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martedì 3 marzo 2009

Nucleare, in Italia 'Colosseo di scorie', serve bunker nazionale

Roma, 25 feb. (Apcom) - Produrre energia nucleare in Italia significa porsi il problema dello smaltimento delle scorie e per questo, oltre a centrali e impianti, "è indispensabile costruire un sito unico nazionale per la raccolta dei rifiuti radioattivi". Presto, infatti, l'Italia dovrà già fare i conti con circa 100 mila metri cubi di rifiuti radioattivi pregressi, più o meno la quantità del travertino utilizzato per costruire il Colosseo di Roma.

Francesco Mezzanotte, ingegnere responsabile del dipartimento Nucleare, rischio tecnologio e industriale dell'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, l'ente vigilato dal Ministero dell'Ambiente) spiega ad Apcom qual è la situazione nella Penisola dopo più di vent'anni di abbandono del nucleare e le prospettive future.

In Italia, al momento, ci sono circa 27 mila metri cubi di scorie radioattive, prodotte dai diversi siti (tra vecchie centrali, impianti nucleari, centri di ricerca) attivi in passato. Di questi - spiega Mezzanotte - circa mille metri cubi sono scarti dell'industria o del comparto ospedaliero. Sono scorie a basso contenuto radioattivo, in grado cioè di esaurirsi in qualche centinaio di anni".

Questa quantità aumenta di circa mille metri cubi l'anno, a causa delle attività al di fuori degli impianti nucleari e perchè il mantenimento in sicurezza degli impianti nucleari ancora attivi per il contenimento delle scorie continua a produrre, di per sé, rifiuti".

Oltre ai 27 mila metri cubi, "bisogna contarne altri circa 6 mila oggi in Inghilterra": in base ad accordi tra Roma e Londra negli anni '60, '70 e '80 del secolo scorso, infatti, l'Italia ha inviato oltre la manica una quantità di scorie nucleari per il cosiddetto 'riprocessamento', cioè il recupero di uranio e plutonio (i materiali più 'pesanti', che si smaltiscono in diverse migliaia di anni). "Queste scorie dovranno tornare, in base ad una clausola ormai accettata a livello internazionale", continua Mezzanotte, ricordando che "dal 2020 tornano dalla Francia altre 235 tonnellate di combustibile irragiato", ottenuto dalla altre scorie radioattive.

Calcolando anche le scorie prodotte dallo smantellamento e dalla decontaminazione degli impianti esistenti, "che comunque non potranno essere utilizzate per le nuove centrali perchè troppo obsolete", gli esperti calcolano che l'Italia debba fare i conti con circa 100 mila metri quadri di scorie radioattive.

Un numero per eccesso", sottolinea Mezzanotte, immaginabile come "uno strato alto 15/20 metri con una base di un campo di calcio. Non molto però se immaginiamo che ogni anno in Italia vengono prodotte 5 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi non radioattivi". Quasi quattro volte tanto.

Per questo, secondo l'ingegnere dell'Ispra, "è indispensabile un sito nazionale dove immagazzinare le scorie: la Francia ne ha due e ha rifiuti radioattivi quasi 50 volte in più che l'Italia. Si pensa ad un bunker, o comunque ad un parallelepipedo lungo decine di metri con dentro i rifiuti stoccati come blocchi di cemento. Spetta al governo ad indicare una soluzione".

Quanto alla localizzazione delle nuove centrali, per Mezzanotte "non è affatto detto che i siti vecchi vadano ancora bene. Anzi ce ne sono alcuni che sicuramente non possono essere più riutilizzati per impianti o per centrali, come nel caso dell'impianto di Saluggia in Piemonte. Anche la normativa con la quale sono stati costruiti è molto vecchia".

Le localizzazioni seguiranno comunque dei requisiti particolari: "Zone poco sismiche o che mantengano sempre stabilità, vicino a grandi fonti di acqua, posti senza pericolo di inondazioni, possibilmente lontano da luoghi densamenti popolati, non per forza baricentrici alle regioni che si vogliono servire di energia", conclude Mezzanotte.

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