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lunedì 30 novembre 2009

NUCLEARE: FEDERCONSUMATORI, CON CENTRALI BOLLETTE PIU' CARE

TREFILETTI, 'VULNUS' COSTITUZIONALE TOGLIERE POTERI A REGIONI (ANSA) - ROMA, 30 NOV - Il nucleare portera' a un rincaro delle bollette: l'atomo favorira' l'aumento del prezzo del kWh nella borsa elettrica e sui contribuenti ricadra' anche il peso della realizzazione delle centrali. E' quanto emerge da un'indagine presentata oggi da Federconsumatori, che sottolinea le criticita' del ritorno all'energia nucleare a causa dei tempi di costruzione, 'indefiniti', e dei costi: 'solitamente quelli finali sono del 40% superiori rispetto alla cifra preventivata'.
Il presidente dell'associazione dei consumatori, Rosario Trefiletti, viste le questioni sollevate, considera un 'vulnus costituzionale' togliere alle Regioni il potere di decidere in materia. Le scelte sulle politiche energetiche, secondo Trefiletti, non possono, infatti, essere prese a livello centrale 'senza il coinvolgimento dei cittadini'.
(ANSA).

30-NOV-09 14:08

RUBBIA: "L'ERRORE NUCLEARE. IL FUTURO E' NEL SOLE"


Intervista Parla il Nobel per la Fisica: "Inutile insistere su una tecnologia che crea solo problemi e ha bisogno di troppo tempo per dare risultati". La strada da percorrere? "Quella del solare termodinamico. Spagna, Germania e Usa l'hanno capito. E noi..."

Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo.

Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta.
"In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".

La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un'affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra "Astri e Particelle", allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.

Un'esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all'energia oscura che domina nell'universo, c'è l'energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.

Cosa ne pensa?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".

Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".

Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".

La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".

Elena Dusi da Repubblica.it

INDIA: NUCLEARE,SABOTAGGIO FUORIUSCITA RADIOATTIVA IN ACQUA

(ANSA) - NEW DELHI, 30 NOV - La Commissione indiana per l'Energia Atomica (AEC) ha confermato ieri che il tritio rinvenuto nell'acqua potabile dell'impianto nucleare di Kaiga, nello stato meridionale del Karnataka, e' stato posto deliberatamente, parlando cosi' ufficialmente di 'sabotaggio'.
Il Ministro per la Scienza e la Tecnologia Prithviraj Chavan ha dichiarato che 'si e' trattato di un atto di sabotaggio', aggiungendo che 'il governo ha deciso l'apertura di un'inchiesta sull'accaduto'. 'Probabilmente - ha detto il Ministro - si e' trattato del gesto sconsiderato di un impiegato. Questi ha mischiato una piccola quantità di tritio (un isotopo radioattivo dell'idrogeno) in un serbatoio dell'acqua potabile. Tutti coloro che hanno poi bevuto quell'acqua, oltre una cinquantina, sono stati contaminati'.
Il direttore della Nuclear Power Corporation of India, SK Jain, ha espresso preoccupazione circa la possibilita' di una contaminazione anche all'esterno. Il direttore dell'impianto di Kaiga, J P Gupta, tuttavia, pur confermando che oltre 50 persone sono state ricoverate per ridurre il tasso di tritio nel loro corpo, ha detto che si tratta di una sostanza non pericolosa.
'In ogni caso - ha detto Gupta, e' stata istituita una commissione sull'accaduto di cui fanno parte scienziati nucleari'. (ANSA)

30-NOV-09 10:57

martedì 24 novembre 2009

THREE MILE ISLAND: E' SERIE NERA. E IL NUCLEARE NON PROTEGGE IL CLIMA


Centrali Un mese dopo il rinnovo della concessione governativa, nell'impianto più tristemente noto degli Stati Uniti si verificano perdite radioattive. E un rapporto Usa boccia l'atomo come fonte per combattere l'effetto serra

Quasi una maledizione.
Trent'anni dopo l'incidente che ha stoppato di fatto la costruzione di nuovi impianti negli Usa e appena un mese dopo che aveva ottenuto la concessione di funzionare per altri 20 anni, la centrale nucleare di Three Mile Island ritorna all'onere delle cronache per una fuga radioattiva. Niente di importante, si sono affannati a sottolineare alla Nuclear Regulatory Commission, l'agenzia Usa del nucleare, che poche settimane fa ha bocciato i reattori Westinghouse di ultima generazione (AP1000), attesi anche in Italia nel programma atomico del governo Berlusconi. Ci sarebbero, precisa l'organismo di controllo, solo 20 contaminati lievi tra i lavoratori della centrale.
Ma simbolicamente e non solo, è un brutto colpo. Prima di tutto perché basta il nome dell'impianto per sollevare preoccupazioni e ricordi: nel 1979 la contaminazione fu grave e numerosissime malattie e decessi furono attribuiti a quella fuga radioattiva. Poi perché ci sono volute 24 ore per venire a conoscenza dell'incidente. Troppe, per la popolazione civile che vive attorno alla centrale, piantata nel mezzo della popolata Pennsylvania a poca distanza dalla capitale Harrisburg.
Per coincidenza (ma qualcuno dice che la coincidenza è solo mediatica, perché piccoli e meno piccoli incidenti avvengono molto spesso negli impianti nucleari) Legambiente ha denunciato ieri una perdita radioattiva nel comprensorio nucleare di Saluggia, in Piemonte.
Secondo i rilievi dell'Agenzia regionale per l'ambiente, ci sarebbe stata una contaminazione di parecchie migliaia di becquerel nel sottosuolo dell'impianto, da una condotta di scarico dell'impianto, a pochi metri dalla Dora Baltea, affluente del Po. E se i microallarmi parlano chiaro sulla stabilità della sicurezza degli impianti atomici, a sfatare il nuovo mito pseudoambientalista del nucleare come energia amica del clima arriva un rapporto del Wisconsin Environment (un centro studi non governativo statunitense).
Secondo la ricerca, dal punto di vista economico, bisogna costruire ben 100 impianti nucleari per ridurre le emissioni di 6 miliardi di tonnellate nell'arco dei 20 anni di esercizio delle centrali. Con la stesso investimento in efficienza energetica ed energie rinnovabili si ottiene - sottolineano gli autori dello studio - un risultato doppio nello stesso periodo di tempo.
Anzi, nell'attuale situazione di ritardi (si pensi alla centrale finlandese di Olkiluoto, che sforerà di trequattro anni le previsioni) il nucleare può ottenere le stesse performance in tempi 5 volte maggiori rispetto alle rinnovabili pulite. Anche i rendimenti dei capitali investiti saranno circa 5 volte superiori nel caso delle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica.
Per ogni dollaro speso, aggiunge il Wisconsin Environment, si ottiene una riduzione di 8-12 chili di anidride carbonica se destinato all'efficienza energetica e alle biomasse, di 5-8 chili di anidride carbonica nell'eolico, di 2-3 chili nel solare termico e fotovoltaico e al massimo 1-2 chili con il nucleare.
Ma non basta. Il tempo è una fattore essenziale per combattere il riscaldamento climatico: i reattori nucleari necessitano 7-10 anni per la costruzione e la messa in esercizio. In questo periodo l'accumulo di gas serra in atmosfera aumenterà a tal punto da rendere non solo praticamente impossibile la riduzione dei gas serra sul breve periodo (10-20 anni), ma soprattutto da complicare fortemente le azioni di riduzione da qui al 2050. Nel frattempo le conseguenze negative generate da cambiamenti climatici potrebbero essere irreversibili o ingestibili.
L'efficienza energia e le energie rinnovabili permettono, invece, azioni rapide, flessibili ed efficaci. Inoltre l'energia nucleare serve solo per produrre elettricità, una piccola frazione dei consumi energetici.

Simonetta Lombardo da Terra

lunedì 23 novembre 2009

NUCLEARE: SALUGGIA; LEGAMBIENTE, C'E' NUOVA CONTAMINAZIONE

(ANSA) - TORINO, 23 NOV - Nuova contaminazione radioattiva nei pressi del comprensorio nucleare di Saluggia. Lo sostiene - in base ai rilievi effettuati dall'Arpa - Legambiente, che denuncia una contaminazione di 'parecchie migliaia di Becquerel al chilogrammo' a soli duecento metri dalla Dora Baltea, nel sottosuolo, dove scorre una condotta di scarico ormai inutilizzata del deposito Avogadro.
'La relazione presentata dall'Arpa lo scorso 18 novembre - sostiene il responsabile energia di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, Gian Piero Godio - riporta che nella condotta di scarico degli effluenti radioattivi, all'esterno dei siti nucleari, si e' avuta evidenza visiva della perdita della condotta'.
'Auspichiamo che vengano al piu' presto accertate le responsabilita' di quanto accaduto', aggiunge la presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, Vanda Bonardo, che torna a chiedere la 'chiusura del comprensorio nucleare di Saluggia', dove sono stoccati i due terzi dei rifiuti radioattivi di tutta l'Italia. Sulla contaminazione, domani a Saluggia (Vercelli), e' prevista una riunione aperta della Commissione Ambiente del Comune.(ANSA).

23-NOV-09 14:09

giovedì 19 novembre 2009

NUCLEARE FRANCESE, MITO IN FUMO


Nucleare Dopo 27 anni, per la prima volta il Paese è costretto ad acquistare elettricità sul mercato internazionale perché
su 58 reattori attivi ben 18 sono stati fermi per incidenti o guasti. L'ente gestore: «Non è escluso il pericolo di black out»
Sui 58 reattori nucleari presenti Oltralpe, ben 18 hanno rilevato problemi di funzionamento che in alcuni casi hanno portato allo stop degli impianti.
E così, per la prima volta dall'inverno del 1982, la Francia, nell'intero mese di ottobre è stata importatrice netta di elettricità. Il distributore Rte, filiale del colosso Edf, ha avvertito che il sistema potrebbe dover importare circa 4.000 MW fino a gennaio 2010. E non è escluso il rischio black out.

«Affronteremo la costruzione di centrali nucleari in Italia con al nostro fianco la Francia che ci ha messo a disposizione il suo know how». Il corollario trionfante, quello del premier Berlusconi, decantato in occasione della sigla dell'accordo tra l'Italia e la Francia per lo sviluppo dell'atomo, rischia di rimanere la solita favola immaginifica da dare in pasto ai media.
Il famigerato know how francese, infatti, si sta rivelando sempre più inadeguato.
E' appena di martedì scorso l'ultimo annuncio della Reseau de transport d'electricitè, controllata del gruppo pubblico elettrico Edf: per la prima volta da 27 anni la Francia, nell'intero mese di ottobre, è stata importatrice netta di elettricità a causa dell'alto numero di centrali nucleari non funzionanti. A inizio novembre, secondo dati riportati da Le Parisien, su 58 reattori attivi nel Paese ben 18 erano fuori servizio, fermi per incidenti o guasti. I reattori (che coprono il 75 per cento del fab-bisogno del Paese) hanno quindi segnato un calo dell'8,9 per cento della produzione di energia rispetto al 2008.
Il dato appare ancor più clamoroso in quanto evidenzia un'inversione di tendenza radicale: tradizionalmente, infatti, la Francia è esportatrice di elettricità.
La svolta, stavolta, appare dunque di natura strutturale più che legata solo a una situazione di particolare emergenza. Il Paese, infatti, usualmente acquista elettricità da altre nazioni per periodi limitati di tempo, in caso ce ne sia necessità, per rispondere a bisogni energetici improvvisi o sfruttare prezzi più bassi sulle Borse elettriche.
Nel mese di ottobre, e senza interruzioni, è però stato costretto a importare 458 gigawattore di elettricità. Il famigerato sistema d'Oltralpe non riesce quindi più a reggere il passo, e la tecnologia sembra evidenziare limiti non più superabili. Ed è proprio su questa situazione di potenziale collasso che si è basato l'allarme lanciato dallo stesso gestore Rte alla fine di ottobre, quando ha avvertito che il sistema Francia potrebbe dover importare circa 4.000 MW fra novembre 2009 e gennaio 2010.
Nell'Oltralpe imbottito di centrali atomiche, al quale il nostro Paese guarda con un interesse economico e strategico come un "esempio da seguire", le autorità non hanno addirittura escluso il rischio black out: «Se le temperature dovessero scendere 7 o 8 gradi sotto la media stagionale - hanno spiegato dalla Rte - i livelli di import potrebbero raggiungere il limite tecnico per la rete francese». E allora l'ente elettrico potrebbe «attivare misure eccezionali per la salvaguardia del sistema: ridurre il voltaggio del 5 per cento o, come ultima istanza, il distacco di carico». In due parole: interruzioni programmate di servizio per evitare il collasso del sistema.
Nonostante i problemi strutturali sempre più macroscopici, Henri Proglio, il futuro patron di Edf, si è detto «deluso» per i ritardi con cui procede la realizzazione del reattore nucleare a Flamanville, dove nel 2012 dovrebbe entrare in funzione la prima centrale equipaggiata in Francia con l'Epr di terza generazione. Proprio la tecnologia sulla quale si sono concentrate le critiche delle autorità di controllo di Francia, Finlandia e Regno Unito.
Durissimo l'attacco del deputato verde Noel Mamere: «Bisogna fermare Flamanville. Quattro miliardi investiti in un reattore sperimentale significa danaro sperperato».
Sulla stessa linea il leader del Sole che ride Angelo Bonelli: «Il mito dell'autosufficienza energetica della Francia è caduto. Il futuro è nell'efficienza energetica e nelle rinnovabili. Ma il governo italiano continua puntare sul nucleare, una fonte arcaica e rischiosa per la salute dei cittadini e insostenibile economicamente ».
Le quotazioni dell'atomo francese viaggiano prepotentemente verso il basso.

