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martedì 10 marzo 2009

"Incapaci di smaltire il pattume normale, figuriamoci il nucleare"

25 febbraio 2009 - "Il nucleare non è la soluzione ai problemi energetici dell'Italia". Piuttosto sviluppare l'uso di energie rinnovabili quali il Sole, una fonte che durerà per altri 4 miliardi di anni, "una stazione di servizio sempre aperta", un'immensa quantità di energia, "10mila volte quella che l'umanità consuma". Il professor Vincenzo Balzani, docente di Chimica generale e inorganica e membro del Photochemistry and Supramolecular Chemistry Group dell'Università di Bologna, ne è convinto: dire "no" al nucleare e "sì" alle fonti alternative e al risparmio energetico significa "gettare le basi per un positivo sviluppo tecnologico industriale e occupazionale del nostro Paese, senza porre pericolosi fardelli sulle spalle delle generazioni future". Ma Berlusconi ha deciso, pronti a mettere in opera 4 nuove centrali nucleari. "Abbiamo lanciato una petizione a cui hanno aderito circa 1800 scienziati e più di 7mila semplici cittadini: perché il governo non ha aperto un tavolo con gli esperti sull'energia?".

Nessun tavolo scientifico, professore?
"Abbiamo scritto a Berlusconi e anche a Scajola e questo ci ha fatto ricevere dal segretario scientifico, Claudio Nardone, al ministero. Gli abbiamo illustrato le nostre ragioni e la cosa è finita lì. E' una questione importante quella dell'energia, come la bioetica. Qui si ipoteca il futuro di due o tre generazioni".

Secondo lei dunque l'accordo siglato dall'Italia con la Francia sul nucleare non risolverà il problema energetico italiano?
"Certo che no e per molti motivi. A cominciare da quelli economici: chi metterà i soldi? Ovviamente lo Stato anche se dicono che saranno imprenditori privati. Chi mai investirà in un'impresa che costerà almeno all'inizio cinque miliardi di euro, che poi strada facendo potrebbero diventare 10 e per un periodo non inferiore ai 10 anni. In un paese normale per fare una centrale nucleare ci vogliono dieci anni e il nostro paese sappiamo benissimo com'è: in 10 anni si fa a malapena una scuola".

E' solo un problema di costi e tempi?
"I tempi sono importanti, prima si parlava del 2014 per la prima centrale ora sono già al 2020. E poi i siti dove dovrebbero sorgere le strutture, non si sa ancora niente. Senza contare il fatto che a costi altissimi corrisponde la produzione solo del 20 per cento dell'elettricità che serve all'Italia e l'elettricità a sua volta è solo il 20 per cento dell'intero consumo di energia".

Le proteste di Scanzano Ionico e della Sardegna di alcuni anni fa ci insegnano poi che l'Italia non ha dimestichezza con lo stoccaggio delle scorie nucleari.
"Faccio solo l'esempio degli Stati Uniti dove stanno scavando una montagna chiamata Yucca Mountain nel Nevada per fare un sito permanente, ci lavorano da anni spendendo non si sa quanti milioni di dollari. Le ultime notizie dicono che il sito non potrà mai essere aperto perché nessuno è in grado di garantire che sia veramente sicuro per decine di migliaia di anni. E se questo problema non l'hanno risolto gli Stati uniti, il paese teconologicamente più avanti al mondo, figuriamoci se possiamo risolverlo noi. In Italia non siamo capaci di smaltire il pattume normale, vedi Napoli, figuriamoci le scorie nucleari".

Su questo frangente la scienza dove è arrivata?
"La scienza è ancora lontana dal trovare la soluzione: negli Stati Uniti hanno concluso che l'unico modo è quello di cercare siti sottoterra, siti geologicamente sicuri, che impediscano che le scorie vengano sparse nell'ambiente e da cui non vengono più tirate fuori. Per ora non c'è altro".

Ma se ci sono tutti questi problemi perché, come si dice, il nucleare è in forte espansione?
"Perché questo non è affatto vero: si può verificare facilmente che il numero di centrali nucleari da vent'anni è quasi costante, 440 al mondo. E che negli ultimi anni il numero di centrali che viene chiuso è superiore a quello che viene aperto: per esempio entro il 2015 si apriranno 30 centrali ma se ne chiuderanno 90. Quindi non è affatto vero che il nucleare è in pieno sviluppo, anzi è in declino".

