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martedì 3 marzo 2009

Nucleare: una scelta sicura?

L’accordo con la Francia ha riaperto la strada al nucleare. Ma le incognite restano e non solo per ciò che riguarda la sicurezza

Altro che zidanate. Fra Italia e Francia è sbocciato l’idillio. Così dopo l’accordo Alitalia-Air France, l’asse coi cugini d’oltralpe ci consegna un altro frutto: il nucleare. Che sia un frutto maturo o una mela marcia lo sapremo solo fra una decina d’anni, quando cioè le quattro centrali previste dagli accordi di Roma verranno ultimate. Quel che possiamo fare, per il momento, è limitarci ad alcune semplici considerazioni.

Di carattere tecnologico, innanzitutto. Su questo fronte, a quanto pare, i giochi sono fatti. La scelta dei due colossi energetici (Enel da una parte, Edf dall’altra) è andata sulle cosiddette centrali Epr, un acronimo che sta per reattori europei ad acqua pressurizzata. Questi impianti, che rappresentano lo stato dell’arte delle tecnologie in materia (la prossima generazione di reattori, la quarta, non vedrà la luce prima del 2030), possono contare su una serie di misure di sicurezza che dovrebbero metterci al riparo dal ripetersi di catastrofi come quella di Chernobyl: quattro sistemi indipendenti di refrigerazione d’emergenza, un’area di contenimento metallico attorno al reattore, una per il raffreddamento passivo del materiale fuso e una doppia parete esterna in cemento armato in grado di resistere all’impatto diretto di un grosso aereo di linea. Il condizionale è d’obbligo, giacché quando si parla di centrali nucleari le tecnologie possono mitigare ma non annullare tutti i rischi. Così anche se qualcuno le considera più sicure di un calazaturificio c’è anche chi – è il caso dell’Indipendent – sostiene che in caso di incidente i rischi potrebbero essere maggiori che in passato.

Di carattere ambientale. Uno degli argomenti forti della tesi nuclearista riguarda l’assenza di emissioni di CO2. Sbaglia però chi considera il nucleare un processo pulito. Se si guarda all’ intero ciclo industriale, infatti, anche il bilancio ambientale di un reattore ha le sue voci in rosso. Ci sono innanzitutto i costi energetici per l’estrazione, la frantumazione, la macinazione e l’arricchimento dell’uranio. Bisogna poi considerare il prelievo d’acqua necessario per dissipare la potenza termica sviluppata dai reattori che non viene convertita (a titolo di paragone si consideri che in Francia il raffreddamento delle centrali elettriche nel 2006 ha assorbito il 57% dei prelievi totali d’acqua del paese). Infine c’è il capitolo scorie. Che in un paese che fa fatica a smaltire la spazzatura napoletana rischia di essere qualcosa di più di un problema.

Di carattere geografico. A detta degli esperti le centrali dovranno essere collocate in zone poco sismiche o comunque piuttosto stabili dal punto di vista tellurico, vicino a grandi fonti di acqua ma al tempo stesso scarsamente abitate. Con questi “paletti” le alternative non sono molte; bisognerà poi fare i conti con la volontà dei Comuni designati.

Di carattere economico. Costruire una centrale nucleare non è roba da quattro soldi. La centrale finlandese di Olkiluoto - primo esempio di impianto Epr in costruzione - ha un costo stimato di circa 3,2 miliardi di euro. Ma la cifra è destinata a raddoppiare se si aggiungono i costi delle strutture logistiche, quelli per l’approvigionamento del combustibile nucleare e quelli per lo smantellamento e la bonifica degli impianti a fine esercizio (gli impianti nucleari hanno una vita media compresa fra 20 e 60 anni).

Di carattere energetico. Secondo i dati servirebbero sessanta centrali nucleari per coprire l’intero fabbisogno italiano. L’emergenza energetica, dunque, rimane. E considerati i costi in gioco è lecito chiedersi: quanto margine ci resta per gli investimenti in energie rinnovabili? L’obiettivo europeo prevede un incremento del 20% delle fonti rinnovabili entro il 2020. Abbiamo risorse a sufficienza per arrivare puntuali all’appuntamento?


Roberto Catania da mytech.it

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