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giovedì 11 febbraio 2010

La corsa nucleare italiana che fa acqua da tutte le parti

Secondo il governo l’atomo conviene. Ma gli esperti smontano questa teoria conti alla mano. Secondo l’ecologo Lovins, negli Usa «questa tecnologia è morta a causa di un attacco incurabile delle forze di mercato»

Il nucleare conviene, promette il governo italiano. Sarà questa la parola d’ordine su cui si innesterà con tutta probabilità la campagna a favore del nostro ritorno all’atomo. E forse potrebbero essere tanti, in un momento di crisi e rialzo delle bollette elettriche, quelli che si possono lasciare convincere dalla sirena del risparmio economico. Lo ha detto, con la consueta concisione da ingegnere, il leghista Castelli: in bolletta, se tornerà il nucleare, gli italiani dal costo attuale di 80 euro a megawattora ne sborseranno meno della metà, 38 euro. Peccato che questi conti facciano acqua da tutte le parti e che a Castelli, attuale viceministro alle Infrastrutture, si possa riconoscere solo una certa disinvoltura nel manipolare i fatti. «Si gioca con i numeri: quelle cifre sono verosimili solo se si prendono in considerazione centrali già costruite e ammortizzate, quelle che hanno almeno 20 o 30 anni e senza calcolare i costi dello smaltimento », spiega il direttore scientifico del Kyoto Club Gianni Silvestrini. «Per non parlare del fatto che in Italia è appunto necessario emanare delle leggi che assicurano compensazioni economiche alle comunità locali, che saranno onerose e ricadranno o sulle spalle degli utenti o dei contribuenti, e del fatto che i costi delle assicurazioni contro gli incidenti sono sempre più alti». Inoltre, aggiunge Silvestrini, «dato il modello di finanziamento alla costruzione delle centrali scelto dal governo italiano, a guadagnare veramente da tariffe stabili e sicure saranno, alla fine della fiera, i grandi utilizzatori che saranno entrati nei consorzi di costruzione: chi investe nell’impianto ha in sostanza garanzie di avere energia sicura a prezzo fisso, mentre i cittadini, le piccole imprese o semplicemente le imprese che non hanno partecipato alla costruzione pagheranno prezzi ben diversi. Almeno se non ci sono giudizi di incostituzionalità su questa norma». Gianni Mattioli, docente di fisica e leader storico della battaglia anti-nucleare, aggiunge che «i costi per chilowattora per tutte le fonti energetiche sono noti. Un kilowattora prodotto con grandi impianti a gas costa 4 centesimi di euro, come quello dell’eolico, secondo i calcoli del Cirf. Con il carbone si sale a 6-7 centesimi. Il dipartimento statunitense per l’energia stima che il costo del kilowattora nucleare per gli impianti già esistenti è di 6,2 centesimi di euro. Ma Bush ha elargito un incentivo di quasi due centesimi di euro per l’atomo, incentivo che Obama ha dovuto confermare. Siamo quindi a 8 centesimi di euro a kilowattora, 80 euro a megawattora, per impianti già belli che costruiti e in funzione da anni. Esattamente la cifra che secondo il governo si pagherebbe per l’energia in Italia. Dove sarebbe quindi la convenienza di cui parla Castelli?». Secondo l’ecologo Amory Lovins, negli Stati Uniti, «il nucleare è morto a causa di un attacco incurabile delle forze di mercato ». Sarebbe meglio stare a sentire chi ha già pagato i conti: già oggi, negli Usa, per costruire nuovi impianti l’industria chiede il permesso di rialzare del 10 per cento i costi dell’elettricità in bolletta.
Simonetta Lombardo da Terra

1 commento:

  1. Cara Simona Democratica Pentita,
    abbiamo sporto denuncia nei tuoi confronti perchè hai pubblicato una lettera a Napolitano sottoscrivendola con i nomi e i riferimenti di persone inconsapevoli della cosa, rubando tali dati dalle liste degli iscritti ai Verdi e violando in tal modo il diritto alla privacy che ci era stato garantito al momento dell'adesione.
    Ti ricordo che i reati contro la privacy rientrano nel codice penale, e per alcuni di essi è prevista la reclusione.

    Cordiali saluti

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