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mercoledì 18 marzo 2009

Il veto scozzese

di Andrea Bertaglio

Ci sono molti motivi per amare la Scozia. La cordialità della sua popolazione, la bellezza dei suoi paesaggi, la forza delle sue tradizioni, la genuinità di tutto ciò che la rappresenta, il suo amore per l’indipendenza. Andare in Scozia è un’esperienza che consiglio a chiunque ami la natura, la bellezza e la semplicità. Il mio proposito, però, non è quello di una promozione turistica di questo fantastico paese, ma il fatto che, una volta di più, la bella Alba mi ha dato modo di amarla.
Quando in questo periodo si sente parlare di “veto”, può venire in mente la minaccia di farne uso che Silvio Berlusconi ha recentemente avanzato a Bruxelles, in modo da bloccare i tentativi del resto d’Europa di porre almeno una parvenza di rimedio alla grave questione delle emissioni di gas serra. Questa “ennesima ipocrisia” italiana, che non solo ci ha messo una volta di più in imbarazzo a livello internazionale, ma che ci fa soprattutto rischiare di perdere (anche) il treno delle energie rinnovabili e soprattutto dell’efficienza energetica, è diametralmente opposta al “veto” scozzese di questi ultimi giorni.
La Scozia, nonostante le pressioni in senso opposto del governo del Regno Unito di cui suo malgrado fa parte (basta sentire l’opinione della quasi totalità degli scozzesi che ritengono tutto ciò che è britannico, o meglio, ciò che è inglese, semplicemente brit-trash), ha ribadito il suo veto alla costruzione di centrali nucleari sul suo territorio. Le pressioni da Londra sono basate sul fatto che, secondo appunto il governo britannico, la scelta scozzese rischia di minare la politica energetica e la possibilità di far fronte al fabbisogno dell’intero Regno (1). Ossia quello che cercano di farci credere in Italia. Ma non è finita qui: col rifiuto di costruire nuove centrali nucleari, il Parlamento scozzese ha fatto anche presente di non avere intenzione di dare il via ad una serie di “grandi opere” che ne conseguivano. Il primo ministro Alex Salmond ha infatti affermato, riferendosi ad un piano energetico nazionale che sarà pronto entro il primo dicembre, che si è ormai vicini alla realizzazione di quella che da molto tempo è la loro visione, quella di una Scozia che possa essere la “capitale” europea dell’energia rinnovabile, massimizzandone i benefici sia a livello economico che ambientale. Il governo scozzese, inoltre, pensa che l’investimento per tale piano energetico rientrerà presto grazie alla ricchezza di risorse rinnovabili (vento e maree in particolare, ndr) ed al fatto che in questo modo verranno creati nuovi posti di lavoro, nuove figure professionali e verranno attirati investimenti (2). Gli stessi discorsi di Berlusconi e Prestigiacomo!
Che lascia ancora più perplessi è il fatto che, a differenza del Bel Paese, totalmente dipendente dall’estero per quanto riguarda le fonti di energia, nucleare inclusa, a meno che si decida a sua volta di puntare sulle rinnovabili e, Dio voglia, sull’efficienza energetica che a queste darebbe un senso, la Scozia (paese con poco più di cinque milioni di abitanti ed un estensione che è quasi un quarto di quella italiana) si ritrova ad avere, nei suoi mari, i più grandi giacimenti petroliferi dell’intera Unione Europea. Insomma, loro hanno petrolio più che a sufficienza per non avere nessuna forma di dipendenza dall’estero e puntano sulle rinnovabili per avviare una serie di nuove opportunità e per migliorare le condizioni ambientali (già buone, tra l’altro). Noi, invece, dopo decenni di dipendenza dal petrolio (straniero, ovviamente), vogliamo puntare il nostro futuro sui rischi nucleari e, ancora, sulla dipendenza dall’estero (questa volta per l’uranio). E sulle balle, visto che, oltre alla nostra dipendenza dall’estero, l’energia nucleare non ci farebbe pagare bollette meno salate, anzi. Come è possibile questo infinito non-senso italiano?
A proposito di bollette e tornando un attimo alle ipocrisie italiane, trattando la questione riguardante la decisione del governo Berlusconi dell’emendamento presentato a firma del Governo col quale si è eliminato di punto in bianco la scorsa estate l’obbligo di certificazione energetica degli edifici, il Commissario europeo sull’energia, Andris Piebalgs ha recentemente affermato: “Nel quadro della procedura d’infrazione già in corso per mancato rispetto della direttiva 2002/91/Ce sul rendimento energetico in edilizia, la Commissione europea chiederà alle autorità italiane di fornire informazioni sulla legge in questione e sulla sua compatibilità con la direttiva”. Visto che di informazioni plausibili da Roma (o da Arcore) non ne arriveranno, vuole dire che pagheremo altre sanzioni (oltre a quelle per i rifiuti in Campania, per Rete 4 e molte altre), o che ci conviene trasferirci in massa in Scozia?
Fonti:
(1): BBC News
(2): www.cnplus.co.uk

da informazionesenzafiltro.blogspot.com

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