia sul nucleare, Vespa ha opposto due esponenti dell’opposizione totalmente inadeguati a contrastare credibilmente l’operato del governo su questo tema: Pierferdinando Casini, che ha fatto del nucleare uno dei punti principali della sua campagna elettorale terzo polista, e l’ex ministro Ferrero, oggi segretario di Rifondazione, che oppone alle superficiali parole del ministro le stesse argomentazioni di vent’anni fa agitando lo spettro di Cernobyl. Gli Italiani assistono spaesati in una guerra di slogan dalla quale esce spesso trionfatore il centrodestra che come sempre riesce meglio a parlare “alla pancia” degli italiani motivando la scelta sul nucleare con argomentazioni economiche e favoleggiando risparmi tangibili sulla bolletta energetica di cittadini e imprese.

Nessuno dice però che scegliere il nucleare può comportare un risparmio sulla bolletta individuale ma comporta un pesante aggravio per le casse dello Stato. Costruire una centrale, e poi chiuderla al termine della sua attività e occuparsi di smaltire le scorie, produce costi di molti miliardi di euro che vanno a carico dello Stato, unico soggetto a disporre delle risorse necessarie ad avviare una politica nucleare.

Nessuno dice che i pochi euro di risparmio tangibile per gli Italiani in bolletta corrisponderebbero a molti di più che lo Stato sarebbe costretto a reperire sempre dalle tasche dei cittadini attraverso un aumento della pressione fiscale, riprendendosi con gli interessi un risparmio solo apparente.

E’ questa motivazione, economico finanziaria prima che ambientale, che dovrebbe divenire la parola chiave per una battaglia politica di opposizione all’introduzione in Italia di Centrali Nucleari. In un momento in cui gli Stati Uniti di Obama guardano all’autosufficienza energetica attraverso il ricorso alle energie alternative e rinnovabili ed in Europa si pensa più a chiudere le centrali esistenti che a costruirne di nuove l’Italia rischia di arrivare ancora una volta in ritardo sotto due punti di vista. Sotto il profilo politico economico decidendo di cominciare a puntare oggi su un settore che non offre garanzie per il futuro acuendo il ritardo del nostro sistema energetico ed economico da quello dei paesi più avanzati che stanno già sperimentando nuove strade. Sotto il profilo culturale sviluppando un dibattito tra favorevoli e contrari al nucleare incentrato su argomentazioni vecchie di almeno vent’anni, che appare distante anni luce dal confronto che avviene nel resto d’Europa.
Molti Stati europei stanno abbandonando il nucleare: la Germania, che è indubbiamente il Paese europeo più avanzato in fatto di ricerca tecnologica, ha deciso di dismettere gradualmente i suoi 17 impianti e sta puntando sulla produzione di energia solare. Lo stesso sta facendo il Belgio, mentre Gran Bretagna e Finlandia, gli unici che programmano costruzioni di nuove centrali, prevedono tempi lunghissimi di realizzazione e costi astronomici che possono anche raddoppiare in corso d’opera. E’ il caso della Finlandia, la cui nuova centrale costerà oltre 4 miliardi di euro invece dei 2,5 previsti.

Se Paesi che hanno amministrazioni efficienti e che spendono in ricerca infinitamente più dell’Italia incontrano difficoltà così grandi nella costruzione di nuove centrali, si può prevedere che da noi i costi e i tempi di realizzazione supereranno quelli di Finlandia e Gran Bretagna. E ci ritroveremo, fra 15 o 20 anni, con una decina di miliardi in meno e un paio di centrali ormai completamente superate sul piano tecnologico.
Chi sa fare i conti e si preoccupa di non sprecare le risorse pubbliche tiene conto di questi argomenti. E’ per questo che negli Stati Uniti si è sospesa la costruzione di centrali di terza generazione, che sfruttavano tecnologie militari ormai superate, e si sono concentrati gli sforzi sullo studio di una quarta generazione più sicura e più vantaggiosa.
Si potrebbero ricordare altre obiezioni, come la scarsa quantità di uranio disponibile sul mercato e la crescita del suo costo, gli enormi consumi d’acqua richiesti dalle centrali attuali, l’incertezza sui costi dello smaltimento. Tutte questioni alle quali il governo non ha dato risposta, limitandosi a ripetere i soliti slogan e a impedire che l’informazione approfondisca queste questioni.