Parliamo di sicurezza: quanto sono affidabili le centrali nucleari?
"E' chiaro che queste centrali di terza generazione sono più sicure delle precedenti. Ma chi ci lavora dentro sono sempre gli uomini e gli uomini possono sbagliare. Sappiamo appunto degli incidenti in Francia e pensiamo a quello che non ci dicono: cosa ne sappiamo noi di cosa ci possono nascondere? Comunque la questione decisiva secondo me è questa: gli Stati Uniti, la nazione più avanti tecnologicamente del mondo, cosa fa oggi? Non costruisce certamente centrali nucleari. Basta vedere qual è la politica energetica di Obama che punta tutto sullo sviluppo di energie alternative. Se rinunciano loro al nucleare ci sarà un motivo".

Però possiamo fare l'esempio della Francia che invece sul nucleare ha puntato tutto.
"Chi sviluppa oggi il nucleare? Quei paesi dove non c'è democrazia per esempio Iran, Pakistan, Corea del Nord. E poi c'è la Francia che ha questa situazione stranissima per cui ha delle centrali da vendere. Ma i motivi sono da ricercarsi nella volontà di costruirsi la bomba atomica. E poi la Francia, nonostante tutto il nucleare che ha, consuma petrolio come l'Italia e ha circa gli stessi abitanti. Questo dimostra che il nucleare non risolve i problemi dell'energia. Noi con quattro centrali nuove facciamo ridere. Se da qui al 2020 risparmiassimo il 5% dell'energia che sciupiamo avremmo risolto il problema".

Ma allora secondo la sua analisi chi ci guadagna?
"Di sicuro la Francia perché esporta la tecnologia. Noi al contrrario non abbiamo nessun interesse reale a riceverla, perché noi adesso importiamo petrolio e domani cosa importeremo? Uranio. Noi non abbiamo neanche un grammo di uranio. E quindi che indipendenza energetica rincorriamo? L'unico modo per risolvere il problema sarebbe sviluppare quello che abbiamo, cioè l'energia solare come già fanno già la Germania, la Spagna o la Danimarca. La soluzione sta nelle energie rinnovabili".

Ma forse il sole da solo non basta: il ministro Scajola inserisce il nucleare in un panorama di diversificazione delle risorse energetiche.
"Ma scusi: non abbiamo la tecnologia, non abbiamo l'uranio di che diversificazione stiamo parlando? A parte il fatto che da un punto di vista globale lo sviluppo di queste centrali nucleari in tanti paesi è un disastro: ogni stato che produce nucleare un domani potrà realizzare la bomba atomica. Non sarà certamente così che si risolvono i problemi globali. Per esempio, come si farà a dare energia ai paesi africani? I francesi andranno là, metteranno le loro centrali nucleari cioè colonizzeranno un'altra volta l'Africa? Questa questione fa acqua sotto ogni aspetto. E se ne parla troppo poco e quelli che ne parlano spesso non hanno competenze o esperienze in materia scientifica. C'è troppa disinformazione".

La comunità scientifica tagliata fuori?
"Esatto, il governo apra un tavolo. E se non gli piacciono gli scienziati italiani che vadano a cercarne fuori. Tanto tutti gli scienziati sanno come stanno le cose, tranne una piccola minoranza che naturalmente per questioni nostalgiche o politiche è favorevole al nucleare. Che vada a consultare Obama, Berlusconi, vedrà cosa gli dice. Se non lo fanno più in America ci sarà qualche motivo no?".

Però Scajola ha detto che dal nucleare arriveranno bollette elettriche più leggere.
"Sì, però lo stato quanto spenderà? E da chi prenderà i soldi. Dove prenderà i 25-30 milioni di euro che serviranno per fare queste centrali. Hanno fatto fatica a trovare gli imprenditori che mettessero qualche cosina per la Cai e vogliono trovare imprenditori per il nucleare? Anche in America non si investe più nel settore, anzi è proprio il libero mercato che ha distrutto il nucleare perché non conviene. Chi è che va a investire dei soldi per 10 anni quando non sappiamo fra 10 anni cosa succederà? Metti che le risorse rinnovabili si siano finalmente sviluppate, che ci fai a quel punto col nucleare? Non si può ipotecare così il futuro".

di Antonella Loi da notizie.tiscali.it

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