Valerio Ceva Grimaldi da Terra

mercoledì 18 novembre 2009

LE NAVI DI GREENPEACE TORNANO ALL'ARREMBAGGIO DEL NUCLEARE FRANCESE




Energia L’azione degli ambientalisti contro il cargo che trasporta in Finlandia i pezzi del nuovo reattore

Mar Baltico, 16 novembre 2009. La nave Arctic Sunrise di Greenpeace, battente bandiera olandese, abborda il cargo Happy Ranger della Biglift in navigazione tra la Germania e la Danimarca. Il cargo era atteso al porto di Rauma, nella Finlandia occidentale. A bordo ci sono i generatori di vapore per la nuova terza unità della centrale nucleare Epr di Olkiluoto, la cui costruzione è stata autorizzata nel 2002. Al momento dell’abbordaggio i sei attivisti di Greenpeace presenti sulla Arctic Sunrise, tra cui l’italiano Rossano Filippini, hanno aperto uno striscione con la scritta “Nuclear madness, made in France” (Follia nucleare, prodotta in Francia). Con l’azione di protesta, l’associazione ambientalista internazionale vuole sottolineare i pericoli di «una scelta che espone le popolazioni al rischio delle radiazioni mettendo a repentaglio anche le politiche di protezione del clima». Greenpeace chiede al governo finlandese di riconsiderare la scelta e fermare i lavori del cantiere. La nave cargo olandese trasporta una delle componenti principali del nuovo reattore nucleare Epr della francese Areva: la cosiddetta terza generazione. Olkiluoto (Finlandia) e Flamanville (Francia), allo stato attuale sono le uniche centrali Epr in costruzione nel mondo. Il mese scorso le agenzie di sicurezza nucleare di Finlandia, Francia e Regno Unito hanno pubblicato una valutazione congiunta sul sistema di controllo d’emergenza del nuovo reattore: non soddisfa «i minimi requisiti sulla sicurezza nucleare». Gli ambientalisti puntano il dito anche contro i costi economici e ambientali. «La scelta nucleare costerà alla Finlandia anni di ritardo sulle politiche di protezione del clima. Così facendo il governo finlandese ha chiuso la porta agli investimenti in fonti rinnovabili e risparmio energetico», ha dichiarato Lauri Myllyvirta, responsabile “Campagna energia” di Greenpeace Nordic. Il ritardo nella costruzione dell’Epr di Olkiluoto ha ormai superato i tre anni, con i costi schizzati da 3,2 a 5,5 miliardi di euro. Perdite che in parte saranno coperte dai contribuenti francesi (Areva è per l’80 per cento del governo di Parigi) ma in misura maggiore da quelli finlandesi, con 600 euro pro capite. L’Agenzia internazionale per l’energia dell’Ocse ha ribadito che il nucleare non aiuta il clima: anche il più ambizioso programma (due reattori nuovi al mese fino al 2030) consentirebbe una riduzione delle emissioni di pochi punti percentuali. Il potenziale delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, viceversa, è dieci volte superiore. «L’energia nucleare è un vicolo cieco. Le alternative sono disponibili, veloci da realizzare e soprattutto pulite», commenta Jan Beranek, responsabile della “Campagna nucleare” di Greenpeace International.

Alessandro De Pascale da Terra

giovedì 12 novembre 2009

NUCLEARE FRANCESE E IMPIANTI EPR. TUTTI I DUBBI DELLE AUTORITA'



Due notizie dei giorni scorsi riguardanti il nucleare rientrano in quella strategia comunicativa che tende a rimuovere i dubbi che riguardano l'energia nucleare.
La prima notizia riguarda la sicurezza dei reattori che l'Enel ha scelto per l'Italia, l'Epr.
L'altra riguarda lo stoccaggio "eterno" (geologico) delle scorie radioattive a lungo periodo di decadimento.
Annunciata con un gran titolo la soluzione attuata dai francesi, per le scorie nucleari ad alta attività. Per la verità la notizia in prima pagina del giornale italiano è la rimasticatura di un articolo di Le Monde del 14 febbraio 2008, di Herve Morin. Le scorie a "lunga vita" sono quelle che riducono di mille volte la propria radioattività dopo centinaia di migliaia di anni (plutonio dopo 240mila anni). I francesi, dal 1991con la legge Bataille e dal 1999 si trovano con le scorie in una fase di sondaggi e di sperimentazione.
Il laboratorio sperimentale è quello di Bure, nella Meuse. A circa 500 metri di profondità è localizzato un giacimento di argilla che risale a 160 milioni di anni fa.
Una seconda legge del 2006 "sulla gestione sostenibile di materiali radioattivi e rifiuti" ha recepito gli approfondimenti operati in tre settori: la separazione-trasmutazione, lo stoccaggio in superficie e il deposito in profondità.
La separazione-trasmutazione ha l'obiettivo di agire sui rifiuti radioattivi e nocivi per cercare di trasformarli in composti meno tossici. Per il Commissariat a l'energie atomique (Cea) la trasmutazione si verificherà con i reattori di IV generazione che forse avremo nel 2040-2050. La legge francese considera quella di Bure come soluzione di riferimento e "reversibile"; lo stoccaggio, dopo la conclusione positiva della sperimentazione, avverrà nel 2025.
I problemi del sito di Bure sono l'acqua e il calore. Il Parlamento francese aveva concesso, nel 1991, 15 anni di tempo per mettere a punto le soluzioni.
In estrema sintesi la tabella di marcia dei francesi sarebbe: 2016 deposito di lunga durata, 2025 stoccaggio geologico se la sperimentazione si conclude positivamente e 2040 trasmutazione industriale. Insomma, le diverse soluzioni sono tutte vincolate a esiti positivi di progetti e verifiche.
Sulla sicurezza del reattore Epr, messa in discussione da tre Autorità europee (francese, finlandese e britannica) è stato sentito in commissione Attività produttive della Camera l'ad di Enel. Per le tre Autorità non c'è autonomia dei programmi informatici che gestiscono la funzionalità quotidiana del reattore e l'emergenza in caso di incidente.
Noi aggiungiamo che l'Epr ha la certificazione della Comunità europea, ma non di quella statunitense Nrc. Il sistema di sicurezza punta ancora sulla ridondanza. Il raffreddamento di emergenza è quadruplicato con componenti equivalenti posti in parallelo.
Insomma la tecnologia tradizionale per garantire un'alta affidabilità. In caso di fusione del nocciolo, il materiale fuso sgorga in un'apposita piscina (Irwst). L'edifico del reattore ha un doppio contenimento: una parete interna per resistere alle sovrapressioni e una esterna in calcestruzzo armato per attacchi esterni.
E' verificata la protezione esterna per la caduta di un aereo tipo Rafale che pesa 23 tonnellate.
E se cade un Boeing 747 che pesa dieci volte tanto? Ed eventuali perdite di refrigerante a causa della messa fuori uso del sistema di raffreddamento, causato da malfunzionamento del sistema di alimentazione elettrico?
Sul nucleare l'informazione dovrebbe accettare la "castrazione ideologica" evitando i commenti, e selezionando le notizie.

Erasmo Venosi

Altre ombre sul nucleare francese



Ancora ombre sul nucleare francese. Per la seconda volta in due settimane, nel sito di Cadarache (Bouches-du-Rhône), è stata trovata una quantità di uranio arricchito superiore ai limiti consentiti dalla normativa sulla sicurezza. La Procura della Repubblica di Aix-en Provence ha avviato.
La notizia è stata confermata dal Commissariat à l’énergie atomique (CEA). Gli ispettori della CEA hanno scoperto dieci chili di uranio arricchito in una cella blindata in corso di smantellamento, che poteva contenerne quattro chili al massimo. Una settimana prima c’era stato un altro incidente, classificato al livello di pericolo 2 (la scala internazionale Ines degli eventi nucleari ne prevede sette). Nessun pericolo particolare,dice la CEA, perché il totale dell’uranio arricchito trovato a Cadarache è parecchio al di sotto del limite di sicurezza, fissato a 184 chili.

Restano tutti gli interrogativi – ampiamente riportati dai giornali francesi – sulla leggerezza manifestata nella contabilità dell’uranio arricchito prodotto a Cadarache. Soprattutto – scrive Le Monde – la domanda relativa a “cosa sarebbe successo” se ci fosse stata una reazione a catena non immediatamente controllabile .

Quesiti ai quali dovrà rispondere la magistratura di Aix-en-Provence. Alcuni deputati dell’opposizione hanno chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta.

da pinobruno.it

Michele Tonzar di Legambiente Monfalcone: “Il nucleare è una scelta irresponsabile”



L’eventualità di una centrale nucleare a Monfalcone riapre il dibattito sull’energia atomica. Ovviamente, il sostenitore più importante del nucleare è il Governo, che ha deciso di farlo rientrare tra le opzioni energetiche italiane nonostante il referendum del 1987 l’avesse abolito. Secondo una brochure diffusa dal Ministero dello Sviluppo Economico, è una risposta efficace ad alcuni pressanti problemi attuali: innanzitutto, sarebbe l’unica fonte in grado di “assicurare energia su vasta scala, a costi competitivi e senza emissioni di Co2”. Inoltre, potrebbe ridurre la dipendenza energetica da altri paesi come Russia e Algeria, rendendo l’Italia meno condizionabile a livello politico, e rafforzando invece i legami con la Francia e gli Stati Uniti con cui è stato siglato un accordo di cooperazione sulla ricerca. Non trascurabile sarebbe inoltre la ricaduta economica sui territori che ospiterebbero i reattori, in termini di lavoro offerto e impulso alle aziende nel settore energetico. Inoltre, secondo i propositi del Governo la fonte atomica verrebbe comunque affiancata dalle energie rinnovabili.

