Chat No Nuke

off line

venerdì 18 dicembre 2009

PECHINO, SCOMMESSA NUCLEARE. IL PAESE DELLE CENTO CENTRALI

Cina Dieci impianti ogni anno, da qui al 2020. Questo l’ambizioso obiettivo del colosso asiatico, che pone enormi problemi di sicurezza per la costruzione e la manutenzione delle strutture. Le autorità chiedono l’aiuto dell’Aiea

Cento nuove centrali nucleari nei prossimi dieci anni, poco meno di una al mese. È uno degli obiettivi con cui Pechino si affaccia agli anni Dieci del nuovo millennio. A riferirlo è un lungo articolo del New York Times, che sottolinea come da qui la 2020 il colosso asiatico sia intenzionato a dotarsi di un numero di impianti tre volte superiore a quello di tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme. Così, se attualmente il nucleare cinese è in grado di produrre 9 gigawatt di energia l’anno, sufficienti a coprire il 2,7 per cento del fabbisogno elettrico, secondo le stime di Jiang Kejun (uno dei direttori della Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo) entro il 2020 la capacità arriverà a 70 gigawatt, per toccare i 400 nel 2050. Immediate le preoccupazioni da ogni angolo del globo per i problemi di sicurezza che un programma di sviluppo tanto rapido e ambizioso pone, anche tenuto conto dei velocissimi tempi di realizzazione delle grandi opere cui ormai la Cina ha abituato la comunità internazionale. Un tentativo di incremento delle centrali atomiche lontanamente paragonabile per proporzioni fu portato avanti alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti e si concluse con l’incidente di Three Mile Island in Pennsylvania, il più grave nella storia americana: la fusione parziale del nocciolo di un reattore causò una fuga di radiazioni nel raggio di diverse miglia. Da allora sono passati trent’anni e le tecnologie hanno fatto alcuni passi in avanti, che però, ha avvertito Philippe Jamet, responsabile della Divisione sicurezza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, potrebbero comunque non essere sufficienti a gestire la rapida espansione cinese. «Il Paese non ha molto personale addetto alla sicurezza - ha dichiarato l’esperto - soprattutto se si confronta con le enormi esigenze cui andrà incontro ». Pechino comunque non ha preso sotto gamba il problema: non solo a ottobre il primo ministro Wen Jiabao ha stabilito di quintuplicare gli addetti al settore, ma recentemente le autorità hanno anche chiesto all’Aiea di inviare un team di esperti internazionali per assistere i tecnici cinesi. E anche il recente scandalo che ha investito Kang Rixin, l’ex presidente della China national nuclear corporation, in attesa di processo perché coinvolto in un caso di corruzione da 260 milioni di dollari collegato alla costruzione di nuovi centrali, può essere interpretato come un segnale dell’attenzione del Dragone per la questione sicurezza. Intanto in Cina c’è già chi ha fatto notare come lo sviluppo del conucleare potrebbe portare a una riduzione del 5 per cento delle emissioni di gas serra. Un’osservazione cui gli ambientalisti hanno ribattuto sottolineando che le oltre cento centrali di cui il Paese intende dotarsi fornirebbero in totale solo il 9,7 per cento dell’energia elettrica. Una goccia nel mare del crescente fabbisogno cinese.

Paolo Tosatti da Terra

Nessun commento:

Posta un commento