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lunedì 9 novembre 2009

NO ALL'ATOMO, IN PIAZZA A 22 ANNI DAL REFERENDUM




Gli ambientalisti continuano a contestare le scelte energetiche del governo. Angelo Bonelli: «Raccoglieremo le firme per una nuova consultazione popolare»


Pensavano d'aver vinto, consumando scarpe, passando notti insonni a girare l'Italia per raccogliere le firme necessarie per bloccare la follia del nucleare, e invece no, gli antinuclearisti sono costretti oggi a riarmarsi di buona volontà e a ricominciare da capo.
L'età non è più la più stessa, e quel gruppo di simpatici pacifisti sinistroidi con le timberland ai piedi e le T-shirt con su scritto "Nucleare, No Grazie" sono diventati esponenti politici, giornalisti, magistrati, e soprattutto professori universitari.
Oggi il governo Berlusconi e la sua scelta di costruire in Italia 4 nuovi reattori nucleari li costringe a rispolverare dagli armadi spillette e bandiere per riprendere la vecchia battaglia e difendere la volontà del popolo italiano, un popolo sempre più "inquinato". «Oggi come ieri ringraziamo quei 21 milioni di cittadini che fecero quella scelta», spiega il presidente dei Verdi Angelo Bonelli.
L'8 e il 9 novembre del 1987 gli italiani votarono, infatti, il referendum contro il nucleare.
Sabato pomeriggio a Roma si è tenuta una manifestazione (a Largo di torre Argentina) per celebrare l'anniversario della consultazione popolare.
Ma ora quel risultato è in pericolo: mai come oggi, nell'arco di questi 22 anni, ci si è avvicinati tanto all'inversione di rotta. «Vogliamo iniziare già da oggi (sabato dr) una fase consultiva con il mondo delle associazioni e delle imprese "verdi", per intraprendere una nostra strada contro la scelta del governo», annuncia Bonelli, paventando seriamente la possibilità di raccogliere le firme per un altro referendum.
«Hanno fatto bene le Regioni a sollevare il dubbio di legittimità davanti alla Corte», spiega il leader ambientalista.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione infatti lo Stato concorre con le Regioni in materia energetica. Difficile immaginare quindi che il governo possa decidere autonomamente la localizzazione dei siti per la costruzione delle nuove centrali.
Ne sa qualcosa lo storico antinuclearista, docente di Fisica all'Università la Sapienza di Roma Massimo Scalia, che pochi giorni fa ha risposto all'appello del sindaco di Palma di Montechiaro, in Sicilia, dopo che il Governatore Raffaele Lombardo ha proposto il Comune come possibile location atomica.
«Sono sceso in Sicilia per aprire un dibattito con i ragazzi e spiegare loro tutti i rischi legati a questa tecnologia - afferma Scalia -. In realtà una rifrescata di certe nozioni servirebbe anche ai trentenni, che non hanno memoria dell'incidente nella centrale di Chernobyl. Il problema - aggiunge - è che i media hanno un'inclinazione verso il nucleare perché sono molto sensibili a certi sponsor».
Impossibile in effetti sfuggire al messaggio che passa su molti mezzi di comunicazione che la vicinanza alle centrali di Francia e Slovenia espone l'Italia ad un rischio pari a quello di avere i siti nucleari in casa nostra. «Una stupidaggine che non mi stancherò mai di contraddire - risponde crucciato crucciato il fisico -. Se prendiamo una mappa del rischio nucleare si può notare come le zone immediatamente circostanti le centrali siano segnate da un colore rosso acceso, nel raggio delle 5 miglia. Una traccia rosa contraddistingue invece il confine entro le 16 miglia».
Ma, oltre ai rischi, a rimarcare l'inefficienza economica e i danni sulla salute che provoca l'atomo è il biologo Gianni Tamino. «Abbiamo vinto il referendum nell'87 anche perché il nucleare in Italia era già finito - spiega -. Se calcoliamo quanto sono costate le centrali italiane rispetto all'energia prodotta ci ritroviamo davanti a un bilancio nettamente passivo. Oggi dobbiamo far capire che il rischio dell'incidente c'è, come sempre, ma al di là di questo non abbiamo nessun vantaggio sulla riduzione Co2, e il bilancio energetico non è favorevole perché l'uranio non è una risorsa illimitata. I costi sono dunque destinati a salire, senza dimenticare quelli per lo smantellamento delle centrali già esistenti».
Le nostre infatti stanno ancora lì: un mausoleo della storia dell'inquinamento del Belpaese a cui pare il governo non voglia proprio rinunciare. Anzi.

Susan Dabbous da Terra

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