Ma, secondo i critici, tutte queste ragioni non possono oscurare gli alti costi, monetari e ambientali, di un ritorno al nucleare. Ne abbiamo discusso con Michele Tonzar, presidente di Green Gang, circolo monfalconese di Legambiente. “Per la nostra associazione non è una questione solo di collocazione – spiega l’ambientalista – la nostra strategia in ambito energetico è sempre stata quella del rifiuto del nucleare e del carbone, in favore delle fonti rinnovabili e, per un periodo di transizione, del gas metano. Il nucleare è una tecnologia di retroguardia, per la quale i costi in termini di approvvigionamento di uranio, messa in sicurezza, stoccaggio delle scorie, ecc. sono destinati ad aumentare, mentre le rinnovabili, con il progresso della ricerca, diventeranno sempre più economiche ed efficienti”.
La costruzione di nuovi reattori è praticamente in stallo e, al momento, sono in costruzione 44 reattori soprattutto in Cina, Russia, India e Corea. Negli Usa, dei 26 reattori progettati dal 2003, nessuno ha ancora aperto un cantiere: nel mondo occidentale, dunque, in 30 anni non sono stati completati nuovi impianti.

La tecnologia nucleare, in realtà non riduce le emissioni di gas serra: “Se consideriamo il processo di costruzione delle centrali, di estrazione dell’uranio dalle rocce uranifiche, il suo trasporto e lo smaltimento delle scorie, il decomissioning delle centrali, ci accorgiamo che il contributo del nucleare è molto tardivo e meno efficiente rispetto alle fonti rinnovabili. Anche in termini di creazione di posto di lavoro, le rinnovabili risultano molto convenienti: la Germania in meno di 10 anni ha creato oltre 250.000 posti di lavoro in questo settore”.

Rispetto a quelli di seconda generazione, i reattori di terza generazione, ovvero quelli che dovrebbero essere costruiti in Italia con tecnologia francese, cercano di ovviare a due problemi dello sfruttamento dell’energia atomica: quello della sicurezza, confinando il cuore del reattore per evitare fughe radioattive, e quello delle scorie, migliorando la combustione del materiale fissile per ridurre la quantità di scorie prodotte. “Gli unici due impianti Epr (reattori di terza generazione, ndr) in costruzione in Europa sono in Francia e Finlandia – continua Tonzar – hanno ritardi enormi dovuti all’aumento dei costi per rispettare gli standard di sicurezza che comunque non permettono di escludere incidenti. Il cantire dell’Epr finlandese, avviato nel 2005, ha quasi quattro anni di ritardo e 3 miliardi di euro di costi supplementari, L’Epr di Flamanville, iniziato nel 2007, ha già un anno di ritardo e ad oggi è costato un miliardo di euro in più del previsto. L’ultima notizia è la riserva espressa dalle autorità preposte alla sicurezza nucleare dei paesi in questione proprio sull’affidabilità dei reattori in questione”. Tonzar sottolinea inoltre che non esiste compagnia assicurativa che copra interamente i danni derivanti da incidenti nucleari.

Non bisogna dimenticare il costo economico delle centrali: secondo una ricerca dell’Mit di Boston, in 4 anni il costo per kilowatt installato è salito da 2000 a 4000 dollari, anche se viene generalmente sottostimato. Nel caso italiano, si deve tenere conto anche dei costi dello smantellamento delle centrali nucleari in funzione prima del 1987, valutati in circa 4 miliardi di euro.
Anche se il governo promette investimenti combinati nelle fonti rinnovabili, gli alti costi del nucleare ridurrebbero di molto lo spazio dedicato alle energie pulite. “Insomma – conclude Tonzar – nell’ottica del buon padre di famiglia, il nucleare è una scelta irresponsabile per le generazioni attuali e future, a livello nazionale e locale, ed è importante che la popolazione sia sempre informata riguardo a queste tematiche”.

Athena Tomasini da bora.la

mercoledì 11 novembre 2009

La catacombe dell'atomo nel caveau delle scorie



Cinquecento metri sotto le argille dello Champagne, i francesi stanno costruendo i "sarcofagi" dove verranno smaltiti i rifiuti delle centrali atomiche. Saranno radioattivi per 300mila anni

BURE - L'ascensore viaggia a due metri al secondo. Fra pause e rallentamenti, ci vogliono otto minuti per arrivare in fondo, sotto quasi 500 metri di roccia. La cabina ha pareti e grate di acciaio, di un rosso vivace. È un ascensore da miniera. Ma questa non è una miniera.

Nell'intrico di gallerie che si apre davanti alla porta si scava, solo per seppellire. L'argilla della terra che dà al mondo lo champagne accoglierà le bare di qualcosa che vivo non è stato mai, ma che ora è, e resterà a lungo, assolutamente letale. Siamo alla destinazione finale delle scorie radioattive. Queste sono catacombe: le catacombe dell'atomo. Lungo le pareti di una roccia grigia e polverosa si aprono i loculi.

Ai Comuni che hanno accettato di farsi scavare sotto campi e foreste, il governo ha distribuito circa 20 milioni di euro

Scelte zone non a rischio terremoti e nel profondo di una roccia, dove l´acqua non può infiltrarsi Ma non tutte le rocce sono uguali

Dentro al contenitore in acciaio inossidabile, i residui sono schermati da un secondo involucro in vetro
Il costo del "cimitero" dell´atomo è di circa 60 miliardi di euro, quanto l´intero deficit italiano

L'imboccatura è un foro circolare, con un diametro di non più di settanta centimetri, che introduce ad un cunicolo profondo fino a 40 metri. Qui verranno infilati i sarcofagi, lunghi poco meno di una bara - circa un metro e sessanta - dove sono stati deposti i residui di combustibile nucleare spento, destinati a restare attivi per centinaia di migliaia di anni. Il termine tecnico è "scorie ad alta radioattività e a vita lunga". In ogni cunicolo ce ne stanno dodici: ma la successione ne prevede uno pieno e due vuoti, per limitare il carico radioattivo e disperdere più facilmente l'enorme calore accumulato.

Bure, in realtà, non è la destinazione finale delle scorie. E' un laboratorio, un modello, dove si studiano e si affinano tecniche e procedure del confinamento.

Ma si sa già che il vero deposito sarà costruito a qualche chilometro da qui, dentro la stessa roccia, ai confini dei dipartimenti della Meuse e della Haute Marne, a ridosso delle colline, dove coltivatori grandi e piccoli curano, con precisione maniacale, le vigne che danno alla Francia la gloria nazionale dello champagne. La costruzione inizierà nel 2015, il cimitero comincerà ad accogliere i primi sarcofagi nel 2025. Qualche Comune ha protestato e si è chiamato fuori. Altri hanno accettato di farsi scavare sotto campi e foreste. Il governo ha distribuito circa 20 milioni di euro per la costruzione di scuole e infrastrutture sul posto. La Francia spera così di aver tamponato il problema più spinoso dell'intera partita nucleare: se un reattore in funzione fa paura, qui ed ora, le scorie spaventano per 300 mila anni e via, oltre ogni comprensibile conto: il pianeta che verrà.

Non tutte le scorie, peraltro, sono così pericolose. Anzi, lo è solo una quota minima. Anche se va trattato con mille cautele ed attenzioni, ad esempio seppellendolo nel cemento, poco meno del 90 per cento dei rifiuti nucleari ha una vita radioattiva inferiore ai 30 anni. E meno del 5 per cento sono quelli con una vita semieterna e un'alta radioattività.

Se togliamo da questa quota gli involucri dei reattori e delle pasticche di combustibile, restiamo con il nocciolo duro delle scorie: in sostanza, l'uranio esaurito dei reattori. Una volta riprocessato per ottenerne combustibile fresco, quello che resta è lo 0,2 per cento del totale delle scorie. Ma questo 0,2 per cento rappresenta il 95 per cento della radioattività totale. E lo 0,2 per cento di 1 milione 800 mila metri cubi - il totale di scorie radioattive che le centrali francesi avranno accumulato al 2020 - è la rispettabile cifra di 3.600 metri cubi. Dove metterli?

In una zona che non sia a rischio terremoti e nel profondo di una roccia, dove l'acqua non possa infiltrarsi. Ma non tutte le rocce sono uguali. "Quelle adatte - spiega Bertrand Vignal, dell'Andra, l'organismo francese che si occupa della gestione dei rifiuti radioattivi e del laboratorio di Bure - sono il sale, il granito, l'argilla". Il sale è difficile da trovare. I finlandesi - gli unici al mondo, oltre ai francesi, che stanno costruendo un deposito definitivo per le scorie, ad Olkiluoto, vicino alla nuova centrale in costruzione - hanno scelto il granito. "E' solido e compatto - dice Vignal - ma è più permeabile alla radioattività". Nel progetto finlandese, infatti, i sarcofagi delle scorie ad alta radioattività prevedono una addizionale camicia di rame. I francesi, invece, pensano di poterne fare a meno. Alti un massimo di un metro e sessanta, larghi 64 centimetri, i sarcofagi di Bure sembrano enormi proiettili di cannone, con un'ansa in cima per consentirne il movimento e la gestione automatizzati.

Dentro il contenitore esterno in acciaio inossidabile, i residui sono schermati da un secondo involucro in vetro. "In realtà - ammette, davanti ad uno dei loculi, Marc - Antoine Martin, ancora dell'Andra - noi sappiamo benissimo che, entro 300 anni, nell'involucro ci sarà il primo forellino". E allora? "A questo punto, a contenere la radioattività ci pensa la roccia". "Abbiamo scelto l'argilla - spiega Vignal - perché, rispetto al granito, la radioattività si muove più lentamente attraverso l'argilla. Noi calcoliamo che, quando avrà risalito i 500 metri verso la superficie, la radioattività iniziale delle scorie sarà scesa ai livelli che si trovano normalmente in natura".

Funziona? E', per ora, ancora una scommessa. "In questo campo, non esistono certezze scientifiche" dicono all'Irsn, l'istituto francese che si occupa specificamente degli aspetti tecnici e scientifici della sicurezza nucleare. "Tutti i tentativi di creare dei modelli delle interazioni a lungo termine di un sistema così complesso sono discutibili e discussi, avvolti in parecchie incertezze". L'elenco che ne fa l'Irsn è lungo: le reazioni chimiche determinate dalle radiazioni dentro i fusti, la fisica dei flussi all'interno delle materie radioattive immagazzinate, il comportamento dei metalli e del cemento impiegati nello stoccaggio, la possibilità stessa che lo scavo delle catacombe possa danneggiare la roccia e creare crepe entro cui si potrebbe infilare l'acqua, offrendo alla radioattività una facile e rapida via di fuga". "Non si possono applicare semplicemente - concludono all'Irsn - gli usuali parametri di radioprotezione".

Per questo, a Bure, si continua a lavorare e a sperimentare. Soprattutto, la legge francese sulle scorie prevede esplicitamente la "reversibilità". Anche una volta sigillati i loculi, le catacombe di questo Est della Francia resteranno aperte per altri 100 anni. I tecnici continueranno a scendere, con l'ascensore rosso, nelle gallerie grigie a monitorare la situazione, ma anche, eventualmente, ad estrarre i sarcofagi. Nel caso si scoprano metodi più sicuri di stoccaggio delle scorie o che entri finalmente in funzione la nuova generazione di reattori, in grado di bruciare completamente il combustibile e azzerare il problema dei rifiuti ad alta radioattività. Nel frattempo, però, le scorie continueranno ad accumularsi. Il cimitero nucleare previsto fra la Meuse e l'Haute Marne è progettato per accogliere 6 mila metri cubi di scorie altamente radioattive. Di fatto, aprirà nel 2025 e sarà pieno fino all'orlo nel 2030. Poi? "Possiamo sempre estenderlo" assicura Martin.

Su una cosa, però, i francesi non hanno dubbi. Nel suo ufficio all'Assemblea Nazionale, Claude Birraux, presidente dell'Ufficio parlamentare di valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche, torna e ritorna su un punto: "La legge che abbiamo votato è chiarissima. Non accetteremo in Francia scorie che non provengano dalle centrali francesi. Ogni paese si gestisca le sue".

