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venerdì 6 marzo 2009

Ritorno al nucleare: una scelta che lascia senza parole

Intervista al Prof. Gianni Mattioli
Fisico e docente presso "La Sapienza" e leader storico dell’ambientalismo italiano


Con il referendum abrogativo del 1987 è stato "di fatto" sancito l’abbandono da parte dell’Italia del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. Di lì a poco le quattro centrali nucleari in Italia furono chiuse.
Che cosa rappresentarono quegli anni e perché si arrivò a quella scelta?

È inutile dire che l’energia nucleare era già in crisi in tutto il mondo perché, soprattutto dopo l’incidente di Three Miles Island (Pennsylvania) del 1979, nei paesi industrializzati a cominciare dagli Stati Uniti, si rarefacevano sempre di più gli ordinativi di nuovi impianti.
Il colpo di grazia poi è all’incidente di Chernobyl nel 1986, ma attenzione, non è una vicenda soltanto italiana perché, non solo negli Stati Uniti rimase l’assenza di qualsiasi nuovo ordinativo d’impianto, ma anche un paese leader la Francia dal 1991 cessa nuovi ordinativi. La riflessione sulla sicurezza degli impianti, ma anche sui costi e sulla disponibilità dell’uranio, mettevano in crisi questa tecnologia e la cosa è tuttora attuale tanto che nel 2006-2007 l’Agenzia per l’Energia Atomica delle Nazioni Unite, la AIEA, prevede un continuo, seppur graduale ridimensionamento del contributo dell’energia nucleare, già oggi piuttosto limitato. L’energia nucleare copre nel mondo il 5% della domanda di energia complessiva e appena il 15% dei consumi di energia elettrica. Ebbene secondo la AIEA questi consumi al 2030 saranno ulteriormente scesi di alcuni punti percentuali.

Arriviamo ormai alle soglie del 2009, si parla sempre più spesso della necessità di investire verso fonti di energia rinnovabili. Gli stessi Stati Uniti guardano altrove. Quali sono gli interessi economici che stanno dietro a questo "ritorno al nucleare?
Questa è una bella domanda. Non voglio fare dietrologia, non voglio dir male di chi governa, mi limito a dire che deve esserci un grosso tasso di ignoranza, poi fate l’uso che credete di questa mia ingenuità.
Insomma, noi siamo tenuti dalla decisione del 2007 dell’Unione Europea a ridurre i consumi del 20% e a coprire i consumi per il 20% con fonti pulite e rinnovabili. Nella decisione dell’Unione Europea non c’è neanche uno spillo nucleare. Berlusconi pensa per la stessa data, il 2020, di coprire il 25% di energia elettrica con il nucleare. Ora l’energia elettrica è 1/5 dei consumi complessivi di energia, quindi un grande onere ma per una piccola risposta al problema energetico.
Dico un grande onere perché quale che sia la scelta che noi vogliamo fare, sia che scegliamo i reattori così strombazzati da Berlusconi, sia che scegliamo la via dell’Europa quindi fonti rinnovabili e risparmio energetico, se vogliamo avere una gestione attiva delle licenze, siano quelle nucleari, quelle per il sole o per il vento, dovremmo mobilitare un potenziale di ricerca scientifica, di imprese, economico e anche di tessuto istituzionale e sociale. Per fare i reattori ci vuole il consenso dei cittadini; per fare una grande e diffusa utilizzazione del sole bisogna che i cittadini i pannelli solari se li mettano sul tetto... Quindi bisogna impegnarsi a fondo e le due scelte, concretamente non sono compatibili fra di loro.

Ecco, giustamente sottolineava alcuni aspetti che riguardano la possibilità di guardare a un altro tipo di scelta. Forse il modello che ci viene presentato, ci porta ad un vecchio modello produttivo, che non è in grado di fare i conti con quello che è lo stato attuale di questa crisi strutturale che stiamo vivendo...
Condivido pienamente quello che dice e questa è la strategia verso la quale, come tutti sanno, è orientata anche la nuova amministrazione americana, ma sono sogni? Guardiamo quello che sta succedendo in Germania, in Danimarca, in Spagna, paesi che si sono lanciati con decisione sulla via, sulla prospettiva delle fonti rinnovabili e pulite e delle tecnologie di risparmio energetico. Ebbene, in questi paesi è decollata un’attività produttiva che oggi, non da solo significativi risultati dal punto di vista energetico. In Germania, ad esempio, ci sono qualcosa come dieci volte tanto i pannelli solari che ci sono in Italia, con effetti dell’ordine di 250 mila posti di lavoro e Obama punta a milioni di posti di lavoro in questo settore.
Io francamente se guardo a queste scelte del governo resto senza parole, al più posso dire che è una banda di ignoranti che non si guarda neanche intorno. Capisco gli inni che si fanno in questi giorni alle condizioni favorevoli che l’accordo con la Francia sul nucleare darebbe a qualche impresa italiana. E lo credo, questi grandi paesi nucleari, la Francia o gli Stati Uniti, hanno di fronte un mercato mondiale di impianti, che ormai, come ho detto, si va sempre più restringendo, hanno un bisogno vitale di piazzare da qualche parte questi impianti. Quindi la Francia, cercando di vincere la competizione con gli Stati Uniti, fa porte d’oro alle imprese italiane.
Teniamo anche conto poi di un aspetto che è fondamentale e su cui non si riesce a capire chi sia che fornisce informazioni al governo. Insomma attualmente l’energia nucleare copre nel mondo una piccola quota, il 5% dell’energia complessiva e il 15% dell’energia elettrica, ma l’energia elettrica come ho detto è una piccola quota è 1/5 della energia complessiva che si usa. Ora, pur a questo ritmo modestissimo c’è uranio 235, ce n’è per 50-70 anni se noi volessimo portare il contributo dell’uranio alla energia elettrica, non dico al livello dei combustibili fossili che è il 66% ma dimezzare il contributo dei combustibili fossili, dovremmo triplicare il contributo dell’energia nucleare e quindi quei 70 anni diventerebbero poco più di una ventina. Quale autonomia, ma perché dire queste menzogne al paese? Conquistare maggiore autonomia, ma perché noi produciamo uranio? Ma cosa sono queste sciocchezze, neanche in Europa si produce uranio, sono scandalizzato per l’ignoranza...

Il governo tenterà di imporre questa scelta. Anche in questo caso il presidente del Consiglio ha comunicato questa decisione dopo aver già firmato gli accordi. Una pratica un po’ inconsueta, non credi?
Già ma il Presidente del Consiglio insiste per la sua via in cui la democrazia non è la cosa che gli stia più a cuore mi pare.


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