Ma l’opinione pubblica italiana ha il diritto di essere informata correttamente e tecnicamente sulle politiche degli altri Paesi, sugli svantaggi economici della scelta nucleare, sui problemi tecnici che la progettazione incontra, invece di esser condannata a televisioni e giornali che ripetono il solito ritornello che oppone la “pragmatica” destra alla “sinistra nel no”.

La responsabilità del mondo dell’informazione in questo frangente sono evidenti. Non si promuove una corretta informazione perché ampi settori economici e finanziari hanno già deciso che gli investimenti pubblici necessari ad avviare una politica nucleare servono subito a rilanciare l’industria pesante di un paese che dovrebbe trovare altrove e in altri settori il cuore della propria economia. E questo condiziona in maniera lampante editori, direttori e giornalisti, del settore pubblico e del privato. Bruno Vespa che oppone Scajola a Ferrero non offrendo spazio ad un’opposizione credibile e pragmatica e i partiti di centrosinistra incapaci di avviare su questo tema una campagna moderna e convincente sono due campanelli che suonano per segnalare lo stesso allarme.

L’Italia è un paese dove politica ed informazione camminano a braccetto allontanandosi ogni giorno dalle proprie ragioni di essere. Dove il mantenimento dello status quo, politico ed economico, e la difesa dei grandi interessi economici e finanziari contano di più del bene comune, del benessere, della salute e del futuro dei cittadini italiani. Lanciare una grande campagna di opposizione politico economica al nucleare e di sensibilizzazione per una corretta informazione nel nostro paese sono quindi due strade per raggiungere la stessa stazione d’arrivo: un Italia capace di cambiare marcia e cominciare a vivere il proprio presente in funzione del proprio futuro e non a compromettere costantemente il domani in difesa degli interessi dell’oggi.

Il referendum abrogativo sul "nucleare" del 8-9 novembre 1987

L' 8-9 novembre 1987 si votò in Italia per cinque quesiti referendari: due sulla giustizia e tre sul nucleare. Qui si tratteranno solo i tre referendum relativi al nucleare.
Ci sono alcuni motivi da tenere presente nel considerare l' istituto del referendum, che in occasione del cosiddetto "referendum sul nucleare" (o "referendum antinucleare") non è stato e non poteva essere "nucleare si, nucleare no".

Il primo motivo è che le uniche risposte possibili alle domande di un referendum sono “si” e “no”; non è possibile dare alternative, cioè fare una scelta diversa. Per esempio, se il referendum mi chiedesse se sono d’accordo ad eliminare (mettiamo) la camera dei deputati, io non potrei rispondere che non voglio la totale eliminazione, ma, supponiamo, semplicemente la riduzione del numero di deputati da 630 a 600; dovrei giocoforza scegliere tra la conservazione dello situazione attuale o la sua abolizione.
Il secondo motivo è che il referendum è puramente abrogativo (vedi articolo 75 della Costituzione della Repubblica Italiana): cioè, può essere utilizzato soltanto per abolire una legge esistente, e non per proporre una legge nuova. La proposta di una nuova legge di iniziativa popolare può essere presentata se sottoscritta da almeno cinquantamila elettori (art. 71 e 72 della Costituzione), ma dovrà poi comunque seguire l’iter di qualunque altra proposta di legge, cioè essere esaminata da una commissione e poi dalle due camere ed approvata articolo per articolo.
Il terzo motivo è che il referendum permette non solo l’abrogazione totale, ma anche quella parziale di una legge; ciò significa che di una legge composta di cento articoli è possibile abolirne magari uno solo, il che può rendere un’intera legge praticamente inapplicabile a causa di un solo articolo annullato.

Come detto, contemporaneamente si votò per tre referendum relativi al nucleare. Le tre domande che furono rivolte ai cittadini elettori italiani furono le seguenti (se ne riporta il senso, più che il contenuto esatto):

  1. Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti?
    (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento", previste dal 13° comma dell'articolo unico legge 10/1/1983 n.8)
  2. Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?
    (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge)
  3. Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero?
    (questa norma è contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la N.856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’ENEL).