Per l'Italia, che si accinge a varare un piano nucleare nuovo di zecca, significa far salire di un gradino il livello di complessità delle scelte. Si tratta non solo di trovare un posto che non rischi terremoti e abbia la roccia adatta, per installarvi un deposito permanente di scorie, ma anche di pagarlo, facendo salire ulteriormente la fattura nucleare. Nell'ipotesi migliore (cioè che i costi rispettino il preventivo) le quattro centrali a cui pensa l'Enel costeranno poco meno di 20 miliardi di euro. Se se ne realizzassero otto, come progetta il governo, il costo sarebbe vicino ai 40 miliardi. A questi bisogna aggiungere il deposito: quello progettato a Bure costa, da solo, 15 miliardi di euro, quanto tre centrali. Poi bisogna aggiungere i depositi per le scorie meno pericolose. Il totale è vicino ai 60 miliardi di euro, quanto l'intero deficit statale l'anno scorso.

Maurizio Ricci da repubblica.it

Thom Yorke contro il Governo Britannico: no al nucleare




Thom Yorke non ha preso benissimo l’annuncio del Segretario dell’Energia del Governo Britannico di individuare dieci nuovi siti per la costruzione di altrettante centrali nucleari in Inghilterra e Galles.

Detto fatto: il leader dei Radiohead ha immediatamente scritto un suo commento alla notizia su Dead Air Space nel sito della band. Poche righe, poetiche e sarcastiche per protestare sulla decisione. Il titolo? Ovvio, nella sua immediatezza: “Nuclear power no thanks” (Energia nucleare no grazie). Di seguito, il testo del suo intervento.

A causa delle pressioni della CBI
e sulla scorta della confusa convinzione che in futuro
potremo continuare a consumare energia come facciamo oggi
troppo preccupati per pensare al di fuori della loro soffice, isolata nuvoletta politica
i membri del Governo Britannico si stanno impegnando
per la costruzione di una nuova serie di centrali nucleari
per le quali non abbiamo neanche i soldi.
Ottimo.
Davvero perfetto.
Ben fatto, ragazzi.
Ci avete pensato a lungo, vero?

lunedì 9 novembre 2009

NO ALL'ATOMO, IN PIAZZA A 22 ANNI DAL REFERENDUM




Gli ambientalisti continuano a contestare le scelte energetiche del governo. Angelo Bonelli: «Raccoglieremo le firme per una nuova consultazione popolare»


Pensavano d'aver vinto, consumando scarpe, passando notti insonni a girare l'Italia per raccogliere le firme necessarie per bloccare la follia del nucleare, e invece no, gli antinuclearisti sono costretti oggi a riarmarsi di buona volontà e a ricominciare da capo.
L'età non è più la più stessa, e quel gruppo di simpatici pacifisti sinistroidi con le timberland ai piedi e le T-shirt con su scritto "Nucleare, No Grazie" sono diventati esponenti politici, giornalisti, magistrati, e soprattutto professori universitari.
Oggi il governo Berlusconi e la sua scelta di costruire in Italia 4 nuovi reattori nucleari li costringe a rispolverare dagli armadi spillette e bandiere per riprendere la vecchia battaglia e difendere la volontà del popolo italiano, un popolo sempre più "inquinato". «Oggi come ieri ringraziamo quei 21 milioni di cittadini che fecero quella scelta», spiega il presidente dei Verdi Angelo Bonelli.
L'8 e il 9 novembre del 1987 gli italiani votarono, infatti, il referendum contro il nucleare.
Sabato pomeriggio a Roma si è tenuta una manifestazione (a Largo di torre Argentina) per celebrare l'anniversario della consultazione popolare.
Ma ora quel risultato è in pericolo: mai come oggi, nell'arco di questi 22 anni, ci si è avvicinati tanto all'inversione di rotta. «Vogliamo iniziare già da oggi (sabato dr) una fase consultiva con il mondo delle associazioni e delle imprese "verdi", per intraprendere una nostra strada contro la scelta del governo», annuncia Bonelli, paventando seriamente la possibilità di raccogliere le firme per un altro referendum.
«Hanno fatto bene le Regioni a sollevare il dubbio di legittimità davanti alla Corte», spiega il leader ambientalista.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione infatti lo Stato concorre con le Regioni in materia energetica. Difficile immaginare quindi che il governo possa decidere autonomamente la localizzazione dei siti per la costruzione delle nuove centrali.
Ne sa qualcosa lo storico antinuclearista, docente di Fisica all'Università la Sapienza di Roma Massimo Scalia, che pochi giorni fa ha risposto all'appello del sindaco di Palma di Montechiaro, in Sicilia, dopo che il Governatore Raffaele Lombardo ha proposto il Comune come possibile location atomica.
«Sono sceso in Sicilia per aprire un dibattito con i ragazzi e spiegare loro tutti i rischi legati a questa tecnologia - afferma Scalia -. In realtà una rifrescata di certe nozioni servirebbe anche ai trentenni, che non hanno memoria dell'incidente nella centrale di Chernobyl. Il problema - aggiunge - è che i media hanno un'inclinazione verso il nucleare perché sono molto sensibili a certi sponsor».
Impossibile in effetti sfuggire al messaggio che passa su molti mezzi di comunicazione che la vicinanza alle centrali di Francia e Slovenia espone l'Italia ad un rischio pari a quello di avere i siti nucleari in casa nostra. «Una stupidaggine che non mi stancherò mai di contraddire - risponde crucciato crucciato il fisico -. Se prendiamo una mappa del rischio nucleare si può notare come le zone immediatamente circostanti le centrali siano segnate da un colore rosso acceso, nel raggio delle 5 miglia. Una traccia rosa contraddistingue invece il confine entro le 16 miglia».
Ma, oltre ai rischi, a rimarcare l'inefficienza economica e i danni sulla salute che provoca l'atomo è il biologo Gianni Tamino. «Abbiamo vinto il referendum nell'87 anche perché il nucleare in Italia era già finito - spiega -. Se calcoliamo quanto sono costate le centrali italiane rispetto all'energia prodotta ci ritroviamo davanti a un bilancio nettamente passivo. Oggi dobbiamo far capire che il rischio dell'incidente c'è, come sempre, ma al di là di questo non abbiamo nessun vantaggio sulla riduzione Co2, e il bilancio energetico non è favorevole perché l'uranio non è una risorsa illimitata. I costi sono dunque destinati a salire, senza dimenticare quelli per lo smantellamento delle centrali già esistenti».
Le nostre infatti stanno ancora lì: un mausoleo della storia dell'inquinamento del Belpaese a cui pare il governo non voglia proprio rinunciare. Anzi.

Susan Dabbous da Terra

FRANCIA, TUTTI I DANNI DEL NUCLEARE. SCAJOLA "NOI ANDREMO AVANTI"

Ottobre è stato un mese catastrofico per l'industria atomica d'Oltralpe. Tra scandali, illegalità e danni ambientali, crolla il mito dell'infallibilità di un modello energetico che, invece, il governo italiano vorrebbe imitare


Rien ne va plus. Alla francese si potrebbe riassumere così il bilancio catastrofico dell'ottobre nero dell'industria nucleare transalpina, travolta nell'ultimo mese da una successione di scandali, richiami internazionali e rivelazioni scomode. Una lunga serie di cattive notizie, che giorno dopo giorno, sta lentamente minando l'infallibilità di un modello energetico a cui il governo italiano si ostina, invece, a guardare per il rilancio del nucleare nel nostro Paese. La prima brutta sorpresa arriva il 6 ottobre dalla Normandia, dove Greenpeace rende note le conclusioni di un rapporto indipendente sulla gestione del più grande centro di stoccaggio di scorie nucleari europeo, il Centre de Stockage de la Manche. Dopo anni di silenzio, gli oltre 517mila metri cubi di rifiuti nucleari abbandonati nel suolo del Cotentin fra il 1969 e il 1994 ricominciano a far parlare di sé: i contenitori dei più vecchi rifiuti nucleari non sarebbero a norma, le strutture fatiscenti e a rischio crollo, le nappe freatiche delle zona vittime di una pesante contaminazione da tritium. L'indifferenza mediatica che accoglie il rapporto viene interrotta, una settimana dopo, dalla diffusione di un documentario trasmesso dal canale Arte che rivela come la Francia continui a inviare in Siberia una parte cospicua dei suoi rifiuti altamente radioattivi. Areva, il leader del nucleare transalpino, ammette il traffico sospetto di uranio impoverito, rimandando la responsabilità al suo concorrente Edf, a cui anche il governo è costretto a ordinare un'inchiesta interna. Come se non bastasse, il giorno dopo arriva lo scandalo che, più di tutti,
in queste ultime settimane, ha scosso la compattezza istituzionale dei protagonisti del nucleare transalpino e la coscienza ambientale dei francesi. Il 14 ottobre, l'Autorità di sicurezza nucleare (Asn) ferma le operazioni di smantellamento della centrale di fabbricazione del combustibile nucleare mox di Cadarache, in seguito all'ammissione da parte dei responsabili del Centre d'energie atomique (Cea) del ritrovamento di quattordici chili in eccesso di plutonio, rispetto agli otto inizialmente stimati. In totale, i chili di pericolosissime polveri della sostanza alla base della bomba atomica potrebbero essere addirittura trentanove, secondo le ultime stime dei responsabili del Cea, contro i quali si scatena l'ira dell'Asn e del governo per aver tenuto segreto un dato che conoscevano già dal mese di giugno e aver messo gravemente a repentaglio la sicurezza dei lavoratori. Neanche il tempo di creare una commissione di inchiesta parlamentare sulla vicenda che i riflettori delle televisioni francesi si accendono di nuovo sul sito di Cadarache: dopo il plutonio, questa volta sono sei chili di uranio arricchito in eccesso rispetto ai limiti di legge a preoccupare le autorità. L'ultima bufera che si abbatte sul nucleare francese e le sue centrali di nuova generazione arriva invece il 2 novembre. Utilizzando una formula finora inedita, le autorità di sorveglianza nucleare francese, finlandese e britannica intimano congiuntamente ad Areva di rivedere la concezione dell'apparato di sicurezza del prototipo Epr, i cui primi reattori, fra aumenti di costi vertiginosi e tempi di consegna che sembrano allungarsi all'infinito, sono attualmente in costruzione in Finlandia e Normandia. Secondo il governo italiano, che ha scelto proprio l'Epr per rilanciare l'energia atomica, anche questa volta le nuvole del nucleare sono però destinate a fermarsi al confine: «Questi rilievi non rallentano il percorso del nucleare italiano», ha reagito il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

Clara Gibellini da Terra

Clima. Legambiente promuove in Italia la campagna internazionale “Don’ t nuke the climate”



“Il nucleare non serve al clima. Mobilitiamoci per escludere l’ atomo dal nuovo accordo sui cambiamenti climatici”. È l’ appello lanciato da Legambiente a poche settimane dal vertice di Copenaghen, dove dal 7 al 18 dicembre 2009 i governi di tutto il mondo dovranno sottoscrivere i nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra a partire del 2012, anno di scadenza del Protocollo di Kyoto.

Un invito a dire no al nucleare e a convincere i delegati che si riuniranno al summit Onu che le centrali non sono la soluzione per contenere la temperatura del pianeta, rivolto ai cittadini italiani dall’ associazione che ha aderito alla campagna internazionale Don’ t nuke the climate coordinata dal network francese Sortir du nucléaire e portata avanti da 283 organizzazioni in 41 paesi.

“Il nucleare non deve essere considerato uno strumento di lotta ai cambiamenti climatici - spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente -. Ritenerlo tale, cedendo alle pressioni dell’ industria atomica e di alcuni Stati, a cominciare dalla Francia, sarebbe un grave errore: sottraendo le risorse alle vere soluzioni per il clima, le fonti rinnovabili e l’ efficienza energetica, pregiudicheremmo la possibilità di vincere nei tempi dovuti la sfida climatica. Ecco perché chiediamo ai delegati e ai governi che parteciperanno alla Conferenza di Copenaghen di rifiutare con forza l’ ipotesi di considerare il nucleare una tecnologia pulita e di includerlo nella nuova intesa. La riduzione delle emissioni è ormai un’ urgenza e l’ energia dall’ atomo è inefficace e dannosa”.

