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martedì 24 novembre 2009

THREE MILE ISLAND: E' SERIE NERA. E IL NUCLEARE NON PROTEGGE IL CLIMA


Centrali Un mese dopo il rinnovo della concessione governativa, nell'impianto più tristemente noto degli Stati Uniti si verificano perdite radioattive. E un rapporto Usa boccia l'atomo come fonte per combattere l'effetto serra

Quasi una maledizione.
Trent'anni dopo l'incidente che ha stoppato di fatto la costruzione di nuovi impianti negli Usa e appena un mese dopo che aveva ottenuto la concessione di funzionare per altri 20 anni, la centrale nucleare di Three Mile Island ritorna all'onere delle cronache per una fuga radioattiva. Niente di importante, si sono affannati a sottolineare alla Nuclear Regulatory Commission, l'agenzia Usa del nucleare, che poche settimane fa ha bocciato i reattori Westinghouse di ultima generazione (AP1000), attesi anche in Italia nel programma atomico del governo Berlusconi. Ci sarebbero, precisa l'organismo di controllo, solo 20 contaminati lievi tra i lavoratori della centrale.
Ma simbolicamente e non solo, è un brutto colpo. Prima di tutto perché basta il nome dell'impianto per sollevare preoccupazioni e ricordi: nel 1979 la contaminazione fu grave e numerosissime malattie e decessi furono attribuiti a quella fuga radioattiva. Poi perché ci sono volute 24 ore per venire a conoscenza dell'incidente. Troppe, per la popolazione civile che vive attorno alla centrale, piantata nel mezzo della popolata Pennsylvania a poca distanza dalla capitale Harrisburg.
Per coincidenza (ma qualcuno dice che la coincidenza è solo mediatica, perché piccoli e meno piccoli incidenti avvengono molto spesso negli impianti nucleari) Legambiente ha denunciato ieri una perdita radioattiva nel comprensorio nucleare di Saluggia, in Piemonte.
Secondo i rilievi dell'Agenzia regionale per l'ambiente, ci sarebbe stata una contaminazione di parecchie migliaia di becquerel nel sottosuolo dell'impianto, da una condotta di scarico dell'impianto, a pochi metri dalla Dora Baltea, affluente del Po. E se i microallarmi parlano chiaro sulla stabilità della sicurezza degli impianti atomici, a sfatare il nuovo mito pseudoambientalista del nucleare come energia amica del clima arriva un rapporto del Wisconsin Environment (un centro studi non governativo statunitense).
Secondo la ricerca, dal punto di vista economico, bisogna costruire ben 100 impianti nucleari per ridurre le emissioni di 6 miliardi di tonnellate nell'arco dei 20 anni di esercizio delle centrali. Con la stesso investimento in efficienza energetica ed energie rinnovabili si ottiene - sottolineano gli autori dello studio - un risultato doppio nello stesso periodo di tempo.
Anzi, nell'attuale situazione di ritardi (si pensi alla centrale finlandese di Olkiluoto, che sforerà di trequattro anni le previsioni) il nucleare può ottenere le stesse performance in tempi 5 volte maggiori rispetto alle rinnovabili pulite. Anche i rendimenti dei capitali investiti saranno circa 5 volte superiori nel caso delle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica.
Per ogni dollaro speso, aggiunge il Wisconsin Environment, si ottiene una riduzione di 8-12 chili di anidride carbonica se destinato all'efficienza energetica e alle biomasse, di 5-8 chili di anidride carbonica nell'eolico, di 2-3 chili nel solare termico e fotovoltaico e al massimo 1-2 chili con il nucleare.
Ma non basta. Il tempo è una fattore essenziale per combattere il riscaldamento climatico: i reattori nucleari necessitano 7-10 anni per la costruzione e la messa in esercizio. In questo periodo l'accumulo di gas serra in atmosfera aumenterà a tal punto da rendere non solo praticamente impossibile la riduzione dei gas serra sul breve periodo (10-20 anni), ma soprattutto da complicare fortemente le azioni di riduzione da qui al 2050. Nel frattempo le conseguenze negative generate da cambiamenti climatici potrebbero essere irreversibili o ingestibili.
L'efficienza energia e le energie rinnovabili permettono, invece, azioni rapide, flessibili ed efficaci. Inoltre l'energia nucleare serve solo per produrre elettricità, una piccola frazione dei consumi energetici.

Simonetta Lombardo da Terra

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