Dunque, all' atto pratico, con le tre domande si domandava di cancellare alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti energetici: la prima era stata creata per evitare che il sindaco di un piccolo paese di duemila abitanti dove era previsto l’insediamento di una centrale nucleare potesse opporsi ad oltranza, mentre la seconda era la cosiddetta “monetizzazione del rischio” per i comuni che ospitavano impianti di produzione di energia (non necessariamente nucleari, ma anche a carbone).

Qui sotto sono riportati i risultati dei tre "referendum sul nucleare": in tutti e tre i casi vinse il SI all'abrogazione.

1- Referendum per l' abolizione della procedura
per la localizzazione delle centrali elettronucleari


Elettori 45.869.897

Votanti 29.862.376

% Votanti 65,1

Astenuti 16.007.521

% sugli Elettori 34,9
Voti Validi RISPOSTA AFFERMATIVA 20.984.110

% 80,6

RISPOSTA NEGATIVA 5.059.819

% 19,4

Totale 26.043.929
Voti non Validi Totale 3.818.447

% sui Votanti 12,8

Schede Bianche 2.536.648

% sui Votanti 8,5

2 - Referendum per l' abolizione dei contributi a regioni e
comuni sedi di impianti elettronucleari


Elettori 45.870.230

Votanti 29.871.570

% Votanti 65,1

Astenuti 15.998.660

% sugli Elettori 34,9
Voti Validi RISPOSTA AFFERMATIVA 20.618.624

% 79,7

RISPOSTA NEGATIVA 5.247.887

% 20,3

Totale 25.866.511
Voti non Validi Totale 4.005.059

% sui Votanti 13,4

Schede Bianche 2.654.572

% sui Votanti 8,9

3 - Referendum per l' abolizione della partecipazione dell' Enel
alla realizzazione di impianti elettronucleari all'estero


Elettori 45.849.287

Votanti 29.855.604

% Votanti 65,1

Astenuti 15.993.683

% sugli Elettori 34,5
Voti Validi RISPOSTA AFFERMATIVA 18.795.852

% 71,9

RISPOSTA NEGATIVA 7.361.666

% 28,1

Totale 26.157.518
Voti non Validi Totale 3.698.086

% sui Votanti 12,4

Schede Bianche 2.388.117

% sui Votanti 8,0


(fonte: "Ministero dell' Interno" - Dipartimento per gli Affari interni e territoriali - Direzione Centrale dei Servizi Elettorali )


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Tuttavia i referendum, così come erano stati formulati, non permisero agli italiani di esprimersi anche su un altro quesito: se permettere di comprare o meno energia elettrica prodotta da centrali nucleari all' estero. Ecco perchè ancora oggi l' Italia può comprare energia nucleare dalla Francia.

Il Governo, considerati i risultati del referendum, procedette alla sospensione dei lavori della centrale di Trino 2 (Vercelli), alla chiusura della centrale di Latina, alla verifica della sicurezza delle centrali di Caorso (Piacenza) e di Trino 1 (Vercelli) e della fattibilità di riconversione della centrale di Montalto di Castro (Viterbo).

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Dunque con il referendum abrogativo del 1987 è stato "di fatto" sancito l'abbandono, da parte dell'Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. In attuazione di detto referendum, infatti, nel 1988 il Governo italiano, in sede di approvazione del nuovo «Piano energetico nazionale», ha deliberato la moratoria nell'utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, lanciando nel contempo un programma per l'arresto, a breve, dell'assemblaggio di combustibile nucleare.
Con detta procedura, si è pertanto posto il problema dello smantellamento delle centrali nucleari esistenti e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dal funzionamento delle stesse. A questo problema hanno dato concretamente seguito, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, varie delibere del CIPE, che hanno disposto la chiusura definitiva degli impianti interessati. Tra dette delibere, si segnalano in particolare quelle relative alle centrali di Trino Vercellese e Caorso (luglio 1990), che avevano già provveduto, peraltro, alla preventiva fermata degli impianti nel marzo del 1987.
E in linea generale negli anni subito successivi (tra il 1987 e il 1995), ci si è preoccupati soprattutto di procedere alla definitiva ed effettiva chiusura degli impianti in esercizio.

da zonanucleare.com