L’ obiettivo della campagna è di raccogliere firme in tutto il mondo per consegnarle ai delegati del summit sul clima. La petizione si può firmare sul sito www.legambiente.eu e ognuno può anche metterci la faccia inviando la propria foto a www.dont-nuke-the-climate.org, per dare un volto, anzi tantissimi, al no al nucleare.

Per evitare conseguenze irreversibili sul pianeta, da qui al 2050 è necessario ridurre le emissioni mondiali di gas serra di almeno l’ 80% rispetto al 1990. “Mentre i paesi industrializzati devono diminuirle del 40% entro il 2020 - aggiunge Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -, un obiettivo ambizioso a medio termine che il documento che uscirà da Copenaghen deve assolutamente fissare. Bisogna inoltre obbligare le economie ricche a trovare i finanziamenti necessari per fermare la febbre del pianeta anche nei paesi del sud del mondo e promuovere soluzioni adeguate, tra cui il nucleare non trova posto”.

Nel Protocollo di Kyoto il nucleare è stato giustamente escluso dalle tecnologie che servono alla riduzione dei gas serra, perché costoso, ancora pericoloso e non efficace nella lotta ai cambiamenti climatici. Occorre sapere, infatti, che un sistema energetico basato sul nucleare produce 7 volte più CO2 di un sistema a cogenerazione. Il nucleare emette quantità tutt’ altro che trascurabili di gas serra: nel computo non vanno dimenticati la costruzione e lo smantellamento delle centrali, l’ estrazione e il trasporto dell’ uranio, il trattamento delle scorie, il cui smaltimento definitivo rimane peraltro un problema insoluto.

Il nucleare ha bisogno di enormi investimenti e richiede l’ intervento dello Stato e ingenti sussidi. Secondo il MIT di Boston negli ultimi 4 anni il costo del KW installato è salito da 2000 a 4000 dollari. Considerando che ci vogliono almeno 10 - 15 anni per costruire un nuovo reattore, il contributo del nucleare alla riduzione della CO2 oltre a essere minimo e molto costoso sarebbe comunque tardivo. Per ogni euro investito in energie rinnovabili si ottengono riduzioni di gas serra fino a 11 volte maggiori di quanto è possibile fare con il nucleare.

L’ ufficio stampa Legambiente

NUCLEARE DI TERZA GENERAZIONE SICURO ? UN' UTOPIA

L'ottobre 2009 sarà probabilmente ricordato come uno dei mesi neri del nucleare francese: il 6 Greenpeace ha pubblicato un rapporto che evidenzia la gestione catastrofica del centro di stoccaggio delle scorie nucleari de la Manche; il 13 Arte ha trasmesso un documentario sull'esportazione di decine di migliaia di tonnellate di scorie nucleari francesi in Siberia; il 14 l'Autorité de Sûreté Nucléaire (Asn) francese ha chiesto il blocco delle operazioni di smantellamento di un impianto di produzione di combustibile Mox; Areva e il Commissariat à l'Energie Atomique (cea) hanno perso decine di Kg di plutonio nell'impianto di Cadarache e l'Asn ha parlato di «Un rischio grave ed imminente».

Novembre potrebbe però rivelarsi ancora più funesto per il nucleare transalpino : il 2 novembre Rte (il distributore di energia elettrica francese) ha reso noto che un terzo dei reattori nucleari è fermo per operazioni di manutenzione e che almeno 5 hanno avuto incidenti seri, visto che il nucleare fornisce l'80% dell'elettricità francese, questo significa che quest'inverno la Francia dovrà importare energia dai Paesi confinanti, anche quelli che non hanno o stanno abbandonando il nucleare.

Ma probabilmente, la peggiore tegola sul nucleare francese è arrivata, sempre il 2 novembre, dall'Asn e dalle sue consorelle: l'autorità per la sicurezza nucleare finlandese Stuk e quella britannica Uk-Nii (United Kingdom Nuclear Installation Inspectorate), che hanno espresso fortissimi dubbi sui sistemi di sicurezza dei reattori Epr, quelli che il nostro governo ci addita come esempio di pulizia, affidabilità ed economicità.

Le tre autorità di sicurezza chiedono nientemeno «di migliorare il progetto iniziale dell'Epr», quindi Areva dovrà rivedere i suoi impianti francesi e finlandesi, ma due Epr sono in costruzione a Flamanville (Manche, Francia), e in Finlandia, un altro è progettato in Francia a Penly, (Seine-Maritîme). Il cantire dell'Epr finlandese, avviato da Areva nel 2005, ha già 44 mesi di ritardo e 3 miliardi di euro di costi supplementari, L'Epr di Flamanville, iniziato da Edf nel 2007, ha già un anno di ritardo e ad oggi è costato un miliardo di euro in più del previsto.

Greenpeace ha chiesto: «La chiusura immediata dei due cantieri Epr e l'annullamento del progetto di Penly; un "droit d'inventaire" sui materiali nucleari: quantità, localizzazione e flussi; l'attuazione di un dibattito democratico che non ha mai avuto luogo sul nucleare; una moratoria immediata su tutte le esportazioni di materiali nucleari verso la Russia, almeno per il tempo che le inchieste ordinate da Jean-Louis Borloo, ministro dell'ambiente, terminino».

Areva, che ha l'appalto della costruzione dell'Epr francese, ieri ha tentato di minimizzare dicendo che le richieste dell'Asn di modificare il software di pilotaggio dei reattori Epr non ritarderà, almeno a questo livello di realizzazione, la costruzione degli impianti nucleari (che di ritardi ne hanno già moltissimi...) e che il reattore di Flamanville entrerà in funzione nel 2012.

Secondo Areva «La sicurezza dell'Epr non è stata messa in causa ed ha assicurato che insieme ad Edf darà tutte le risposte necessarie entro la fine del 2009. L'Epr é attualmente il reattore più potente del mondo e risponde alle più alte esigenze di sicurezza», ma intanto il suo titolo ieri è precipitato in borsa dopo che era stata reso noto il testo delle autorità di sicurezza sul nucleare: «Il design dell'Epr, così come é proposto da chi ha comprato la licenza (Edf, ndr) e dal fabbricante Areva, non é conforme al principio di indipendenza, nella misura in cui esiste un altissimo grado di interconnessione complesso tra i sistemi di sicurezza e di pilotaggio».

Il pasticcio degli Epr riguarda già ora l'Italia, visto che l'Enel partecipa con una quota del 12% all'avventura del nucleare di terza generazione di Areva in costruzione a Flamanville. «Altro che gioiello della tecnologia, la sicurezza dell'Epr è pura utopia - dice Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - Il governo italiano ha propagandato, nell'ultimo anno e mezzo, la terza generazione avanzata come una tecnologia sicura e pulita senza fare i conti con la realtà; ora la bocciatura delle agenzie di sicurezza mette in evidenza i rischi a cui andrebbero incontro le popolazioni dei territori interessati dalla costruzione di questo tipo di centrale.

Legambiente continuerà la sua mobilitazione "per il clima, contro il nucleare" per informare correttamente i cittadini delle aree del nostro Paese che rischiano l'arrivo dei quattro reattori previsti dall'accordo italo francese di febbraio scorso. A cominciare da Caorso, Latina, Trino Vercellese e Garigliano, i quattro siti già sede delle nostre vecchie centrali, ma anche Montalto di Castro, Monfalcone, Termoli, Termini Imerese e alcune zone della Puglia».

Il nuovo scandalo del "nucleare sicuro" dovrebbe essere noto da tempo e "Sortir du nucléaire" fa una cronologia dei fatti ignorati: «Il primo luglio 2009, il quotidiano britannico The Times rivela che l'Autorità di sicurezza britannica (NII) mette seriamente in causa la sicurezza del sistema di controllo-comando dell'Epr e scrive a questo riguardo ad Edf ed Areva; Il 7 luglio 2009, dopo aver scoperto le informazioni provenienti dalla Gran Bretagna, l'Asn annuncia che "sta elaborando la (sua) posizione sul controllo-comando" del reattore nucleare Epr. Era davvero tempo: da anni autorizza la costruzione di Epr in Finlandia e poi in Francia; Il 2 novembre 2009, le Autorità di sicurezza francesi e finlandesi si aggiungono alla NII per rimettere in causa il controllo-comando dell'Epr».

Le conclusioni degli antinucleari sono sconfortanti: «C'è stato quindi bisogno che fosse l'Autorità di sicurezza britannica - scelta da Edf ed Areva che speravano allora di costruire dei reattori oltre Manica - a rilevare gravi carenze... che non aveva segnalato l'Asn francese. L'Asn si difende in maniera perfettamente ridicola: per valutare la sicurezza del controllo-comando, aspetterebbe che quest'ultimo sia in corso di installazione nel reattore Epr attualmente in costruzione a Flamanville (Manche). Ma perché aspettare? L'Autorità di sicurezza britannica ha immediatamente segnalato queste gravi carenze mentre l'Epr non esiste che in maniera virtuale in Gran Bretagna... e potrebbe non essere mai costruito».
da finanzainchiaro.it

Londra si prepara a costruire super deposito scorie

Ospiterà rifiuti atomici di dieci nuove centrali

Roma, 9 nov. (Apcom-Nuova Energia) - Le scorie radioattive prodotte dalla nuova generazione di centrali nucleari britanniche saranno stoccate in un deposito sotterraneo di profondità che potrebbe costare fino a 18 miliardi di sterline. Lo scrive il quotidiano The Times, anticipando l'annuncio che il governo di Londra di prepara a fare oggi. Il segretario all'Energia Ed Miliband darà il via libera formale alla costruzione di un "deposito geologico profondo" per lo stoccaggio permanente delle 200 tonnellate di scorie ad alto livello che verranno prodotte ogni anno dai dieci reattori programmati in Gran Bretagna. Ogni reattore produrrà 20 tonnellate l'anno di combustibile esaurito, che resterà radioattivo per 100mila anni, scrive il Times.

Nella nuova struttura deposito verranno anche stoccati in via permanente 5000 fusti di rifiuti nucleari ad alto livello accumulati nel corso dei passati programmi nucleari civili e militari, oggi temporaneamente depositati presso l'impianto nucleare di Sellafield. La Gran Bretagna produce il 15% del totale dell'energia da fonte nucleare, ma vuole aumentare la produzione al 25% entro il 2025. Oggi, sempre secondo il Times, il governo annuncerà anche una lista di undici possibili siti nucleari, tra cui Hinkley Point in Somerset, Sizewell in Suffolk e Wylfa in Anglesey, già sede di vecchie centrali. Occorreranno anni invece per la scelta del sito del deposito di scorie.


