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mercoledì 18 marzo 2009

L'Italia e la favola del nucleare

di Francesca Santolini

In questi giorni stiamo assistendo ad un’intensa azione del governo sull’opinione pubblica italiana per favorire il clima necessario alla realizzazione sul nostro territorio di centrali nucleari. Esempio lampante di questa campagna è la puntata di Porta a Porta di alcuni giorni fa, orchestrata abilmente dal diabolico conduttore: al Ministro Scajola, sorridente e rassicurante nell’esporre la convenienza di un cambiamento di rotta dell’Italia sul nucleare, Vespa ha opposto due esponenti dell’opposizione totalmente inadeguati a contrastare credibilmente l’operato del governo su questo tema: Pierferdinando Casini, che ha fatto del nucleare uno dei punti principali della sua campagna elettorale terzo polista, e l’ex ministro Ferrero, oggi segretario di Rifondazione, che oppone alle superficiali parole del ministro le stesse argomentazioni di vent’anni fa agitando lo spettro di Cernobyl. Gli Italiani assistono spaesati in una guerra di slogan dalla quale esce spesso trionfatore il centrodestra che come sempre riesce meglio a parlare “alla pancia” degli italiani motivando la scelta sul nucleare con argomentazioni economiche e favoleggiando risparmi tangibili sulla bolletta energetica di cittadini e imprese.

Nessuno dice però che scegliere il nucleare può comportare un risparmio sulla bolletta individuale ma comporta un pesante aggravio per le casse dello Stato. Costruire una centrale, e poi chiuderla al termine della sua attività e occuparsi di smaltire le scorie, produce costi di molti miliardi di euro che vanno a carico dello Stato, unico soggetto a disporre delle risorse necessarie ad avviare una politica nucleare.

Nessuno dice che i pochi euro di risparmio tangibile per gli Italiani in bolletta corrisponderebbero a molti di più che lo Stato sarebbe costretto a reperire sempre dalle tasche dei cittadini attraverso un aumento della pressione fiscale, riprendendosi con gli interessi un risparmio solo apparente.

E’ questa motivazione, economico finanziaria prima che ambientale, che dovrebbe divenire la parola chiave per una battaglia politica di opposizione all’introduzione in Italia di Centrali Nucleari. In un momento in cui gli Stati Uniti di Obama guardano all’autosufficienza energetica attraverso il ricorso alle energie alternative e rinnovabili ed in Europa si pensa più a chiudere le centrali esistenti che a costruirne di nuove l’Italia rischia di arrivare ancora una volta in ritardo sotto due punti di vista. Sotto il profilo politico economico decidendo di cominciare a puntare oggi su un settore che non offre garanzie per il futuro acuendo il ritardo del nostro sistema energetico ed economico da quello dei paesi più avanzati che stanno già sperimentando nuove strade. Sotto il profilo culturale sviluppando un dibattito tra favorevoli e contrari al nucleare incentrato su argomentazioni vecchie di almeno vent’anni, che appare distante anni luce dal confronto che avviene nel resto d’Europa.
Molti Stati europei stanno abbandonando il nucleare: la Germania, che è indubbiamente il Paese europeo più avanzato in fatto di ricerca tecnologica, ha deciso di dismettere gradualmente i suoi 17 impianti e sta puntando sulla produzione di energia solare. Lo stesso sta facendo il Belgio, mentre Gran Bretagna e Finlandia, gli unici che programmano costruzioni di nuove centrali, prevedono tempi lunghissimi di realizzazione e costi astronomici che possono anche raddoppiare in corso d’opera. E’ il caso della Finlandia, la cui nuova centrale costerà oltre 4 miliardi di euro invece dei 2,5 previsti.

Se Paesi che hanno amministrazioni efficienti e che spendono in ricerca infinitamente più dell’Italia incontrano difficoltà così grandi nella costruzione di nuove centrali, si può prevedere che da noi i costi e i tempi di realizzazione supereranno quelli di Finlandia e Gran Bretagna. E ci ritroveremo, fra 15 o 20 anni, con una decina di miliardi in meno e un paio di centrali ormai completamente superate sul piano tecnologico.
Chi sa fare i conti e si preoccupa di non sprecare le risorse pubbliche tiene conto di questi argomenti. E’ per questo che negli Stati Uniti si è sospesa la costruzione di centrali di terza generazione, che sfruttavano tecnologie militari ormai superate, e si sono concentrati gli sforzi sullo studio di una quarta generazione più sicura e più vantaggiosa.
Si potrebbero ricordare altre obiezioni, come la scarsa quantità di uranio disponibile sul mercato e la crescita del suo costo, gli enormi consumi d’acqua richiesti dalle centrali attuali, l’incertezza sui costi dello smaltimento. Tutte questioni alle quali il governo non ha dato risposta, limitandosi a ripetere i soliti slogan e a impedire che l’informazione approfondisca queste questioni.

Ma l’opinione pubblica italiana ha il diritto di essere informata correttamente e tecnicamente sulle politiche degli altri Paesi, sugli svantaggi economici della scelta nucleare, sui problemi tecnici che la progettazione incontra, invece di esser condannata a televisioni e giornali che ripetono il solito ritornello che oppone la “pragmatica” destra alla “sinistra nel no”.

La responsabilità del mondo dell’informazione in questo frangente sono evidenti. Non si promuove una corretta informazione perché ampi settori economici e finanziari hanno già deciso che gli investimenti pubblici necessari ad avviare una politica nucleare servono subito a rilanciare l’industria pesante di un paese che dovrebbe trovare altrove e in altri settori il cuore della propria economia. E questo condiziona in maniera lampante editori, direttori e giornalisti, del settore pubblico e del privato. Bruno Vespa che oppone Scajola a Ferrero non offrendo spazio ad un’opposizione credibile e pragmatica e i partiti di centrosinistra incapaci di avviare su questo tema una campagna moderna e convincente sono due campanelli che suonano per segnalare lo stesso allarme.

L’Italia è un paese dove politica ed informazione camminano a braccetto allontanandosi ogni giorno dalle proprie ragioni di essere. Dove il mantenimento dello status quo, politico ed economico, e la difesa dei grandi interessi economici e finanziari contano di più del bene comune, del benessere, della salute e del futuro dei cittadini italiani. Lanciare una grande campagna di opposizione politico economica al nucleare e di sensibilizzazione per una corretta informazione nel nostro paese sono quindi due strade per raggiungere la stessa stazione d’arrivo: un Italia capace di cambiare marcia e cominciare a vivere il proprio presente in funzione del proprio futuro e non a compromettere costantemente il domani in difesa degli interessi dell’oggi.

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