091037 nov 09

giovedì 5 novembre 2009

IL PERICOLOSO OPINIONISMO SUL RILANCIO DEL NUCLEARE


Uno dei pilastri della strategia di rilancio del nucleare in Italia è l’informazione. Enel ha organizzato un ciclo d’incontri con la stampa a Flamanville in Francia, dove è in costruzione il primo reattore Epr (Evolutionary power reactor). Le informazioni fornite sui quattro reattori da collocare in Italia sono: costi pari a 16-18 mld di euro, costo del kWh prodotto pari a 5,4 centesimi di euro, modello societario uguale a quello finlandese, finanziamento al 75 per cento con capitale di debito, 20 per cento equity e 5 per cento prestito azionisti. I soci ritirano l’energia a prezzo di costo. Apprendiamo che i siti saranno quattro, due al Nord, uno al Centro e uno al Sud e che sarà l’Agenzia per la sicurezza a indicare i criteri per l’idoneità del territorio a ospitare una centrale. Anche Ansaldo Energia coglie l’occasione per la presentazione del libro Ansaldo nucleare, per dire che vogliono un accordo industriale con Areva ed Enel, e che il blocco del nucleare ha solo una motivazione psicologica. Tutto piano e scorrevole quindi? No! Nel documento ufficiale Usa e sottoscritto dai Paesi partecipanti al programma della Generazione IV, “A Technology roadmap for Generation IV nuclear energy systems - December 2002”, il grafico di pag. 13 “Worldwide uranium resource utilization” evidenzia che per assicurare un futuro alla tecnologia nucleare civile è indispensabile sviluppare i reattori autofertilizzanti (autofertilizzante significa trasformazione dell’uranio presente in concentrazione del 99,9 per cento in plutonio). Le riserve di uranio bastano fino al 2030, considerando le riserve note, o al 2060, ipotizzando l’esistenza di ulteriori riserve. In nessun Paese lo sviluppo dei reattori veloci ha avuto successo, a causa dei rischi elevati (gestione di quantità elevate di plutonio, raffreddamento reattore con fluidi pericolosi come il sodio liquido, difficoltà di regolazione della reazione a catena “veloce”). In Italia l’energia elettrica incide sul bilancio energetico totale per il 18 per cento. I quattro reattori produrranno al 2020 una quantità di energia che sul bilancio energetico inciderà per meno del 3 per cento e un risparmio di CO2 pari al 7. Il contributo del nucleare italiano al contenimento delle emissioni globali sarà pari a un risparmio di 35 g ogni 28 kg di CO2. Si possono risparmiare al 201.670 mld di kWh (ricerca Confindustria con Enea e Cesi). Per il Gruppo politecnico Milano, su efficienza energetica il risparmio sarebbe di 83 mld di kWh al 2020, che sopravanzano i 50 mld di kWh prodotti dai quattro Epr. Difficoltosa è l’identificazione dei siti: stabilità geologica, assenza di faglie vicine che abbiano avuto movimenti negli ultimi 35mila anni, assenza di sismi inferiori al settimo grado della scala Mercalli negli ultimi 500 anni, lontananza da centri abitati e da altre infrastrutture, grandissima disponibilità di acqua: un Epr richiede 100mila litri al secondo! Uranio a “termine” e in Paesi a rischio, (tolto il Canada e l’Australia, detentori del 42 per cento delle riserve, gli altri fornitori sono il Niger, il Kazakistan e la Russia). Mercato dell’uranio in mano a sette società. Silenzio sul modello finlandese: rimozione rischio di mercato perché un pool di imprese acquista a prezzo predefinito e per lungo tempo il kWh. Questo ha consentito di ottenere un rating da S&Poor, Bbb e quindi un irripetibile tasso sui finanziamenti del 2,6 per cento! E ancora finanziamenti impropri da Coface e Swedish export agency, che concedono crediti all’esportazione. Censura, infine, sul limite assicurativo per incidenti pari a 700mila euro (Convenzione di Bruxelles) e sui costi finali di smantellamento. L’informazione, nel caso del nucleare, ci sembra opinionismo pericoloso.

Erasmo Venosi

NUCLEARE: GREENPEACE, TRE AUTHORITY BOCCIANO EPR SCELTO DA ITALIA

(AGI) - Roma, 4 nov. - Il nucleare scelto dall'Italia e' stato per il momento bocciato da tre agenzie di sicurezza: la francese ASN, la britannica HSE'sND e la finlandese STUK. Lo rende noto Greenpeace, rivelando il contenuto di un comunicato congiunto delle tre authority in cui si afferma che il progetto del sistema di automazione e controllo dell'EPR della francese Areva non soddisfa il "principio di indipendenza", ovvero il sistema di emergenza non e' indipendente da quello di normale funzionamento. "Questa violazione di un principio basilare della sicurezza nucleare era stata gia' sollevata a suo tempo dalla STUK in una lettera di accuse al costruttore AREVA lo scorso dicembre e fatta trapelare in aprile", sottolinea Greenpeace. Nella lettera inviata a Anne Lauvergeon, presidente di AREVA, si leggeva -spiega l'organizzazione ambientalista- che "la mancanza di conoscenze professionali di alcune persone che parlano negli incontri di esperti a nome della (sua) organizzazione non consentono di fare progressi nel risolvere le questioni. Quindi errori evidenti non vengono corretti e noi non riceviamo la documentazione con informazione adeguata e caratteristiche progettuali verificabili" La posizione congiunta di tre agenzie di sicurezza -ribadisce Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia- conferma "la gravita' di quello che sta accadendo in Finlandia e in Francia dove sono in costruzione i primi due EPR, reattori che si vorrebbero realizzare anche in Italia. E' chiaro che si tratta di un prototipo di cui non e' completo nemmeno il progetto e gia' lo si vende come tecnologia affidabile", dichiara Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, che aggiunge: "Non solo sono state riscontrate oltre 2100 'non conformit?' in cantiere a Olkiluoto, ma il progetto stesso del 'sistema nervoso centrale' del reattore non soddisfa i minimi criteri della sicurezza nucleare. Come fanno certi esponenti di Confindustria e del Governo a dire che questi reattori siano sicuri?".

da agi.it

mercoledì 4 novembre 2009

NUCLEARE: SVIZZERA, VERDI E PS CHIEDONO CHIUSURA CENTRALE BEZNAU

Aarau, 4 nov. - (Adnkronos/Ats) - Il Ps e i Verdi svizzeri dei cantoni di Argovia e Soletta e quattro organizzazioni antinucleari chiedono la chiusura immediata del reattore I della centrale nucleare svizzera di Beznau nel comune di Dottingen, in funzione da 40 anni.
Per gli oppositori, la centrale non sarebbe in grado di raffreddare i reattori in caso di un grave incidente. Il sistema di alimentazione elettrica d'emergenza non permetterebbe di evitare una catastrofe, scrivono in una lettera al consigliere federale, Moritz Leuenberger.

Il gruppo Axpo, proprietario della centrale, ha deciso di iniziare i lavori di potenziamento del sistema elettrico d'emergenza nel 2011. Gli autori della lettera giudicano 'inaccettabile' che la popolazione rimanga esposta ad un simile rischio ancora per due anni.
La legge imporrebbe la chiusura della centrale, ma ancora una volta, scrivono gli oppositori, 'gli interessi economici hanno la priorita' sulla sicurezza'.
Quella di Beznau e' la piu' vecchia centrale nucleare della Svizzera. Il reattore I e' entrato in funzione nel 1969 e il reattore II nel 1972. Insieme producono 6 miliardi di kilowattora all'anno, ossia circa il 10% del consumo di elettricita' della Svizzera.

Il gruppo Axpo e la societa' elettrica bernese Bkw/Fmb hanno inoltrato nel dicembre 2008 all'Ufficio federale dell'energia (Ufe), una domanda di autorizzazione per una nuova centrale da realizzare sul sito di Beznau. Una seconda richiesta di concessione interessa il sito della centrale di Muhleberg. Anche il gruppo Atel vuole costruire una nuova centrale nucleare per sostituire quella di Gosgen.

04-NOV-09 12:06

martedì 3 novembre 2009

Cunsky o no, il traffico di rifiuti è l’eredità del vecchio nucleare

ECOMAFIE. Sono 25, secondo i Lloyds di Londra, le navi affondate nelle acque del Mediterraneo, 40 secondo le Procure. Dal passato giungono conferme di come il problema delle scorie sia la questione ancora irrisolta del ritorno all’atomo.

La protesta calabrese per la presunta esistenza di scorie radioattive nel mare di Amantea e sull’Aspromonte richiama i pubblici decisori a risolvere le questioni legate ai rifiuti pericolosi. Secondo i Lloyds di Londra nel Mediterraneo sono “affondate” 25 navi che necessitano di rigorosi approfondimenti d’indagine. Molteplici sono le “stranezze” dei naufragi e appare fondato il sospetto di traffici di rifiuti pericolosi. Secondo varie Procure, le navi “naufragate” sarebbero 40. Ogni anno scompaiono 8 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. A ciò si aggiunge il traffico criminale di scorie nucleari, che può contare su sofisticati strumenti come il Dodos (Deep ocean data operating), come si apprende dall’audizione in commissione parlamentare del procuratore di Trieste.

Una specie di siluro che contiene 246 a repentinità con la quale è stato possibile escludere che il relitto trovato sui fondali del mare di Cetraro fosse una “nave dei veleni”. Auspichiamo che sia profuso un pari impegno per rispondere ai pluridecennali e inquietanti enigmi di navi affondate e di cui non si è saputo più nulla: “Anni”, “Mikigan”, “Euroriver”, “Alessandro I”, “ Koraline” e l’inquietante “Riegel”. Tutte navi da carico, vecchie e naufragate in fondali profondissimi del Mediterraneo. Il Mar Ionio ha punti profondi 1.500 metri. Due commissioni parlamentari d’inchiesta sul ciclo illegale dei rifiuti, più una terza per l’assassinio di Ilaria Alpi, non hanno consentito l’acquisizione della verità. Sono venti anni che si cerca di dare una soluzione alle scorie radioattive condizionate, di prima e seconda categoria, attraverso la costruzione di un deposito superficiale. Il gruppo di lavoro misto Regioni-Stato, costituito con decreto dell’allora ministro Bersani, nel febbraio 2008, aveva il compito di individuare procedure e metodologie per la scelta del sito unico del deposito per i materiali radioattivi. Ha concluso i suoi lavori nel settembre dello scorso anno.

Lavoro che attinge a quello del 1999 della commissione bicamerale presieduta dal Verde Scalia. Sul tavolo del ministro Scajola è arrivato l’elenco delle aree idonee per la costruzione del deposito. Il ministro è impegnato molto con i reattori Epr da costruire e poco con l’eredità del vecchio nucleare. Eppure ogni anno il settore medico produce scorie radioattive per 500 tonnellate. Stoccate nel sito della Casaccia, che entro quattro anni non potrà accogliere nemmeno un kg in più. A Trino ci sono ancora in raffreddamento 47 barre di uranio irraggiato, che contengono plutonio. Bisogna togliere l’acqua in cui nuota il pescecane della ecomafia. Ridurre i costi di stoccaggio dei rifiuti pericolosi, realizzare il deposito superficiale e modificare la normativa. Assurdo e incredibile che il legislatore non abbia modificato la norma che rende inapplicabi le qualsivoglia aggravio per traffico di rifiuti radioattivi.

La norma (art. 260 T.U.), infatti, parla di una generica “alta radioattività” applicata ai rifiuti pericolosi (sic!). I rifiuti radioattivi, invece, sono assoggettati al dlgs 230/1995. Appare comunque incomprensibile che finanziamo l’attività di disarmo nucleare e chimico della Federazione russa con 360 milioni di euro per ogni comparto e con un ulteriore residuo di 280 milioni di euro ancora da destinare, e poco è stato fatto per risolvere il problema delle scorie radioattive e del traffico illecito dei rifiuti pericolosi. Un governo russo che, nel 1993, ammise di aver sversato rifiuti liquidi radioattivi nel Mar Artico e 15 reattori nel Mar di Kara.

Erasmo Venosi da Terra

NUCLEARE: FRANCIA, RISERVE SU EPR RILANCIANO POLEMICHE

(ANSA) - PARIGI, 3 NOV - Le riserve espresse dalle autorita' di controllo di Francia, Finlandia e Regno Unito sul sistema di sicurezza del reattore nucleare Epr rilanciano in Francia le polemiche sul nucleare. All'indomani della richiesta di revisione dei sistemi di controllo dell'Epr, attualmente in costruzione in Europa, in Finlandia e in Normandia, sia i socialisti che i verdi chiedono una commissione parlamentare sulla sicurezza nucleare.
Nel chiedere una commissione d'inchiesta accompagnata da un 'dibattito nazionale', la segretaria nazionale del Ps all'energia, Aurelie Filippetti, ha sottolineato 'le gravi inquietudini' sollevate per quanto riguarda 'la sicurezza e la trasparenza in materia nucleare'.
La senatrice 'verde' Dominique Voynet, ex ministra dell'Ambiente, ritiene da parte sua necessaria 'una pausa di riflessione' per lavorare 'sulla strategia proposta al livello europeo in cui non si propone il nucleare per uscire dal dilemma dell'effetto serra'. 'L'Epr vuol dire un cantiere rovinoso, oltre 3 miliardi di euro, un ritardo di vari anni e seri dubbi sulla sicurezza', ha aggiunto rammaricandosi che i 3 miliardi 'non fossero stati investiti negli sforzi di efficacia energetica'.
'Bisogna fermare Flamanville. Quattro miliardi investiti in un reattore sperimentale significa danaro sperperato che avrebbe potuto essere investito in un grande programma di isolazione termica' ha detto un altro Verde, il deputato Noel Mamere nell'annunciare la richiesta di una commissione parlamentare.(ANSA).

NUCLEARE: APPELLO AMBIENTALISTA SPINGE LE REGIONI ALLA RIVOLTA

A seguito dell’appello rivolto l’11 settembre da Greenpeace, Legambiente e WWF ai Governatori e a tutti gli assessori competenti, Calabria, Toscana, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Umbria, Puglia, Campania e Basilicata hanno impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la Legge 99/2009. Con questa legge, infatti, il Governo cerca di imporre la localizzazione delle centrali, schiacciando le competenze delle Regioni e ignorando le scelte dei cittadini. Contro la delega nucleare al Governo si è scatenato un vero e proprio “effetto domino”. Una dopo l’altra le Regioni hanno alzato la voce. È quello che volevamo. Una valanga che ha travolto anche le cosiddette “regioni amiche”: nei Consigli Regionali di Sardegna, Veneto e Sicilia, governate dal centrodestra, si vede come la scelta nucleare ha messo in difficoltà la stessa maggioranza.

La Legge 99/2009 è molto pericolosa. Mette completamente fuori gioco le Regioni sulla localizzazione degli impianti nucleari per la produzione dell’energia elettrica, sugli impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento degli impianti nucleari. Tutto questo in contrasto con quanto stabilito dal Titolo V della Costituzione sui poteri concorrenti delle Regioni in materia di Governo del territorio e sul rispetto del principio di leale collaborazione. Il nucleare è una fonte energetica insicura e costosa. La gestione a lungo termine delle scorie nucleari non è stata risolta da nessun paese e non c’è una tecnologia che non possa essere utilizzata anche per produrre materiali per le bombe atomiche. Inoltre, il nucleare sottrae tempo e denaro allo sviluppo e utilizzo di fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Alternative davvero sicure, energeticamente più rilevanti e con maggiore impatto occupazionale. Ora che undici Regioni, ovvero il 56 per cento del territorio italiano, hanno detto formalmente “no” al nucleare, il nostro governo ha una sola scelta: fare marcia indietro!

da Greenpeace.it

NUCLEARE. LEGAMBIENTE: NON SERVE A CLIMA, SIA FUORI DA COPENHAGEN

APPELLO 283 ORGANIZZAZIONI IN 41 PAESI: NON AIUTA A SALVARE TERRA

(DIRE) Roma, 3 nov. - "Il nucleare non serve al clima. Mobilitiamoci per escludere l'atomo dal nuovo accordo sui cambiamenti climatici". E' l'appello che lancia Legambiente a poche settimane dal vertice di Copenaghen, dove dal 7 al 18 dicembre 2009 i governi di tutto il mondo dovranno sottoscrivere i nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra a partire del 2012, anno di scadenza del Protocollo di Kyoto. Un invito a "dire no" al nucleare e a convincere i delegati che si riuniranno al summit Onu che "le centrali non sono la soluzione per contenere la temperatura del pianeta". Invito rivolto ai cittadini italiani dall'associazione che ha aderito alla campagna internazionale 'Don't nuke the climate' coordinata dal network francese 'Sortir du nucleaire' e portata avanti da 283 organizzazioni in 41 paesi.
"Il nucleare non deve essere considerato uno strumento di lotta ai cambiamenti climatici- spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente- ritenerlo tale, cedendo alle pressioni dell'industria atomica e di alcuni stati, a cominciare dalla Francia, sarebbe un grave errore: sottraendo le risorse alle vere soluzioni per il clima, le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, pregiudicheremmo la possibilita' di vincere nei tempi dovuti la sfida climatica". Ecco perche' "chiediamo ai delegati e ai governi che parteciperanno alla Conferenza di Copenaghen di rifiutare con forza l'ipotesi di considerare il nucleare una tecnologia pulita e di includerlo nella nuova intesa- dice Cogliati Dezza- la riduzione delle emissioni e' ormai un'urgenza e l'energia dall'atomo e' inefficace e dannosa".L'obiettivo della campagna 'Don't nuke the climate' e' di raccogliere firme in tutto il mondo per consegnarle ai delegati del summit sul clima. La petizione si puo' firmare sul sito www.legambiente.eu e ognuno puo' anche "metterci la faccia" inviando la propria foto a www.dont-nuke-the-climate.org, per dare un volto, "anzi tantissimi, al no al nucleare".
Per evitare conseguenze "irreversibili" sul pianeta, da qui al 2050 e' necessario ridurre le emissioni mondiali di gas serra "di almeno l'80% rispetto" al 1990, segnala Legambiente. "Mentre i paesi industrializzati devono diminuirle del 40% entro il 2020- aggiunge Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente- un obiettivo ambizioso a medio termine che il documento che uscira' da Copenaghen deve assolutamente fissare.
Bisogna inoltre obbligare le economie ricche a trovare i finanziamenti necessari per fermare la febbre del pianeta anche nei paesi del sud del mondo e promuovere soluzioni adeguate, tra cui il nucleare non trova posto".

:31 03-11-09

lunedì 2 novembre 2009

Una centrale nucleare costa 5 miliardi. Ha senso?

Lavori in corso per il nucleare in Italia. Ma è davvero la soluzione auspicabile per rafforzare l’indipendenza energetica del nostro paese riducendo, allo stesso tempo, inquinamento e costi?

Cerchiamo di capire il percorso che è stato tracciato:

Lo scorso luglio è passata la legge Sviluppo che prevede la reintroduzione delle centrali nucleari (dopo che nel 1987 un referendum popolare ha bocciato l’utilizzo dell’energia atomica). L’iter prevede che entro il prossimo 15 febbraio dovranno essere varati i decreti legislativi con le indicazioni per la localizzazione delle centrali nucleari e dei depositi delle scorie e in altri Paesi. Il 3 agosto, intanto, la francese Edf ed Enel hanno siglato un accordo che ha portato alla nascita di“Sviluppo Nucleare Italia Srl”, una joint-venture che avrà il compito di realizzare gli studi di fattibilità per la costruzione in Italia di almeno 4 centrali nucleari con la tecnologia di terza generazione avanzata Epr. A inizio ottobre, inoltre, è stata firmata una dichiarazione congiunta a Washington dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola e dal segretario all'Energia statunitense Steven Chu. "L'Italia - ha detto Chu - ha obiettivi molto ambiziosi e dato cha anche noi stiamo rilanciando il nucleare, General electric e Westinghouse, avranno l'opportunità di partecipare a gare d'appalto in Italia".

In Italia, in sostanza, si sta spingendo sulla terza generazione. Ed è proprio questo uno dei punti deboli secondo coloro che sono contrari al nucleare. Come Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte nonché alla guida del World Political Forum assieme all’ex leader dell’Unione sovietica Mikail Gorbaciov, che ha ribadito nei giorni scorsi nel corso di un convegno a Torino sulle energie che "impiantare in questa fase centrali nucleari di terza generazione non ha senso".

Per la Bresso non ha senso partire con una tecnologia destinata a diventare obsoleta. In effetti la francese Areva, tra i big mondiali del settore nucleare (società quotata in Borsa), sta lavorando alle centrali di quarta generazione. L’obiettivo è di avere scorie meno radioattive, cercare di utilizzare l’uranio più volte e ridurre i costi di costruzione di una centrale.

«Una centrale nucleare costa 5 miliardi di euro e produce pochissimi posti di lavoro – spiega Bresso -. Se utilizzassimo questa cifra nel settore delle energie rinnovabili produrremo migliaia di nuovi posti e cureremmo la salute del nostro pianeta. Anche se i rischi del nucleare sono limitati, non possiamo in ogni caso permetterceli - ha proseguito la Bresso -. Perché in caso di incidente perderemmo in pratica l'area del Po, da cui produciamo metà del cibo italiano. Mezza Italia andrebbe buttata via».

da ilsole24ore.com

Energia nucleare. Le offerte della Giordania ci devono far aprire gli occhi

Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori)

FIRENZE. Re Abdallah II, in questi giorni in visita ufficiale in Italia, intervenendo al Business Forum fra Giordania e Italia ha offerto il proprio Paese come partner dell'Italia nell'ambito della produzione di energia nucleare. Il re ha ricordato che in Giordania si trova il 3% dell'uranio mondiale, che è nella miniera più grande al mondo e che hanno già firmato un accordo con i francesi di Areva.
E' bene ricordare che l'uranio è il combustibile per le centrali nucleari e le sue scorie nessuno è in grado di trattarle per renderle innocue; motivo per cui sono oggetto dei più turpi mercimoni coi Paesi poveri che le ospitano o interrate chissà dove senza che si sappia.
Questo combustibile per noi sarebbe esclusivamente di importazione (il 58% delle riserve sono in Canada, Australia e Kazakhstan). L'offerta della Giordania, come quelle di altri Paesi ai medesimi livelli di ricchezza, sarebbe potenzialmente tra quelle che economicamente attrarrebbero di più il nostro Paese. Che si troverebbe ad avere una dipendenza doppia con l'avvio di queste centrali, non solo l'uranio ma anche la tecnologia (essenzialmente francese).
La domanda che noi poniamo è la seguente: vale la pena dipendere da Paesi come la Giordania per l'approvvigionamento energetico, considerando che nei piani del Governo questo tipo di energia dovrebbe servire a soddisfare il 4,5% del fabbisogno nazionale? (vedi nota)
Forse è il caso di aprire bene gli occhi prima di continuare con queste scelte la cui economicità e durata nel tempo è tutto da dimostrare che possa essere utile a consumatori e aziende.

Da greenreport.it

Nucleare in Francia: problemi con le scorie radioattive

Problemi nel sistema di produzione dell’energia nucleare in Francia, spesso dovuti ad impianti invecchiati ma anche ad alcune violazioni delle misure di sicurezza, riferisce l’associazione “Sortir du nucléaire”

“Sortir du nucléaire”, la rete francese che riunisce 841 associazioni, in un comunicato diffuso ieri, ha dichiarato le sue preoccupazione sulla sicurezza del sito nucleare di Cadarache (Bouches-du-Rhone).
Secondo l'associazione: “ora anche il Commissario per l'energia atomica (CEA) di Cadarache (Bouches-du-Rhone) riconosce una situazione problematica nella struttura”.
Infatti, il Commissariato per l'Energia Atomica(CEA) ha confermato domenica che è stato scoperto un deposito di uranio arricchito al di sopra del limite fissato. Il CEA ha dimostrato che si trattava di una riserva di 10 kg di uranio arricchito (1,65%), mentre il limite è di 4 kg. Il Commissario ha proposto di classificare l'incidente al “1”, cioè come anomalia, nella scala INES (International Nuclear and radiological Event Scale).
E' un caso simile a quello di “Atelier con plutonio” (ATPu) sempre nel sito di Cadarache, in cui il rischio di incidenti di criticità – una reazione spontanea nucleare creata da un accumulo eccessivo di materiali nucleari – è stato dimostrato dal ASN (Nuclear Safety Authority).
Insomma nel sito di Cadarache ci sarebbero “molte altre installazioni dell'impianto nucleare obsolete e che rischiano di riservare sorprese spiacevoli. E' lo stesso problema di diversi altri siti, in particolare quelli di grande taglia quali Marcoule (Gard), Tricastin (Drôme / Vaucluse) e La Hague (Manche). “Sortir du nucléaire” ha aggiunto, “il CEA, l'Areva e l'EDF hanno costruito in Francia per 50 anni, innumerevoli impianti nucleari che però sono ora in grave stato di abbandono, che spesso contengono una quantità indefinita di vari materiali nucleari e comportano il rischio di gravi incidenti nucleari”.

da Repubblica

Noi il nucleare non lo vogliamo

No nuke Riparte da Montalto di Castro la protesta del movimento contro il ritorno dell'atomo in Italia. Per evitare che si affrontino con strumenti vecchi e dannosi le sfide della contemporaneità. E con la questione sicurezza irrisolta


A Montalto riparte il movimento antinucleare. Pronto a vincere di nuovo.
Ieri, proprio nel comune viterbese dove sarebbero previsti due reattori da 1.600 megawatt l'uno, è sceso di nuovo in piazza un contro il carbone e l'inquinamento, insieme al Comune di Montalto di Castro, le Province di Viterbo e di Grosseto e la Regione Lazio. Riparte il movimento per evitare che l'Italia torni indietro, per evitare che si affrontino con strumenti vecchi e dannosi le sfide della contemporaneità.
Vecchi e dannosi come sono le opere faraoniche o i premi in volumetria che mascherano un nuovo condono edilizio senza alcuna riqualificazione energetica delle abitazioni. Vecchi e dannosi come il nucleare che insegue un modello altamente energivoro ormai in aperta crisi in tutto il mondo.
Tornare al nucleare significa ritrovarci oggi con centrali che non hanno risolto alcuno dei problemi di sicurezza. Inoltre, di fronte a una crisi economico-finanziaria come quella che stiamo attraversando, investire nel nucleare significa bloccare enormi investimenti pubblici, dirottandoli da tutti quegli interventi utili alla diffusione delle rinnovabili e dell'efficienza energetica e degli altrettanto urgenti e indispensabili interventi di messa in sicurezza del territorio.
In nessuna parte del mondo esistono centrali nucleari in costruzione finanziate solo dal denaro privato. Anche la leggenda che il nucleare porterebbe a una riduzione per le famiglie delle bollette è stata smentita dallo stesso amministratore delegato dell'Enel quando, a fine luglio, ha chiesto un livello garantito del prezzo in bolletta in modo da tutelare da eventuali fluttuazioni a ribasso del prezzo dell'energia gli investitori privati.
Tutto ciò, per altro, non servirebbe neanche a risolvere i problemi ambientali e di riduzione delle emissioni di CO2, non solo perché le prime quattro centrali, per ammissione della stessa Enel, non potrebbero entrare in funzione prima del 2026-2030, ma anche perché si è "scoperto" che l'intera filiera del nucleare comunque produce emissioni di CO2 pari a un quarto di quelle delle centrali a metano.
L'energia nucleare è la fonte energetica più costosa e meno competitiva: tra costo industriale e sussidio di Stato il costo raggiunge circa gli 80 dollari al megawattora, secondo una stima al 2030 del Dipartimento Usa (2007), tanto che persino l'Agenzia internazionale per l'energia atomica prevede una riduzione del contributo dell'atomo alla produzione elettrica mondiale che passerà dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030.
Tutte queste informazioni stanno cominciando a diffondersi tra la gente comune, tanto che l'orientamento degli italiani, come ha rilevato un recente sondaggio, si sta spostando a maggioranza verso opinioni contrarie al ritorno all'atomo.
Non è un caso che dopo essere partito di gran carriera, con annunci a ripetizione, il governo abbia finito per spostare la definizione dei siti idonei a dopo le prossime elezioni regionali. Evidentemente si teme lo scarso gradimento da parte degli elettori.
A conferma di questi timori del governo, la legge che riapre le porte al nucleare prevede che i siti siano sottoposti al segreto militare ed esautora governi locali e regionali dal processo di definizione delle localizzazioni.
Ci troviamo di fronte a un'idea vecchia di sviluppo, fatta di grandi centrali che consentano a pochi produttori di controllare il mercato dell'energia. All'opposto, noi pensiamo che oggi la crisi energetica e climatica possano essere vinte solo se ci si avvia con coraggio verso un'economia a bassa emissione di CO2 e un sistema di produzione dell'energia distribuita sul territorio e vicino ai bisogni dei consumatori. La crisi economica, in questa prospettiva, rappresenta un'occasione che non possiamo sprecare.


Vittorio Cogliati Dezza (presidente Legambiente) da Terra

Manifesti in città per dire «no» al nucleare

TERMOLI «Termoli, città contraria all´installazione di centrali nucleari».
È quanto recita il cartello apparso nella città, posizionato ad un centinaio di metri dal nuovo ospedale «San Timoteo», in viale San Francesco, nei pressi dell´uscita della tangenziale «Difesa Grande-Ospedale». Un chiaro «no» all´ipotesi di realizzazione di un impianto atomico nella città che, stando ai piani del Governo centrale, dovrebbe sorgere tra Termoli e Campomarino, probabilmente nel nucleo industriale «Valle del Biferno», area già «martoriata» da un punto di vista ambientale per la presenza di un polo chimico con aziende ad «alto rischio di incidente rilevante», sottoposte alla Direttiva Seveso II ed una centrale turbogas, anch´essa contestata in passato dalla popolazione. A posizionare il cartello è stato il Comune di Termoli per dare seguito alla decisione presa nella delibera di Consiglio Comunale dello scorso 16 maggio. La questione nucleare continua a tenere banco nella città adriatica ma anche a Roma, in Parlamento, dove il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, getta acqua sul fuoco, rispondendo nel question time ai parlamentari Antonio Di Pietro ed Anita Di Giuseppe, ex sindaco di Campomarino. Il ministro Vito rispondendo ai forti dubbi dei politici molisani sulla situazione del nucleare e soprattutto sul «caso Termoli», ha detto che si arriverà a decisioni definitive «attraverso il coinvolgimento ed il necessario consenso dei soggetti interessati a livello locale».

Da Il Tempo

Nucleare: Legambiente lancia una coalizione di Enti locali contro il ritorno all'atomo

Roma, 31 ott. - (Adnkronos) - ''Pronti a vincere di nuovo contro il nucleare!''. E' questo lo slogan delle magliette e degli striscioni gialli del 'No Nuke Day' con cui Legambiente ha rilanciato da Montalto di Castro le iniziative antinucleariste, rivendicando il successo delle grandi manifestazioni contro il nucleare degli anni '70 e '80, concluse con il partecipatissimo referendum che nel novembre del '87 mise la parola fine all'avventura atomica italiana. Pannelli fotovoltaici, led per l'illuminazione, una piccola casa geotermica, una mostra sul disastro di Cernobyl, materiale informativo sulla certificazione e riqualificazione energetica, prodotti tipici, pane tostato spezie ed oli in degustazione, laboratori di educazione ambientale ed un dibattito tra cittadini ed istituzioni hanno animato Piazza Giacomo Matteotti, grazie alle adesioni di decine di comitati, associazioni, imprese ed alla collaborazione del Comune di Montalto di Castro.
''Cosi' riparte la mobilitazione contro il nucleare, torniamo a Montalto con la stessa determinazione che ci ha fatto vincere tanti anni fa. La vera sfida che oggi abbiamo di fronte e' affrontare il superamento della crisi climatica, intraprendendo le vere strade possibili, che sono il risparmio e l'efficienza energetica, la produzione da fonti rinnovabili e pulite, come sole e vento, ma invece si torna a proporre il nucleare'' afferma Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente.

Con questa manifestazione, aggiunge, ''prende il via una grande mobilitazione nazionale, che si avvia con il coinvolgimento di tutta la rete associativa e produttiva e anche delle istituzioni. Una mobilitazione che durera' nel tempo contro questa scelta di ritorno al nucleare, che non serve agli obiettivi del protocollo di Kyoto, che ci isola dalle scelte internazionali ed e' contro gli interessi delle comunita' e di questi territori''.

La Maremma, inoltre, rileva il coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente, ''ha gia' pagato un caro prezzo come polo energetico con le centrali di Civitavecchia e Montalto e il tentativo di costruzione della centrale nucleare. Ai costi elevatissimi, alla mancanza di sicurezza del nucleare, all'impossibilita' di smaltimento delle scorie -conclude Gubbiotti- va aggiunto il rischio del terrorismo internazionale, visto che il plutonio per il funzionamento delle centrali e' una fondamentale materia prima per chi intende costruire armi atomiche''.

Prima dell'apertura della giornata un gruppo di volontari del cigno verde ha aperto lo striscione 'No Nuke' di fronte alla centrale di Montalto: ''tenuta antinucleare'' per l'occasione, con tute bianche e maschere antigas, un po' come potrebbe succedere agli abitanti nei dintorni della centrale in caso di incidenti, anche piccoli, con rilascio di radioattivita'. Il sito fa parte di una lista ufficiosa, elaborata sulla base di uno studio di fattibilita', contenente le 10 citta' piu' idonee ad ospitare le future centrali nucleari italiane, sulla base dei criteri individuati, ossia la disponibilita' di acqua per il raffreddamento dei reattori, la non sismicita' dell'area e la capacita' di trasporto della rete elettrica.

In piazza con Legambiente anche i sindaci dei Comuni di Celleno, Canepina, Montalto di Castro e Nepi, tutti anti-atomo, e primi fondatori di una coalizione di Enti locali denuclearizzati lanciata per l'occasione dall'associazione ambientalista, che chiamera' a raccolta tutte le amministrazioni che vorranno aderire adottando una precisa delibera e posizionando all'ingresso del territorio comunale lo storico cartello che ne indica la scelta antinucleare. La contrarieta' al ritorno all'atomo non viene solo dai Comuni: Legambiente ha infatti ricordato che l'appello lanciato con Greenpeace e Wwf ha gia' visto tredici Regioni, a cui si e' unita anche la Rete dei Piccoli Comuni, impugnare di fronte alla Corte Costituzionale la Legge Sviluppo, appellandosi al titolo V della Costituzione in materia di poteri del Governo in caso di materie concorrenti con gli Enti locali.

''Trentadue anni dopo la prima manifestazione antinucleare del 20 marzo 1977 a Montalto di Castro, riprendiamo la battaglia contro il nucleare da dove e' cominciata, per portarla fino in fondo se servira''' spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio. Bisogna, rileva, ''ricostruire con i piu' giovani questa memoria storica, rilanciare l'informazione, spiegare quali sono i pericoli ancora del tutto attuali del nucleare, a quali rischi si va incontro. Il nucleare non ha risolto i suoi problemi di sempre: diciamolo con chiarezza, non esistono garanzie per l'eliminazione del rischio di incidente nucleare e conseguente contaminazione radioattiva; rimane il problema della contaminazione ordinaria, dovuto al rilascio di piccole dosi di radioattivita' durante il normale funzionamento dell'impianto, a cui vengono esposti lavoratori e popolazione nelle vicinanze del sito; non esistono soluzioni al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, come dimostrano le 250mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotte fino ad oggi nel mondo, tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivo''.

L'energia nucleare, rileva Legambiente, e' la fonte energetica piu' costosa e meno competitiva: tra costo industriale e sussidio di Stato il costo raggiunge circa gli 80 dollari al megawattora, secondo una stima al 2030 del Dipartimento Usa (2007), tanto che persino l'Aiea prevede una riduzione del contributo dell'atomo alla produzione elettrica mondiale che passera' dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030. ''Quella di oggi -sottolinea il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza- e' la prima di una serie di iniziative che Legambiente intende organizzare nei siti che, con maggiore probabilita', potrebbero ospitare i reattori nucleari che il governo vuole realizzare. Occasioni d'incontro con la popolazione, per illustrare le ragioni del nostro dissenso nei confronti dell'atomo''.

Il nucleare, aggiunge, ''e' una tecnologia pericolosa e costosa che non vogliono ne' le amministrazioni locali, ne' i cittadini. Chiediamo al governo di abbandonare questo progetto folle che rischia di alimentare conflitti istituzionali e sociali. Vogliamo ricordare, inoltre, che mettere in cantiere nuove centrali significherebbe far perdere all'Italia altro tempo prezioso nella lotta contro il mutamento climatico, oltre che nello sviluppo dell'innovazione tecnologica in campo energetico, uno dei settori trainanti del mercato globale degli anni a venire'' conclude.